Il mistero della mamma scomparsa (parte undicesima)
Il percorso si rivelò più lungo e faticoso del previsto: forse non era riuscita a scegliere la strada più breve ed aveva finito per fare qualche giro di troppo.
Fatto sta che la luce del giorno si andava ormai spegnendo quando finalmente Salva vide in lontananza un gruppo di case, con qualche luce già accesa: era stanca ormai e l'umidità sembrava esserle entrata fin dentro le ossa indolenzite.
Piegò verso il villaggio senza alcuna esitazione ed accelerò l'andatura, ma nell'avvicinarsi realizzava che si, probabilmente si era perduta: i caseggiati non sembravano più di una decina, pochi per il paese che si era immaginata come meta e lei era piuttosto male in arnese, infreddolita coi piedi calzati in due buste e, solo ora se ne rendeva conto, senza nessuna carta, nessun documento se non le foto sbiadite consegnatele da Sara e... senza sapere lei stessa chi fosse in realtà.
Come ed a chi si sarebbe presentata per chiedere aiuto in quelle condizioni?
Giunta infine sul sentiero di terra battuta, ormai vicina alle prime case, decise di calzare nuovamente le scarpe: erano ancora umide, ma non si sentiva di comparire da nessuna parte con le buste ai piedi, ripiegò i calzini di troppo ed appallottolò la plastica, riponendo tutto nel suo zaino, passò le due mani sul viso e tra i capelli.
Ormai era decisamente buio, Salva si arrestò per un attimo, respirò profondamente quell'aria impregnata degli odori del bosco e dello stallatico fresco, rivide scorrerle davanti agli occhi i volti sorridenti delle foto, proiettati sul telone del cielo nero punteggiato di gemme silenziose, ascoltò la carezza dei leggeri soffi di vento ed infine, quando le sembrò di avere raccolto abbastanza coraggio, bussò alla prima porta incontrata sul sentiero.
Era uno di quei vecchi portoni in legno massiccio, con un batacchio di metallo scurito ed ossidato dal tempo e dalle intemperie, ma dalle finestre filtrava una luce calda e giallastra che faceva pensare al calore del caminetto ed al conforto di un pasto caldo.
Attese per qualche minuto e quindi la porta fu aperta: due occhi piccoli e diffidenti la squadrarono dalla testa ai piedi, l'uomo non disse una parola, ma dopo averla osservata attentamente, la fissò in volto con espressione guardinga ed interrogativa.
Salva spiegò di essersi smarrita mentre cercava di raggiungere il paese vicino: si accorse ascoltandosi che la sua voce era leggermente arrochita e tremula, abbassò lo sguardo e rialzandolo quando ebbe finito di parlare si accorse che la sua spiegazione non aveva rassicurato affatto lo sconosciuto.
Dopo un silenzio che alla donna parve interminabile, il contadino le disse:
- Puoi dormire nella stalla per questa notte, ti porterò una minestra calda ed una coperta. -
quindi uscì sulla soglia senza attendere risposta e si avviò sul retro della casa.
- Grazie, andrà benissimo - ribatté Salva, riavutasi dallo stupore ed affrettandosi a seguirlo.
A dire il vero non si aspettava di essere accolta nella stalla, viziata com'era dalle attenzioni della vecchia governante Sara e dalle cure dell'anziano dottore: ma per nulla al mondo sarebbe tornata sui propri passi. La stalla era un locale basso e grande abitato da due muli ed una mucca, legati vicino alle rispettive mangiatoie, l'odore era violento, ma il tepore accogliente: il contadino le indicò un cumulo di paglia ed aggiunse:
- Vado a prenderti da mangiare. -
Gli animali la fissavano con i loro occhi enormi e mansueti e nell'attesa Salva cominciò ad esaminare il contenuto del proprio zaino tirando fuori le cose umide e bagnate per asciugarle da qualche parte e facendo così anche ordine nel suo povero bagaglio: le foto furono messe al sicuro ed all'asciutto su uno sgabello di legno. Sopraggiunse il contadino, la coperta su un braccio, in una mano il nodo del canovaccio che avvolgeva il tegame di minestra e nell'altra mano una mezza bottiglia di vino rosso: lasciò cadere la coperta sulla paglia e depose sull'unico sgabello il tegame e la bottiglia, ma dovette spostare le foto in un angolino e così facendo le trattenne e rigirò tra le mani qualche momento.
- Fuori c'è una fontana di acqua fresca, si può bere... Leonarda: sei tu Leonarda, vero? -
- Cosa? -
- L'ho letto qui, dietro la foto... -
Lei prese le fotografie e le girò, in un angolo dietro quella che ritraeva l'intera famigliola c'era scritto "Tommaso e Leonarda" con una data: non credeva ai suoi occhi, come aveva potuto non vederlo prima? Certo era un graffio fatto con una matita, piccolo ed un po' sbiadito, relegato in un angolino, eppure...
- Ma si, certo... - si affrettò a concludere lei sforzandosi di dissimulare la sorpresa.
Lui la guardò con un sorrisetto un po' ironico, ma tagliò corto: - Buona notte - proclamò uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Salva, ma forse dovremmo dire Leonarda, rimasta sola si dedicò al cibo e bevve il vino rosso che le era stato sempre vietato dal dottore: le fece un effetto strano, la scaldò, la stordì e, complice la stanchezza del viaggio, la spinse presto nell'incoscienza del sonno.
