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Ci vuole coraggio a lavorare nei Call Center

Riflettevo questa mattina sul coraggio che dimostrano i nostri giovani impegnati nei Call Center. Non è solo una ferita aperta, ma una piaga, un'ulcera dolorosa e rivoltante quella della gioventù contemporanea, che ha tali e tante difficoltà a trovare un'occupazione, sia pure anche solo per smettere di dipendere dalla paghetta dei genitori, che finisce per accettare livelli di sottoccupazione, sottopagati, come è ovvio, che spaziano dagli orizzonti del McDonald's ai Call Center delle varie compagnie per le vertiginose cifre di 400 o 500 euro al mese con un minimo di 8 ore al giorno di lavoro. Io provavo e forse conservo ancora una gran tenerezza per questi ragazzi che ti chiamano dai Call Center ad ogni ora del giorno e della notte, nei momenti più impensati e meno opportuni nella speranza di farti chiudere un contratto e percepirne la relativa commissione. I ragazzi dei Call Center hanno coraggio, credetemi, e sicuramente non sono superstiziosi, né temono gli anatemi: non saprei dire se questo sia un merito, in effetti peggio di così, come potrebbe andargli?

Eh sì, perché più che altro vanno a cottimo questi giovani: guadagnano un tot per ogni contratto che riescono a concludere. D'altro canto, malgrado il mio animo sensibile e solidale, avendo subito qualcosa di molto simile ad uno stalking da parte di questi amabili, nonché sfortunati e coraggiosi lavoratori dei Call Center di ogni nazionalità, ho iscritto il mio numero di telefono al registro delle opposizioni. Io mi sono sempre sforzata di essere gentile e comprensiva o quanto meno corretta, ma conservare questa posizione, dopo aver bruciato un numero imprecisato di soffritti di cipolla ed esservi tumefatto ripetutamente il deretano, scivolando sul piede insaponato, nel correre fuori dalla doccia o anche (a vostra scelta) aver interrotto brutalmente il gratificante espletamento di alcune vostre funzioni fisiologiche, oppure un battibecco o contraddittorio nel quale inusitatamente eravate quasi riuscite a spuntarla... ecco, dicevo, conservare quell'atteggiamento garbato e civile dopo tutto ciò, comincia a costare un certo sforzo. Conoscete vero la storia del bicchiere d'acqua? Il problema non è quanto pesa, ma quanto a lungo dovete mantenerlo in mano.

Ora l'iscrizione al registro delle opposizioni difficilmente risolverà il vostro problema, perché se avete un cellulare, state tranquilli che scoveranno anche quello. Io per esempio, quando sono in giro, il cellulare lo tengo in borsa: la mia borsa è un sacco privo di scomparti, dove immergendo la mano e ravanando a caso, può capitarvi di afferrare uno di tutto ad eccezione naturalmente di quello che state cercando. Io per esempio devo procedere ad una sistematica perquisizione della borsa, tirandone fuori tutti gli oggetti, che appoggio sul cofano dell'auto, per trovare le chiavi della macchina. Al riguardo vorrei permettermi una breve digressione sul design automobilistico: possibile che a nessuno di voi geni sia mai venuto in mente di fabbricare un cofano piatto, orizzontale? Sempre curvi ed in discesa devono essere? Che siano aerodinamici non ce ne potrebbe fregar di meno col traffico che abbiamo in città! Perdonate: mi premeva fare arrivare il mio suggerimento all'industria automobilistica.

Ma torniamo a noi: stando così le cose nella mia borsa, non vi sarà difficile immaginare quel che accade quando squilla il cellulare. Nel migliore dei casi non lo sento proprio, ma se lo sento, naturalmente devo cercarlo ed è matematico che il telefono smetta di squillare ben prima che io lo trovi. Se si tratta di qualcuno che conosco, lo richiamo, se è un numero che non conosco invece mi tormento nel dubbio per un po' e poi me ne dimentico, a meno che... quel numero non continui a chiamarmi, reiterando la scena di me, che cerco il cellulare nel pozzo di San Patrizio e dello squillo, che dopo aver rotto i cabbasisi per una decina di minuti recede con rassegnazione (peccato: mi ero appena accostata in un'area di sosta d'emergenza). Fatto sta che ieri sera, tornando non so da dove, mi squilla il telefono: mentre mi accosto e cerco il cellulare, ovviamente quello smette. Vabbè, mi sono fermata e guardo il numero: pare un numero di lunghezza normale, con prefisso 011. Non è il prefisso di Torino? Mi domando e mi pare di sì. Ho conservato qualche amicizia da quelle parti, ma non conosco quel numero. La cosa mi passa di mente, perché ho altro da fare e poi di sera sono stanca.

