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Il viaggio. Saluto dedicato ai martiri di Genova.

Avrei voluto scrivere o forse solo sussurrare un saluto per quei quattro ragazzi di Torre Del Greco, iscritti tra le 43 vittime del bilancio definitivo del disastro di Genova, ma me ne è mancata la voce. Mi sono chiesta cosa poteva essere vissuto da chi ha perso dei figli come una stretta solidale e cosa invece come un urlare o blaterare sgradevole ed inopportuno, cosa avrebbe potuto suonare addirittura offensivo e cosa invece, rischiava di ferire e rigirare la lama nella piaga aperta nell'animo delle famiglie e degli amici. 

Non conoscevo quei ragazzi: appartengo ad un'altra generazione, quella dei loro genitori. Avrebbero potuto essere figli miei. Per quanto mi sia sforzata, non sono riuscita a figurarmi quel dolore: mi è parso qualcosa di assurdo e surreale, come forse sarà sembrato anche alle madri ed ai padri di quei giovani. Ed ho taciuto per rispettare e non arrecare disturbo a qualcosa per me di inconoscibile. 

Il silenzio talvolta possiede significati più profondi di ogni parola: i silenzi, come le pause in una melodia musicale, hanno il potere di sedimentare, schiarire e rendere nitida ogni nota, ogni parola, come nodi nel filo del discorso. Questo è stato un nodo grosso. Dopo il silenzio tuttavia, credo sia giusto rendere almeno quel saluto sommesso ed appena sussurrato, perché non solo le parole possono sembrare a volte fuori luogo, ma anche i silenzi, se non armonizzati nel flusso del tempo e delle emozioni, possono rappresentare distanza ed indifferenza: come un insulto alla disperazione di chi soffre.

Ho provato ad immaginare i momenti drammatici di quel viaggio, gli istanti che hanno preceduto la fine, ed ho pensato che i ragazzi forse non hanno avuto neanche il tempo di accorgersi di quello che stava accadendo, magari qualcuno dormicchiava o era distratto: il sussulto di riprendersi dallo stordimento ed era già finita. Solo chi era alla guida forse, ma forse, ha avuto lucidità e consapevolezza per qualche frazione di secondo in più. Il tempo di una invocazione, un urlo, un attimo di paura, poi la fine. Non credo abbiano sofferto: lo schianto li avrà finiti sul colpo e questo è l'unico pensiero che in qualche misura conforta. 

Avevano una vita intera, tanta strada da percorrere, progetti, sogni, speranze... ma almeno non hanno sofferto. So che non è molto, ma per chi quei momenti continua a ripercorrerli febbrilmente, chiedendosi cosa avrebbe potuto salvarli, ecco per queste persone, anche solo questo è qualcosa. Sono andati via con la leggerezza dei loro sogni, senza angoscia, senza rancori, recriminazioni o risentimenti, senza maledire il dolore della vita, ma nel fiore degli anni con tutta la forza che emana lo spirito di chi vive ed ha vissuto credendo nella bellezza del mondo, della musica, dei colori e sì anche del viaggio...

IL VIAGGIO

Volati via così
sospesi in aria,
folgorati da un sogno.
Abbraccio assordante
di fugace sgomento.

Vi disseti nel viaggio
la fiasca di lacrime
condensato di sguardi
grondanti d'affetto.

E sia lieve l'incedere
sulla coltre tessuta
in bisbigli
di attesa speranza.
Trascorse parole,
sbocciate in preghiera.


Commenti

  1. Anche se vivo in Emilia da 19 anni, sono originario di Torre del Greco. Guardare il funerale, mi ha fatto ricordare anche la tragedia della Moby Prince. Non si può morire così!
    Saluti a presto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le famiglie hanno rifiutato i funerali di stato: chiedono giustizia... non si dovrebbe morire così, proprio vero.

      Elimina
    2. HAnno fatto bene per conto mio a rifiutare i funerali di stato.
      Il dolore è privato e intimo. Non deve servire a pubblicizzare politici di...
      Grande saluto il tuo Chaos

      Elimina
    3. Infatti... è diventato materia di polemiche sceneggiate e passerelle quel funerale di stato: chi soffre non ha bisogno di nessuna di queste cose!

      Elimina

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