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Le vacanze scolastiche



Ieri è bastato che circolasse la proposta,  ritenuta parte dell'agenda programmatica di Mario Monti, relativa alla  riduzione delle vacanze scolastiche ad un solo mese per scatenare polemiche infinite.
Immediata la reazione dei sindacati e le repliche di Bersani.
In effetti oggi la notizia è stata smentita: nessuno  vuole accorciare le vacanze scolastiche, ma si vorrebbe favorire  i genitori che lavorano.

Favorire i genitori che lavorano sembra un nobile fine, sicuramente di grande utilità sociale ed oltretutto una delle funzioni riconosciute istituzionalmente alla  scuola.
L'entrata in vigore dell'obbligo scolastico infatti ed ancora   la sua estensione ai 18 anni di età rappresentano chiaramente la volontà legislativa di attribuire alla scuola non solo il compito di svolgere una attività didattica, ma anche quello di rendersi competente rispetto alla tutela educativa da un lato e di rappresentare dall'altro un concreto supporto alle famiglie (ed alle donne in particolare) sollevandole in parte da ciò che è il lavoro di cura familiare necessario all'allevamento dei minori (sorveglianza, sostegno, orientamento, intrattenimento, etc).
Va tutto bene, per carità, ma a che servirebbe accorciare le vacanze?
Accorciare le vacanze servirebbe ad appesantire il lavoro degli insegnanti ed a stancare i ragazzi (che si sentirebbero ingiustamente carcerati): è scientificamente provato che il rendimento mentale migliora con l'allenamento, ma peggiora con l'affaticamento (e questo dovrebbero ricordarlo anche gli insegnanti quando assegnano i compiti a casa).
Cosa servirebbe, invece,  per sostenere i genitori che lavorano?
Prima di tutto se si vuole trattenere più a lungo i ragazzi a scuola, la scuola deve avere spazi: sfido chiunque a restare sei ore seduto senza potersi muovere e ad esserne contento.
Quindi le scuole dovrebbero disporre di spazi ampi per attività fisiche, didattiche e per le ricreazioni, dopodiché si potrebbe pensare di estendere il tempo pieno a tutte le scuole, perché se si vogliono aiutare i genitori che lavorano, bisogna sapere che nemmeno quelli che fanno part time lavorano solo per 4 ore al giorno. Col tempo pieno bisogna organizzare le mense ed ancora altri spazi per le attività fisiche ed integrative di vario genere (laboratori di pittura, musica e via dicendo).
Fatto ciò può non essere necessario prolungare l'apertura delle scuole, ma semplicemente istituire campi estivi, organizzati dagli enti locali, nel mese di luglio con tutte le attività sportive e ricreative che abitualmente si svolgono in tutti i campi estivi, con l'unica variante che invece di farli pagare alle famiglie per intero, come fanno i privati, si richiederebbe  un contributo proporzionato al reddito.
Il problema attualmente è che la spesa pubblica, più che essere tagliata, è stata rasa al suolo!
Sicché con quali risorse si potrebbe realizzare un simile programma?

Allora inutile sbandierare il nobile fine: un fine meno nobile è quello che viene percepito dai dipendenti pubblici che si sentono tartassati oltre misura, insultati come nullafacenti (che,  però, il loro nulla dovranno continuare a farlo fino a 70 anni, viste tutte le normative pensionistiche) ed infine minacciati di ulteriore sovraccarico lavorativo (presumibilmente non volontario e non remunerato).

Se qualcuno nutrisse qualche dubbio al riguardo, basta leggere queste parole di plauso di Brunetta (la cui stima e rispetto per i pubblici dipendenti è universalmente nota):  "Un solo mese di vacanza per gli studenti? Mi piace, so che non avrà alcun esito e sarà sommerso dalle critiche, ma è una delle poche cose giuste dette da Monti negli ultimi 14 mesi"

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