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La diversità è negli occhi di chi guarda

Un post scritto tre giorni fa, la sera del 26 giugno, dalla madre di un adolescente disabile è diventato virale su facebook: la donna si è sfogata pubblicamente sul social, ricevendo una valanga di messaggi e condivisioni solidali, perché il ragazzo era stato preso in giro mentre passeggiava insieme con lei, da due coetanee che ne scimmiottavano l'andatura (il giovane è diplegico) ridendone quindi a crepapelle. Il post tuttavia vuole essere qualcosa di più di una semplice lamentela: l'intenzione è di farlo funzionare da messaggio educativo, forse anche punitivo per le due anonime ragazzine, che leggendolo non potranno fare a meno di riconoscersi e vergognarsi almeno un poco. L'intento di diffondere un messaggio educativo è abbastanza esplicito nella conclusione: "Ed ora, se vi fa piacere, condividete la mia storia perché non può e non deve più succedere!". Malgrado le ottime intenzioni e la solidarietà che obbligatoriamente va tributata a questa madre, sarebbe veramente da ingenui ritenere che una cosa del genere possa non succedere più: cose come queste accadono fin dalla notte dei tempi, da molto prima che esistesse facebook e purtroppo continueranno ad accadere per alcuni motivi intrinsechi alla natura umana, che possiamo anche provare ad analizzare, ma che difficilmente non solo noi, ma anche l'evoluzione della specie ha speranza di neutralizzare a breve o medio termine.

La cosa non deve spaventarci: gli istinti più primitivi vivono nel nostro interno con una potenza che è inversamente proporzionale al nostro livello di maturità e consapevolezza. Non tutti gli istinti sono diretti al bene  ed alla solidarietà con l'altro ed è per questo che veniamo educati nella famiglia e nella scuola a rispettare alcuni principi e valori che ci consentono una pacifica convivenza sociale. Oggi purtroppo la famiglia e la scuola hanno ceduto una parte, a volte anche eccessivamente estesa, del loro compito educativo ai mezzi di comunicazione di massa e spesso è qui che vengono assimilati messaggi del tutto diseducativi, perché chi gestisce gli spazi di visibilità mediatica di solito lo fa perseguendo propri interessi personali del tutto diversi da quelle che potrebbero essere le finalità educative indirizzate al miglioramento della società nel suo insieme e dei singoli individui che ne fanno parte. 
Chi compra spazi pubblicitari lo fa per guadagnare incrementando le vendite dei suoi prodotti e di sicuro se ne infischia che un adolescente acquisisca come valore il possesso di abiti e scarpe firmati, rendendosi così vacuo e futile nei propri interessi e priorità: l'importante è che il prodotto si venda.Viviamo da tempo nella cosiddetta civiltà dei consumi, martellati da pubblicità continue. Le migliori vendite riguardano i prodotti per i quali la promozione riesce in qualche modo a creare una ideologia di supporto, insinuando un'idea di appartenenza ad un qualche gruppo con una determinata attribuzione (quella degli sportivi, delle donne fatali o dei ribelli, per fare qualche esempio) per i consumatori di quel tale prodotto. La pubblicità, essendo interessata esclusivamente all'incremento delle vendite, non solo non corregge, ma spesso collude con istinti ed  aspetti delle persone (narcisismo ed insicurezze per lo più) che andrebbero gestiti molto diversamente ai fini di un buon equilibrio psichico ed emozionale e/o di una capacità sociale adeguata ad una vita serena. Per rendersi conto di questo basta pensare alle pubblicità del gioco d'azzardo o ad alcune ideologie di supporto utili al commercio delle droghe. 

Uno dei problemi emergenti negli ultimi decenni è l'inedita introduzione delle tecniche di marketing nella politica e nelle campagne elettorali: anche in questo caso gli imbonitori sono interessati a conquistare il potere politico e non mirano all'affinamento delle capacità critiche, né alla partecipazione attiva delle masse: interessano i voti che conferiscono potere. Il potere è strettamente collegato al denaro: di norma l'uno genera l'altro. Anche qui l'aspetto inquietante è che i personaggi politici godono non solo di grande visibilità, ma anche di un maggiore prestigio legato al ruolo ed ereditato da alcuni loro predecessori,  statisti di cultura e spessore umano... parecchio tempo addietro. I messaggi provenienti dai rappresentanti istituzionali rivestono grande valore educativo o diseducativo per tutta la popolazione. Un'incrinatura grave al principio di rispetto per il prossimo ed a quello di solidarietà ed utilità sociale si è prodotta durante il cosiddetto berlusconismo: una tendenza di pensiero contagiata a molti italiani, che tendeva a strizzare  l'occhio ai furbetti capaci di farsi strada tra una sgomitata ed uno sgambetto, lasciando indietro quei bacchettoni un po' sfigati degli onesti... Colludeva questa cosa, certo, con alcune forme di arrivismo, con la pigrizia di chi vuol farsi strada senza sudare, è vero: se questi desideri non ci fossero già nelle persone la cassa di risonanza resterebbe silenziosa, ma legittimarle socialmente da posizioni istituzionali non era proprio una buona idea. Oggi abbiamo il salvinismo che certo collude con le ancestrali diffidenze e paure del diverso ed ha successo proprio per questo, ma magari anche stavolta legittimare questi atteggiamenti da posizioni istituzionali potrebbe non essere proprio una buona idea.

Tornando alla madre che ha difeso così accoratamente il suo ragazzo, ad un certo punto lei scrive: "La disabilità è negli occhi di chi guarda". Io estenderei il concetto: la diversità è negli occhi, anzi nelle paure di chi guarda. Cos'altro erano quelle risate se non un modo per esorcizzare la paura,  si, perché potrebbe capitare a chiunque, anche ad uno nato sano, di arrivare a vedere compromessa la funzione delle gambe, ma la mancanza di qualsiasi empatia è proprio un modo di prendere distanza: l'altro viene disumanizzato e non riusciamo ad attribuirgli sentimenti simili ai nostri. Ci rassicuriamo convincendoci di essere completamente tutt'altro e giungendo fino a reificare le altre persone che diventano oggetti privi di pensiero e sentimenti, cose, come sassi che vanno a fondo.

Commenti

  1. Una società smarrita, cinica e senza valori; dove vuole andare a finire l'umanità?
    Saluti a presto.

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