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Il linciaggio ed altre ritualità tribali

Oggi desidero occuparmi della parola linciaggio, specificamente del suo uso iperbolico, piuttosto che letterale, considerato che il linciaggio nel senso proprio e letterale del termine è un'usanza superata e penalmente perseguibile. Desidero in particolare mettere in relazione l'abitudine al frequente linciaggio morale cui assistiamo periodicamente ai danni del capro espiatorio di turno con alcune ritualità tribali: queste ultime includono sia la dinamica sociale della espulsione e soppressione del capro espiatorio come tale, sia la ritualità religiosa sacrificale in uso presso alcune civiltà, e non solo tribali, mirata ad ingraziarsi il benvolere di divinità persecutorie ed adirate. Il sacrificio in diverse culture religiose era anche sacrificio umano.

Premetto che non è la prima volta che tratto tematiche inerenti l'odio e la violenza sociale. Alcune considerazioni su come si generano e funzionano le dinamiche di designazione e sopraffazione nei gruppi sociali sono analizzate in questo vecchio post: "La cultura dell'odio". Ora il linciaggio morale che ciclicamente si verifica in rete ai danni di alcune persone, rappresenta ovviamente una grave forma di violenza sociale ed una spia fedele del malessere della nostra civiltà.

Prima di procedere comunque, vado a richiamare all'attenzione dei miei lettori il preciso significato della parola linciaggio. Vi prego di non volermene, ma ritengo che sia sempre importante definire e condividere il significato delle parole prima di iniziare un discorso od un confronto se si desidera disporre di una comune base semantica almeno minimamente capace di garantire una comunicazione corretta e non equivoca.

Il nostro abituale dizionario Treccani definisce il linciaggio come una esecuzione sommaria di persone considerate colpevoli, ma non processate, né condannate dagli organi giuridici preposti, esecuzione realizzata invece a furor di popolo da parte di privati cittadini. Nel suo uso iperbolico il termine indica l'accanimento della opinione pubblica contro qualcuno o qualcosa. Il linciaggio quindi, in questa chiave di lettura, può essere considerato l'agito conclusivo e lo sbocco della dinamica sociale di designazione e persecuzione di un capro espiatorio. Nelle aggregazioni tribali primitive è stata descritta una complessa cerimonialità che includeva designazione, espulsione e caccia del capro espiatorio fino alla sua uccisione.

Nelle civiltà antiche il malessere sociale veniva abitualmente esternalizzato e proiettato sulla divinità, pertanto interpretato come espressione di ira divina. Placare l'ira divina talvolta richiedeva l'individuazione ed il perseguimento degli eventuali colpevoli, ma considerata la complessità e le difficoltà logistiche per tali linee di intervento, in molti casi si preferiva offrire alla divinità persecutoria una vittima sacrificale. Presso le civiltà Maya ed Azteca per esempio, erano in uso sacrifici umani: le vittime sacrificali erano abitualmente giovanissime fanciulle e/o bambini, vale a dire i soggetti per definizione più deboli ed indifesi. 

In questo caso la ritualizzazione religiosa ci dimostra concretamente come la violenza generata da un malessere sociale tenda nel suo corso naturale a scaricarsi sui soggetti più deboli: come già analizzato altrove in questo blog infatti, la violenza possiede una sua legge di gravità per cui rotola sempre verso il basso dove ha maggiori possibilità di risultare vincente e non incontra pericoli di resistenza e/o ritorsioni. Comprendo che possa apparire contrario all'etica, raccapricciante ed immorale, ma questa è la natura umana o quanto meno uno degli aspetti di essa.