Questa mattina, armata di ombrello aperto e 3 buste di spesa, mi ritiro a casa e il telefono squilla di nuovo: apro il portone del palazzo col gomito, appoggio le buste a terra (inevitabile crac di una bottiglia di vetro) frugo febbrilmente tra le mie cianfrusaglie... il telefono smette. Arrivo a casa a questo punto e guardo il numero: è lo stesso di ieri. Richiamo, mi dico, stavolta. Dopo una rapida riflessione decido di richiamare dal cellulare: dal telefono di casa posso chiamare senza spesa aggiuntiva, ma perché regalare il mio numero di casa ad un X che non conosco? Richiamo dal cellulare e mi risponde una voce registrata: "Grazie per aver chiamato: facile punto it l'ha contattata per..." Riattacco velocemente prima che mi sfugga involontariamente col fiato del respiro quella imprecazione, indice di scarso controllo e volgarità d'animo, da cui vorrei conservarmi immune. 

Allora penso: questa gente ha coraggio, non si lascia suggestionare dalle superstizioni, non teme anatemi, maledizioni o bestemmie di alcun tipo. E diciamo la verità: ci vuole coraggio e fede, una fede incrollabile. Poi penso: ma se invece fosse una di quelle piccole truffe telefoniche, dove se li richiami acquisiscono diritto a prelevare denaro dal tuo cellulare? No, perché succede anche questo: vabbè gli è andata male nel caso, non ho che pochi spiccioli di ricarica sul cellulare. Comunque la vogliate vedere, questa volta esco ammaccata, ma vincitrice!

Commenti

  1. Ho lavorato due volte in un call center. Ad onor del vero percepivo 4 euro all'ora per un totale di 4 ore giornaliere.
    Lo facevo come secondo lavoro, per arrotondare.
    In entrambi i casi ho resistito 2 mesi. Stressare la gente non faceva proprio per me.
    Le mie colleghe erano più coraggiose. Beate loro. 😉

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    1. Molti giovani lo fanno e credo siano da apprezzare, per la voglia di lavorare, lo spirito di adattamento e l'umiltà. Naturalmente il problema non sono loro, ma chi li sfrutta e li costringe in una logica di bracconaggio del cliente. Io se ho bisogno di qualcosa, cerco il sito dove si vende e lo compro o scendo e vado al negozio, ma soprattutto lo faccio quando io decido di farlo, non quando loro decidono di telefonarmi! Beate si fa per dire... magari erano in condizioni di maggiore bisogno e non avevano scelta.

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  2. Queste persone, così insistenti, sono sfruttate per pochi soldi. Nonostante preferirei non ricevere telefonate a raffica cerco sempre di congedarle con un “grazie ma non mi interessa”, se però vedo un numero che ho perso non lo richiamo, mai. Buona serata.
    sinforosa

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    1. Lo so Sinforosa: tu sei saggia, ma spero che tu abbia capito che io non immaginavo si trattasse di una telefonata promozionale: avevo il dubbio fosse qualche vecchio/a amico/a perso di vista :-)

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  3. Cara Clara, qualcosa non va in Italia, studiano tanto, si laureano, per poi finire dove vengono mene pagati!!! Non capisco come tutto questo possa succedere.
    Lo sai che io vivo all'estero da una vita, qui questo non succede, dunque da qualche parte ce un errore, non so se tu mi potrai dare una spiegazione!!!
    Ciao e buon fine settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Purtroppo anch'io ho più domande che risposte Tomaso, comunque una tristezza :-( Ricambio l'abbraccio, buona serata.

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  4. "Gironzolando tra i post mi è capitato di leggere qualcosa scritto da una mia amica simpaticissima nella piattaforma di Splinder.
    La ragazza è molto originale e come nick name aveva scelto "crauto viola.
    E' uno spaccato di vita nei centri di recupero crediti e delle colleghe che ha
    incontrato".



