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Morti bianche: la punta dell'iceberg

Si continua a morire sul lavoro, giorno per giorno e sono morti che raramente fanno notizia: se dovessero farne riempirebbero quotidianamente le cronache e, si sa, la gente si stancherebbe di leggere soltanto monotoni necrologi. La stampa deve puntare su ciò che suscita più interesse e, oltre certi limiti, non può dare spazio a questo genere di informazione. 

Secondo l'Osservatorio Indipendente, sono già 81 i morti sul lavoro del 2019 fino ad oggi, tuttavia per ora i dati più ufficiali e confermati sono quelli rilevati nel 2018: quali che siano comunque i dati che vogliamo prendere in considerazione teniamo chiaramente a mente che i dati ufficiali sono soltanto la punta dell'iceberg: ciò che alla fine riesce ad emergere di un fenomeno largamente sommerso.

I morti sul lavoro nell'anno 2018 secondo le statistiche Vega, sono stati complessivamente 786 in aumento rispetto all'anno precedente del +5,4%, a questi vanno aggiunti i morti in itinere: 347 nel 2018 in aumento del +22,6% rispetto al 2017. Complessivamente 1.133 persone morte per guadagnarsi da vivere, portare il pane a casa, come si suol dire. In questa triste statistica la Campania si colloca al 5° posto per numero di morti, dopo Lombardia, Emilia, Veneto e Piemonte. Il problema però, come si diceva, è che la parte sommersa dell'iceberg potrebbe essere una base ben più ampia.

Secondo l'Inail nel 2018, ad esempio, tende a ridursi  in Campania il numero di denunce di infortuni sul lavoro di migranti sia extracomunitari che europei, ma ovviamente la riduzione delle denunce non indica necessariamente una riduzione nel numero dei casi reali. D'altro canto, mentre il numero dei morti nelle regioni del sud in valore assoluto è inferiore a quelle del nord, il primato si inverte se si considera l'incidenza degli infortuni mortali rispetto al numero degli occupati. 

L'indice di incidenza sugli occupati in Campania, Calabria, Puglia e Basilicata infatti è di 52,8 contro una media di 30 al nord e nelle isole (compresa la Sicilia). Il primato assoluto comunque in questo caso va al Molise con un indice di 104,8. Il  settore nel quale si muore di più rimane quello delle costruzioni con 125 morti nel 2018, il 15,9% del totale, seguono il settore manifatturiero ed il trasporto e magazzinaggio con 105 e 104 morti rispettivamente: queste le cifre considerando esclusivamente i morti per causa di lavoro e non quelli in itinere. 

Non c'è dubbio che la precarietà e la ricattabilità dei lavoratori siano condizioni per le quali il lavoratore può essere disposto ad accettare anche situazioni di dubbia sicurezza e/o di lavoro non regolare, ovvero in nero: circostanze economiche e sociali che tendono ad accrescere non solo la parte visibile del fenomeno delle morti bianche, ma soprattutto la parte sommersa dell'iceberg. Per come gira oggi l'economia, la forza lavoro è solo merce e, purché sia a buon mercato, si accetta di renderla usurabile e sacrificabile. Dicono che che la sinistra sia diventata obsoleta: infatti le destre sono al potere e di sicurezza e diritti sul lavoro abbiamo smesso di parlare da tempo, eppure si dovrebbe lavorare per vivere, non per morire.


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