Fatto sta che la luce del giorno si andava ormai spegnendo quando finalmente Salva vide in lontananza un gruppo di case, con qualche luce già accesa: era stanca ormai e l'umidità sembrava esserle entrata fin dentro le ossa indolenzite.
Piegò verso il villaggio senza alcuna esitazione ed accelerò l'andatura, ma nell'avvicinarsi realizzava che si, probabilmente si era perduta: i caseggiati non sembravano più di una decina, pochi per il paese che si era immaginata come meta e lei era piuttosto male in arnese, infreddolita coi piedi calzati in due buste e, solo ora se ne rendeva conto, senza nessuna carta, nessun documento se non le foto sbiadite consegnatele da Sara e... senza sapere lei stessa chi fosse in realtà.
Come ed a chi si sarebbe presentata per chiedere aiuto in quelle condizioni?
Giunta infine sul sentiero di terra battuta, ormai vicina alle prime case, decise di calzare nuovamente le scarpe: erano ancora umide, ma non si sentiva di comparire da nessuna parte con le buste ai piedi, ripiegò i calzini di troppo ed appallottolò la plastica, riponendo tutto nel suo zaino, passò le due mani sul viso e tra i capelli.
Ormai era decisamente buio, Salva si arrestò per un attimo, respirò profondamente quell'aria impregnata degli odori del bosco e dello stallatico fresco, rivide scorrerle davanti agli occhi i volti sorridenti delle foto, proiettati sul telone del cielo nero punteggiato di gemme silenziose, ascoltò la carezza dei leggeri soffi di vento ed infine, quando le sembrò di avere raccolto abbastanza coraggio, bussò alla prima porta incontrata sul sentiero.
Era uno di quei vecchi portoni in legno massiccio, con un batacchio di metallo scurito ed ossidato dal tempo e dalle intemperie, ma dalle finestre filtrava una luce calda e giallastra che faceva pensare al calore del caminetto ed al conforto di un pasto caldo.
Attese per qualche minuto e quindi la porta fu aperta: due occhi piccoli e diffidenti la squadrarono dalla testa ai piedi, l'uomo non disse una parola, ma dopo averla osservata attentamente, la fissò in volto con espressione guardinga ed interrogativa.
Salva spiegò di essersi smarrita mentre cercava di raggiungere il paese vicino: si accorse ascoltandosi che la sua voce era leggermente arrochita e tremula, abbassò lo sguardo e rialzandolo quando ebbe finito di parlare si accorse che la sua spiegazione non aveva rassicurato affatto lo sconosciuto.
Dopo un silenzio che alla donna parve interminabile, il contadino le disse:
- Puoi dormire nella stalla per questa notte, ti porterò una minestra calda ed una coperta. -
quindi uscì sulla soglia senza attendere risposta e si avviò sul retro della casa.
- Grazie, andrà benissimo - ribatté Salva, riavutasi dallo stupore ed affrettandosi a seguirlo.
A dire il vero non si aspettava di essere accolta nella stalla, viziata com'era dalle attenzioni della vecchia governante Sara e dalle cure dell'anziano dottore: ma per nulla al mondo sarebbe tornata sui propri passi. La stalla era un locale basso e grande abitato da due muli ed una mucca, legati vicino alle rispettive mangiatoie, l'odore era violento, ma il tepore accogliente: il contadino le indicò un cumulo di paglia ed aggiunse:
- Vado a prenderti da mangiare. -
Gli animali la fissavano con i loro occhi enormi e mansueti e nell'attesa Salva cominciò ad esaminare il contenuto del proprio zaino tirando fuori le cose umide e bagnate per asciugarle da qualche parte e facendo così anche ordine nel suo povero bagaglio: le foto furono messe al sicuro ed all'asciutto su uno sgabello di legno. Sopraggiunse il contadino, la coperta su un braccio, in una mano il nodo del canovaccio che avvolgeva il tegame di minestra e nell'altra mano una mezza bottiglia di vino rosso: lasciò cadere la coperta sulla paglia e depose sull'unico sgabello il tegame e la bottiglia, ma dovette spostare le foto in un angolino e così facendo le trattenne e rigirò tra le mani qualche momento.
- Fuori c'è una fontana di acqua fresca, si può bere... Leonarda: sei tu Leonarda, vero? -
- Cosa? -
- L'ho letto qui, dietro la foto... -
Lei prese le fotografie e le girò, in un angolo dietro quella che ritraeva l'intera famigliola c'era scritto "Tommaso e Leonarda" con una data: non credeva ai suoi occhi, come aveva potuto non vederlo prima? Certo era un graffio fatto con una matita, piccolo ed un po' sbiadito, relegato in un angolino, eppure...
- Ma si, certo... - si affrettò a concludere lei sforzandosi di dissimulare la sorpresa.
Lui la guardò con un sorrisetto un po' ironico, ma tagliò corto: - Buona notte - proclamò uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Salva, ma forse dovremmo dire Leonarda, rimasta sola si dedicò al cibo e bevve il vino rosso che le era stato sempre vietato dal dottore: le fece un effetto strano, la scaldò, la stordì e, complice la stanchezza del viaggio, la spinse presto nell'incoscienza del sonno.
Ciao Clara,
RispondiEliminanon ci speravo più ^^ la storia si fa sempre più interessante. Grazie.
Un abbraccio
Poiana
Grazie a te Poiana ^-^ mai disperare!
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