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Rapporto annuale Istat: l'Italia è un paese di vecchi

Oggi l'Istat ha presentato il suo rapporto annuale 2014: la fotografia del paese Italia con tutti i dati demografici, sociali ed economici dello scorso anno in comparazione sia con gli anni precedenti che con le medie europee. In Italia nascono pochi bambini: la media di fecondità per ciascuna donna era di 1,42 figli nel 2012 a fronte di una media UE di 1,58 ma in compenso noi italiani siamo piuttosto longevi con una durata media della vita sempre nel 2012 di 79,6 anni per gli uomini ed 84,4 per le donne, ne risulta un invecchiamento globale della popolazione. A gennaio del 2013 l'indice di invecchiamento per l'Italia è di 151,4 persone di oltre 65 anni per ogni 100 giovani al di sotto dei 15 anni, mentre la media in Europa è di 116,6  praticamente come indice di invecchiamento siamo al secondo posto dopo la Germania che arriva addirittura a 158! 

Si prevede che le cifre di tale invecchiamento andranno quasi a raddoppiare nei prossimi trent'anni.
L'Istat rileva che il più basso indice di fecondità è stato raggiunto in Italia nel 1995 con 1,19 figli per donna, in seguito gli indici sono migliorati anche grazie alla presenza di famiglie di immigrati con concezioni culturali differenti e residenti stabilmente sul territorio nazionale, fino al picco del 2010 di 1,46 figli per donna: interessante a questo riguardo il fatto che l'indice è migliorato soprattutto nelle regioni del nord, mentre la riduzione delle nascite rimane elevata al sud. Nel 2013 sono iscritti in anagrafe 515.000 bambini, circa 64.000 in meno negli ultimi 5 anni e 12.000 in meno rispetto al minimo storico del 1995.
Nel prossimo futuro sulla produttività di questi nuovi nati graverà tutta la spesa assistenziale di una società che invecchia sempre più.

D'altro canto aumenta l'emigrazione, cresciuta del 35,8% rispetto al 2011.
Anche sulla bassa natalità probabilmente incide la crisi economica e la disoccupazione. In tutta l'Europa il problema dell'occupazione si è acuito: il numero degli occupati infatti ha perso per tutta la UE 5,9 milioni di unità tra il 2008 ed il 2013 con un calo percentuale del -2,6%. I dati più preoccupanti riguardano il meridione dell'Europa e per l'Italia si sono persi nel quinquennio considerato 984.000 occupati con un calo della occupazione del -4,2% ben peggiore della media UE.

Quelli che pagano il prezzo più alto alla crisi del mercato del lavoro sono i giovani: la percentuale di occupati tra i 15 ed i 34 anni cala del 10,2% tra il 2008 ed il 2013. Le giovani donne meridionali hanno il più basso tasso di occupazione, solo il 27,6% sono riuscite a trovare un lavoro, con una perdita nei cinque anni considerati dell'8,2%. Dei pochi che lavorano tra i 15 ed i 34 anni uno su quattro ha un contratto precario,  cosiddetto atipico cioè un lavoro a termine o una collaborazione.

Aumentano le diseguaglianze sociali con un indice nel rapporto di reddito tra i più ricchi ed i più poveri superiore alla media europea: 5,5 l'Italia contro una media UE di 5. 
Elevato il rischio di persistenza in povertà che nel 2012 è pari al 13,1% in Italia contro una media UE del 9,7%. Aumenta naturalmente anche  la povertà familiare che raggiunge il 14,5% nel 2012.


Commenti

  1. Purtroppo mio caro, ormai questo è un fatto accertato e non fa certo ben sperare per l'avvenire...
    Dobbiamo essere ottimisti?
    Mah, non ho parole!
    Un abbraccio serale!

    RispondiElimina
  2. Purtroppo mio caro, ormai questo è un fatto accertato e non fa certo ben sperare per l'avvenire...
    Dobbiamo essere ottimisti?
    Mah, non ho parole!
    Un abbraccio serale!

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  3. Mah .... speriamo cambino le politiche sociali, più che altro. Essere ottimisti è difficile, ma la speranza è bene conservarla. Buona serata Nella. :-)

    RispondiElimina

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