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La signora tristezza è femmina



Arrivano quelle giornate in cui la tristezza ti coglie: una cosa che prima  ti afferra dal basso, intorpidisce le gambe e poi preme sul dorso fino a curvarlo, appesantisce gli occhi e spegne le fiammelle come chiudendole tra i polpastrelli senza lasciare aria.
Un giorno così ti coglie sempre alla sprovvista: non sei mai pronta ad affrontarlo, ma se tu fossi pronta non cambierebbe nulla, perché non ne avresti voglia.
Un giorno così non vale la luce di un crepuscolo rosato, né l'impatto dell'aria frizzante all'imbrunire fresco di un inizio primavera.
Quanto spreco di natura per gli sguardi appannati che non ne gioiscono, quanti pensieri, quanti sorrisi, quanta tenerezza perduta e quanta calma piatta sul mare e nell'erba.
Invisibile come serpente strisciante tra i sassi, silenzioso guizzare di un filo di rabbia: prigioniera, vero, ma indomita, sibila come ultimo residuo vitale.
Deve essere stato allora che Eva ha imparato ad incantare i serpenti con le melodie del suo canto.

La colpa del  peccato originale è di avergli ceduto o di averlo incantato?
Il serpente, certo, chi altri?
Diciamo la verità: Adamo non ci aveva capito niente!

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