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L'empatia è istintiva, ma può essere inibita e (forse) anche allenata

Sappiamo tutti che l'imitazione è la  forma più primitiva di comunicazione e di apprendimento nella specie umana, così come è ben nota l'importanza del volto umano nelle prime esperienze di relazione col mondo: il volto materno infatti è il primo  "oggetto" conosciuto dal bambino, il primo al quale reagisce ed il primo modello da imitare nella risposta del sorriso.
In realtà l'imitazione espressiva va ben oltre l'esperienza infantile: secondo uno studio pubblicato di recente su "Trends in cognitive sciences" della nota rivista scientifica Cell, l'imitazione espressiva del nostro interlocutore è un meccanismo che viene attivato automaticamente (vale a dire attraverso circuiti sottocorticali e quindi non volontari) quando percepiamo visivamente la mimica del volto che ci sta di fronte.

Il gruppo di ricerca dell'Università di Wisconsin (USA) ha studiato approfonditamente i meccanismi neurofisiologici sottesi,  rilevando che questa, che viene indicata dagli autori come simulazione sensomotoria, funziona nel facilitare la comprensione della emozione espressa e nello scansionarla, specie se essa contiene elementi sottili, sfumati e di ambiguità, in modo da decodificare correttamente e con precisione lo stato d'animo ad essa sotteso.
In effetti la simulazione sensomotoria richiama alla nostra mente situazioni e stati d'animo analoghi, in modo da migliorare la comprensione della emotività espressa dall'interlocutore e sviluppare  la nostra capacità conoscitiva e previsionale sulla condizione rilevata visivamente: la corteccia visiva è collegata a quella somatosensoriale e l'integrazione dei sistemi percettivi consente il migliore riconoscimento delle emozioni.

Gli autori hanno rilevato che pazienti con specifiche lesioni neurologiche, ove sia compromessa la simulazione sensomotoria hanno difficoltà nel riconoscimento delle espressioni del volto, così come l'impossibilità, indotta artificiosamente in contesti sperimentali, di riprodurre le espressioni mimiche ne modifica la percezione sul piano cognitivo ed emozionale.
Insomma l'empatia, la capacità di identificarci con i nostri simili è alla base della nostra abilità conoscitiva e della nostra vita di relazione: riguardo alla possibilità di allenare questi meccanismi in modo da migliorare la nostra intelligenza sociale ed emotiva, gli studiosi sostengono che si tratta al momento di una domanda ancora senza risposta, viceversa l'automatismo motorio di imitazione  può essere inibito intenzionalmente.

La conoscenza di questi meccanismi potrebbe aprire scenari interessanti nello studio di specifiche disabilità relazionali, ma anche fornire spunti di riflessione utili nella elaborazione di tecniche  mirate a contenere e controllare emozioni indesiderate.

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