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Martiri del lavoro: la festa del primo maggio

Questo primo maggio 2020 ci coglie in un momento molto particolare: in piena emergenza Covid, con l'economia in ginocchio e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Se la scelta che resta è morire di fame o morire di lavoro, aumenteranno i martiri. Martiri è la definizione corretta per quelle persone costrette a rischiare la vita per preservare la propria dignità e garantire i mezzi minimi di sussistenza alle proprie famiglie. Martiri soggetti ad un ricatto economico non più accettabile perché il diritto alla vita è inalienabile per ogni persona libera e la schiavitù pare sia stata abolita da tempo, eppure i morti per lavoro continuano a moltiplicarsi. 

Inizia la ripartenza con le prime riaperture, la cosiddetta fase due nella gestione dell'emergenza epidemica,  ma se lavorare significava rischiare quotidianamente la vita già prima, oggi questo rischio aumenta esponenzialmente perché alla scarsa sicurezza dei posti di lavoro si aggiunge il rischio di contagio da Covid non solo per gli operatori del settore sanitario, che comunque stanno pagando i tributi più alti, ma per chiunque debba anche solo usare un mezzo di trasporto pubblico per recarsi in ufficio o in cantiere.

La sicurezza dovrebbe essere garantita, ma questo diventa difficile sul piano logistico a causa della carenza di risorse e mezzi necessari e per i costi elevati. L'Inail ha pubblicato ieri un rapporto relativo alle denunce di contagio da Covid-19 nei luoghi di lavoro: sono oltre 28.000 i contagi di natura professionale e dobbiamo presumere che da questo computo siano stati esclusi i contagi contratti in itinere, ovvero nel compiere il percorso necessario per recarsi al lavoro. Di queste 28.000 denunce 98 sono stati purtroppo casi mortali. In questa conta prevalgono le donne che rappresentano il 71,1% dei casi mentre gli uomini sono il restante 28,9%. Le denunce riguardano in prevalenza operatori sanitari e socio-assistenziali: infermieri ed altre figure sanitarie 45,7% operatori socio-sanitari 18,9% medici 14,2% operatori assistenziali 6,2%. Questa statistica esclude i medici di base, i liberi professionisti ed i farmacisti in quanto categorie non assicurate con l'Inail, anche se tra le più esposte ed è pertanto ampiamente sottostimata.

Non si può fare a meno di notare che è stato preso in considerazione essenzialmente il comparto sanitario e di assistenza alla persona, ma ci chiediamo quanti altri casi di infezione, non considerati e non dimostrati come dovuti a causa di lavoro siano stati infezioni contratte sui treni o autobus per recarsi al lavoro o seguiti a contatti con il pubblico ed i colleghi nel corso dell'espletamento di mansioni lavorative diverse che di per sé non comportavano necessità di contatto con soggetti infetti. Di certo chi ha potuto chiudersi in casa e limitare ogni contatto l'ha scampata almeno fino ad ora.

Questo avviene inscrivendosi in un quadro generale che già vedeva quotidianamente caduti sul lavoro: nel rapporto di fine anno 2019 la stessa Inail conteggiava complessivamente 1.089 morti per lavoro nel corso dell'anno. Sono tre morti al giorno: uno stillicidio quotidiano, un martirio silenzioso che non fa neanche più notizia. A questi quest'anno dovremo aggiungere quelli che in più sono morti da infezione Covid contratta per causa di lavoro. La cosa drammatica è che si tratta sempre della punta dell'iceberg: da queste statistiche sono esclusi quelli che lavorano in nero, gli immigrati irregolari e tanti altri che sfuggono alle maglie delle statistiche ufficiali.

La vita non è un bene monetizzabile, la vita è un diritto inalienabile: siamo stanchi del martirio. Le riaperture devono avvenire in sicurezza e nel rispetto della salute e della vita dei lavoratori. Non si manda la gente al macello disarmata: la sicurezza del lavoro diventa un tema non più eludibile.

Oggi per la prima volta dal dopoguerra non ci saranno manifestazioni di piazza. Buon 1° maggio a tutti.

Commenti

  1. E' un post che spiega la mia tristezza in questo giorno che dovrebbe essere di festa.

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    1. Anch'io sono molto preoccupata Gus: speriamo bene.