    Le mie colleghe sono tutte donne.
    Le mie colleghe sono quasi tutte madri. Di famiglia. Non in genere.
    Ciò significa che sono condizionate sempre e comunque dagli umori del figlioletto di turno o dalla telefonata della maestra dell’asilo/elementari/medie che le richiama puntualmente all’ordine quando qualche misterioso virus colpisce i loro adorati pargoli.
    Le mie colleghe sono quasi tutte divorziate e/o separate. Chi più chi meno in casa.
    Quindi significa che devono fare tutto da sole. Tutto. Il padre (in senso generico) pensa ovviamente a spupazzarsi i figli comodamente nel fine settimana, piccola oasi di pace al riparo dallo spauracchio delle strutture scolastiche inadeguate, i malesseri occasionali e non, i compagnucci invadenti che si auto-invitano per pantagrueliche merende/pranzi/cene, i corsi della palestra, il catechismo, i compiti a casa, il corso di clarinetto e la ginnastica correttiva.
    Le mie colleghe, messe tutte insieme, hanno un'età media di 45 anni (a gamba).
    Vittime del post-femminismo e dello stile di vita che ti propone come modello da idolatrare una donna vincente, sempre giovane, in carriera e attiva 24 ora su 24, che tradotto vuol dire sgobbare di più, ignorare l’orologio biologico che urla disperato quando è il momento di procreare, barcamenarsi tra un lavoro che poi puntualmente verrà lasciato per un motivo o per un altro, una casa indomabile e un marito altrettanto bisognoso di cure che non esiterà a mollarti per un’altra a causa, dice lui, della tua assenza in famiglia, si ritrovano tutte, o quasi, sole, con figli a carico esageratamente piccoli in proporzione alla loro età.
    Il che potrebbe anche andar bene, se prima hai avuto una vita appagante e soddisfacente.
    Ma nel loro caso so per certo, visti i continui lamenti, che non è così.
    Ergo, quando le nostre madri, ad esempio la mia, erano finalmente ad un passo dalla libertà con i figli quasi adulti e quasi sistemati, loro si ritrovano al principio.
    Le mie colleghe, sempre in globale, hanno un peso medio di 70 chili a persona.
    Questo è un altro grande problema perché aggiunge frustrazione alla disperazione in quanto sono sempre, perennemente a dieta. Chi sul serio e chi un po’ meno. La progressiva perdita di ossigeno nel cervello causata dalla mancanza di zuccheri e nutrimento sano restituisce alla realtà delle persone nervose, con i nervi a fior di pelle e con la vista annebbiata. Il che è un problema molto grave se consideriamo il fatto che una cattiva visione delle cose non porta a nulla di buono.
    Le mie colleghe si ritrovano con la loro età, con il loro peso, con i loro figli e con le loro aspettative di successo ridotte al minino a lavorare dentro un call center.
    I miei capi amano definirla Phone Collection. Fa più figo evidentemente. Ma questo nuova nomenclatura creata ad hoc apposta per gettare fumo sugli occhi, non cambia la realtà ne tanto meno conferisce maggiore prestigio alle loro mansioni.
    Stanno comunque tutto il giorno al telefono.
    A litigare con la gente.
    A combattere con la gente.
    A farsi insultare dalla gente.