A questo punto possiamo statuire alcuni punti fermi, ovvero considerazioni basilari:
  • La violenza e la persecutorietà espresse da un determinato gruppo sociale sono direttamente proporzionali al malessere, alla insoddisfazione ed alla sofferenza intrinseche a quel determinato gruppo.
  • Condizioni sociali sfavorevoli, come crisi economiche, cataclismi naturali, avversità di vario genere, ingiustizia sociale, privazioni, stress ed affaticamento generano sofferenza.
  • La sofferenza si traduce in rabbia laddove esista energia sufficiente ad innescare un agito di risposta alle condizioni sfavorevoli.
  • La rabbia non è in sé un sentimento da sopprimere, perché è il genere di reazione emotiva capace di fornire l'energia e la forza per affrontare e superare un pericolo o un ostacolo.
  • Convogliare l'energia fornita dalla rabbia in direzione utile e costruttiva, mirata cioè  alla modificazione o rimozione delle cause del malessere, richiede una corretta capacità di analisi della realtà.
  • La lettura della realtà condivisa dalla maggioranza all'interno di un gruppo sociale, è abitualmente condizionata dalle figure carismatiche, ovvero dai leader del gruppo e nella civiltà odierna anche dai mezzi informativi e  di comunicazione di massa.
  • Difficilmente gli interessi e gli scopi dei leader di un gruppo sociale coincidono con quelli della collettività.
  • L'orientamento della rabbia sociale è soggetta pertanto a manipolazioni e mistificazioni per lo più tese alla conservazione delle posizioni di potere e privilegio dei leader, piuttosto che alla reale risoluzione dei problemi.
  • La rabbia collettiva conserva la sua tendenza a rotolare in basso secondo legge di gravità, come quella individuale.
  • Le persone posizionate più in basso, quindi già per definizione più vulnerabili, sono quelle sulle quali frana abitualmente una violenza sociale inaudita per forza ed intensità, tale da schiacciarle definitivamente nella maggior parte dei casi.
  • Il più delle volte la violenza sociale è legale nel senso che l'esercizio della stessa non configura reati: sono relativamente recenti le normative che tendono a tutelare  singoli individui indifesi dal bullismo e dalle vergognose gogne mediatiche cui purtroppo tocca assistere sempre più frequentemente in rete.
A questo punto vorrei dire che se la violenza verbale, l'insulto, l'intimidazione, il bullismo, la gogna per chi ci capita di turno sono fenomeni tanto diffusi e gravi, evidentemente tutta la nostra società è in preda ad un profondo malessere le cui radici non riguardano alcuna delle vittime sacrificali di turno per cui, malgrado sia doveroso e nobile difendere con tutti i mezzi possibili la vittima designata per lo più colpevole solo della propria debolezza, d'altro canto ha sicuramente senso dedicare almeno parte delle nostre energie mentali alla riflessione ed all'analisi delle condizioni che nella realtà generano, intensificano e dirigono la rabbia cieca ed ottusa che vogliamo combattere.



Commenti

  1. Cara Sfinge, il solo sentire linciaggio già mi preoccupa, mi fa orrore sentire e vedere certe foto, che purtroppo sono pure reali...
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Mi dispiace Tomaso, ma come tu dici, sono reali e sono reali anche i ragazzini che si suicidano perché vittime di bullismo... è educativo mostrare l'orrore della violenza sul debole.

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  2. Di sicuro la nostra società è malata, ma che questo non le valga come attenuante!
    Perché una delle patologie da cui è affetta è la cattiveria, e questa è del tutto volontaria...

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    1. Potrebbe essere un'aggravante invece perché questa società malata offre la possibilità di affinare la capacità critica a chi voglia farne uso e ci sono persone che non la usano ed altre che invece se ne servono per defraudare il prossimo e dominarlo.

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  3. Sono allibito per ciò che succede sempre più frequentemente nelle nostre società. In un angolo del mio cuore spero ancora che le persone che dicono e scrivono cose violente e cattive sugli altri non siano del tutto consapevoli di ciò che fanno. Credo che non si rendano davvero conto di quello che le loro parole possono provocare in chi ne è vittima... perché se lo capissero davvero non ci sarebbe alcuno scampo per l'umanità. :-(
    Un saluto.

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    1. Onestamente non è che il tuo dubbio lasci spazio a molta fiducia: praticamente ti stai chiedendo se sono più stupidi che cattivi o più cattivi che stupidi: In entrambe le alternative non c'è molto da stare allegri! ho visitato il tuo profilo: vedo che hai un blog carinissimo: complimenti!

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  4. E' sicuramente uno strumento di sopraffazione per dominare gli altri.

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    1. Linciare è più che sopraffare: direi annientare se consideriamo il senso figurato del linciaggio morale, uccidere invece nel senso letterale del termine.

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  5. MI chiedo, ma la nostra società sta regredendo verso una forma primitiva di convivenza? Poi un po' m consolo pensando che gli odiatori sono una minoranza ma fanno molto rumore.

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    1. Speriamo che siano una minoranza: ormai il malessere più che serpeggiare esplode.

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  6. Rimango anch’io allibita da tanto odio, prepotenze, sopraffazioni violente in linguaggio e in azioni.
    Rimango tuttavia fiduciosa nella maggioranza che grazie al cielo sa essere dialogante e inclusiva.
    sinforosa

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    1. Me lo auguro sinceramente Sinforosa. Grazie per la tua iniezione di ottimismo.

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