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Il lutto e la sua elaborazione

Oggi affronterò un argomento delicato e difficile e non intendo trattarlo nei termini tecnici ed asettici propri di una analisi di tipo specifico, perché credo che non sia questo che serve a tutte quelle persone che devono fare i conti con una perdita importante: voglio invece limitarmi a conversare e nel farlo non escluderò la mia esperienza, né le mie conoscenze, ma spero soltanto di riuscire a tirarne fuori qualcosa che sia comprensibile ed utilizzabile per tutti quelli che per puro caso si troveranno a leggere queste righe proprio in un  momento in cui devono fare i conti con il proprio dolore.

Per lutto si intende la sofferenza di una persona in conseguenza di una perdita affettiva irrimediabile e rilevante.
La perdita, come più spesso avviene, può riguardare una persona cara reale, ma anche un oggetto fantastico investito di sentimenti, speranze ed aspettative importanti.

Il venire a mancare dell'oggetto amato è una realtà incontrovertibile a fronte della quale dovremo in primo luogo fare i conti con i nostri limiti e con la nostra impotenza.
Da questo punto di vista siamo un pò come bambini e benché in età adulta e consapevoli razionalmente della finitezza tanto del nostro essere, quanto della nostra vita è un pò come se, non avendo mai sperimentato la morte, ci trovassimo nella stessa situazione di un piccolo bimbo che non si sia mai scottato, ma a cui sia stato spiegato con calma e ragionevolezza che toccare una lampadina accesa può ustionarlo ....
Voglio dire che noi sappiamo, ma non ci rendiamo conto, perché uno dei nostri limiti è di non riuscire ad ospitare nella mente nulla che non sia passato prima attraverso i nostri canali percettivi, dunque accade che la nostra parte non razionale operi una sorta di inganno cognitivo che ci fa sentire e percepire eterni, dato che solo l'esistenza è ciò che noi abbiamo sperimentato e non possiamo riuscire a figurarci altro se non di esistere, dunque di esserci sempre. 
Ora abbiamo persone nella nostra vita che sono così radicate dentro di noi da essere gli abituali interlocutori dei nostri dialoghi interiori, persone senza le quali noi non saremmo ciò che siamo, ma semplicemente qualcun altro: queste sono le persone care, quelle con cui ci identifichiamo almeno in parte o che rappresentano i riferimenti ed i modelli che non vogliamo riprodurre ed ai quali ci ribelliamo, ciò da cui desideriamo differenziarci nella nostra individualità, ma proprio quelli con i quali appunto per questo continuiamo a confrontarci, spesso senza nemmeno accorgercene, in un percorso quasi automatico.
Quando viene meno una persona cara ci troviamo a sbattere violentemente contro il nostro limite e la nostra impotenza e questa volta cominciamo a rendercene conto: dobbiamo affrontare sul piano interiore il taglio del cordone ombelicale tra quanto di quella persona abbiamo interiorizzato e quanto quella stessa persona era effettivamente nel nostro saperla reale ed esistente. Questo richiede giocoforza un ripensamento ed una ristrutturazione interna a noi stessi, ma nel frattempo dovremo affrontare anche la colpa ineliminabile, una sorta di peccato originale, di essere sopravvissuti.
Basterebbe questo a rappresentare una condizione capace di determinare un cambiamento profondo dal quale non è possibile tornare indietro, ma naturalmente tutto  può riuscire ancora molto più complicato a seconda del rapporto vissuto, dei crediti e  dei debiti maturati all'interno della relazione umana e degli eventuali sentimenti di colpa legati a motivi diversi. Naturalmente le condizioni che rendono più difficile la elaborazione del lutto di solito sono proprio i sensi di colpa: di questo ciascuno ha la sua esperienza.
L'altra condizione che ostacola l'elaborazione è legata alla dipendenza eventualmente esistente nel rapporto con chi è venuto a mancare: dipendenza che può coinvolgere aspetti sia concreti che psicologici ed affettivi.

Chiunque sia riuscito a sopravvivere ad una persona cara, ma anche ad un sogno o ad un desiderio al quale aveva dedicato la propria anima e lo spazio del fantastico nella sua mente, sa che questa è una esperienza che ti cambia per sempre, ma riuscire ad elaborarla, accettando di viversi la finitezza, l'impotenza, la colpa ed assolvendosene, senza bisogno di scindere e proiettare su altri, senza bisogno di finire per disprezzare se stessi e deprimersi, ma semplicemente accogliendo il proprio dolore senza smettere di amarsi ed amare, scegliendo infine di stare in questo mondo, ecco riuscire a far questo significa avere realizzato un profondo passaggio della propria crescita e guadagnato uno spessore umano fatto di tolleranza, ridimensionamento dei valori, umiltà e solidarietà che non tutti posseggono ... i sogni e le persone care che ci lasciano ci offrono come ultimo dono questa grande opportunità che sta a noi essere capaci di cogliere ...

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