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  5. Le mie colleghe prendono uno stipendio medio di € 700 ogni mese. Questo sulla carta perché in realtà è ogni mese e mezzo.
    Allora se uno ha voglia di tirare due somme è facile capire che, se una è separata, ha due figli, piccoli o medio piccoli, che si ammalano ogni due per tre, che devono andare a scuola, fare il catechismo, fare le feste di compleanno, fare il corso di ginnastica correttiva, fare sport, fare il corso di clarinetto o quello che sia e perché no, anche terapia di gruppo infantile, alla fine del mese ci si arriva con l’acqua alla gola. Se poi il mese è allungato, come spesso capita, allora son dolori.
    Le mie colleghe sono incattivite.
    Questi luoghi di tortura moderna mascherati da ambienti lavorativi mirano a favorire la rivalità fra colleghi. I capi puntualmente ogni mese (e questa a differenza dello stipendio è sempre puntuale) amano affiggere una graduatoria, una classifica delle pratiche recuperate. Ovviamente chi ne ha recuperate di più e, secondo questa logica perversa, ha chiaramente vinto, non riceve gratifica alcuna. Niente. Nada de nada. Neanche la gioia di vedersi elogiare in pubblico. In compenso chi per un motivo o per un altro ha la sciagura di finire come fanalino di coda, viene additato come perdente, una schifo di persona perfettamente inutile sia dal punto di vista sociale che professionale. Una persona indegna. I capi dopo aver perpetuato sulla malcapitata una lavata di capo lunga quanto una quaresima usano togliere il saluto nonché la parola all’ultima della lista in modo che la sua autostima già precaria trovi il pretesto per annientarsi definitivamente.
    Le mie colleghe si odiano fra loro.
    Si fanno del mobbing. Si sabotano a vicenda. Si intralciano. In maniere a volte talmente grette che non voglio riferire qui ora in questa sede, ma che presto farò, da tirare spesso fuori il loro lato peggiore, che, credetemi, è veramente peggiore.
    Le mie colleghe sono abbagliate da una prospettiva di carriera che in realtà non esiste.
    Nel nostro ufficio non c’è progresso. Non c’è avanzamento. Non ci sono promozioni. Non ci sono aumenti di stipendio. Non c’è nemmeno la possibilità di essere assunte dietro regolare contratto. Non c’è nemmeno la possibilità di un giorno di malattia pagato se, che so, hai la febbre a 40 gradi o un principio di infarto. Non c’è niente di niente.
    Ma loro non lo sanno. Oppure lo sanno ma fanno finta di non saperlo.
    E si studiano. Continuamente. E covano rancori. E si odiano.
    E si tormentano del successo di una e si gongolano sul fallimento di un’altra.
    Ma non riescono a vedere la cosa per quella che realmente è.
    Ossia un lavoro che è talmente annichilente, talmente abbrutente che se riesci a conservare un po’ di umanità alla fine della giornata e sorridere ai tuoi figli è grasso che cola.
    Queste sono le mie colleghe. Questo è ciò che potrei diventare. Se continuo a rimanere li. Con loro.
    Nel favoloso mondo del Recupero dei Crediti.
    Nell’attesa di trovare una valida alternativa che non contempli un lavoro di banchista in una pizzeria al taglio, cameriera al pub o ai tavoli e commessa disperata, cerco di cavarmela al meglio. Come posso. Le ignoro.



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    1. Si commenta da sé. Tristissimo comunque: è sopravvivenza.

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  6. Interessante e simpatica la tua scrittura

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  7. Cercando di essere gentile, mi sono ritrovata delle creme che non volevo acquistare.

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    1. E ti è andata bene Sara: io una volta ho comprato un aspirapolvere folletto per disperazione. Non sapevo più come far smettere il rappresentante di parlare e farlo uscire di casa... però poi non ho mai più permesso a nessuno di loro di entrare. Magra consolazione :-D comunque il folletto serve.

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  8. Il lavoro nei call center non è facile, sono sfruttati e stressati. Se mi permetti Clara, voglio consigliare un servizio molto utile per conoscere i numeri telefonici. Il sito è https://www.tellows.it/, per giunta, si può scaricare anche un app per il telefonino con lo stesso servizio.
    Sereno giorno.

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    1. Grazie Cavaliere: spero mi torni utile. Buona domenica.

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  9. Un lavoro infame e ingrato, probabilmente per questo cerco di essere sempre cortese e non irritato quando becco di queste chiamate, anche se ormai, il più delle volte, un call center lo si riconosce sempre, e preferisco non rispondere direttamente, o stoppare la chiamata... ;)

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  10. E' un lavoro duro, non lo metto in dubbio e al contempo una grandissima rottura di palle per chi riceve queste telefonate. Tuttavia, ovviamente, non me la prendo con gli operatori in sè (salvo alcuni casi, tipo quando sono esageratamente insistenti dopo l'ennesimo NO), ma con chi guadagna davvero grazie a questi sistemi, ovvero i loro superiori.
    Attualmente, dopo aver cambiato operatore telefonico, ho circa 50 numeri nella lista nera (due addirittura con prefisso straniero; uno Liverpool e l'altro Dubai!) ma fino a pochi mesi fa avevo raggiunto la bellezza di 200 numeri-callcenter in lista nera! Arrivavano circa 10 chiamate al giorno!
    E sinceramente, quando aspetti una telefonata di lavoro o qualcosa di importante, questo via via di numeri sconosciuti non è il massimo -.- L'infarto è sempre dietro l'angolo!

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    1. Questo è quello che io chiamo stalking: le 10 telefonate al giorno...

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