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  2. Il problema è che la messa in sicurezza delle aziende non dovrebbe gravare esclusivamente sulle tasche degli imprenditori, già vessati da tasse e diminuzione del lavoro.
    Facile dire ai ristoratori, ad esempio, di sterilizzare tutto, piazzare obbrobriosi pannelli tra una seduta e l'altra, utilizzare tovaglie monouso e mille altre diavolerie, ma dove dovrebbero prendere i soldi dopo una chiusura di tre mesi e un futuro incerto quanto mai come ora?
    Insomma, è un disastro di dimensioni stratosferiche.
    Mi viene la pelle d'oca a pensarci.

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    1. La tua è una considerazione molto sensata, specie per ciò che riguarda le piccole imprese. Non ho idea Claudia, ma temo il gioco al massacro.

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  3. La sicurezza non va mai barattata, ci sono alcune aziende che pensano solo a fare profitti sulle spalle dei lavoratori. Non tutti gli imprenditori si chiamano Olivetti, basta vedere cosa è accaduto durante l'epidemia in Lombardia. Molte aziende non essenziali, hanno continuato a produrre, senza neanche i dpi per le maestranze.
    Il valore umano vieni prima di tutto.
    Sereno pomeriggio.

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  4. Cara Sfinge, per quanto cercano di f^dare sicurezza purtroppo le vittime ci sono sempre, un vero amaro destino.
    Ciao e buon primo maggio con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso 

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    1. Eh sì, ma il problema è che di solito non ci provano neanche a darla la sicurezza! Buon primo maggio anche a te Tomaso.

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  5. Concordo su tutto. Questo primo maggio non è sicuramente motivo di festa e l'idea che moltissime persone torneranno al lavoro senza tutele mi spaventa. Penso sinceramente che sia troppo presto per ricominciare e che bisognerebbe avere più rispetto delle vite altrui 😔

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    1. Lo credo anch'io Enrica: purtroppo sembra una situazione senza vie d'uscita.

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  6. E dimmi Sfinge: cosa proponi? Hai una visione così chiara delle criticità che penso tu abbia anche idea di cosa si potrebbe fare per limitare i rischi. Essendo una pendolare, che da lunedì rischierà nuovamente la vita come ha già fatto fino al 9 marzo, sono davvero interessata ad accogliere ogni possibile e fattibile soluzione. Buon Primo Maggio.

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    1. Cara Mariella non sono io che devo avanzare proposte: abbiamo una rappresentanza istituzionale profumatamente pagata per occuparsi di questo! Tuttavia credo che dovrebbe esservi una seria redistribuzione delle risorse: permettere ad un pendolare di viaggiare senza o con accettabili margini di rischio significa incrementare il numero delle corse e garantire sanificazioni frequenti dei mezzi. Evidentemente questo e molto altro comporta investimenti e richiede risorse economiche e di personale che andrebbero dirottate da altri settori non vitali. L'unico modo per riconoscere a tutti il diritto di vivere significa redistribuire la ricchezza e cambiare del tutto la scala di valori che ci ispira. Fino a quando questo non avviene, avrai il diritto di vivere solo se te lo puoi permettere: in fondo è già così da tempo, ma l'epidemia lo ha evidenziato.

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  7. La vedo brutta,chissà come ne usciremo!Buona serata,ciao

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    1. Ne usciremo Olga: l'ottimismo è della volontà ed avremo bisogno di molta volontà e determinazione per farcela.

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  8. Ciao, la sicurezza sul lavoro è regolamentata da una inutile babele di leggi e norme spesso in contrasto le une con le altre, leggi e norme spesso inutili, difficili da mettere in atto e costose. Poi dobbiamo aggiungere che spesso sono gli stessi lavoratori ad non osservarle, perché di intralcio al lavoro stesso.
    Non sono un esperto di infortunistica, ma credo che l'unica soluzione al problema, sarebbe quello di cancellare tutte queste normative e riscriverle con gli occhi del III millenio, ma non dai soliti politici ma dagli esperti:operai, tecnici e ingenieri.
    Ciao fulvio

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    1. Fulvio le norme sulla sicurezza vanno rispettate e chi dirige il lavoro ne è responsabile. Non gli piace tenere un caschetto o i guanti? Sanzioni, come si usa per altre cose: è questione di buone abitudini.

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