Scoperta Clinica degli orrori in Molise
Ieri i NAS hanno scoperto l'ennesima clinica degli orrori, una casa di cura per anziani e disabili di Montaquila (Isernia): l'indagine già avviata da circa un anno ha visto impegnati i NAS di Napoli, Salerno, Bari, Foggia e Campobasso. Sono state emesse 13 ordinanze di custodia cautelare dal Gip del tribunale di Isernia e disposto gli arresti domiciliari per diversi operatori sanitari e socio assistenziali tra cui uno specialista neurologo, titolare della residenza "protetta" nel cui ambito i degenti venivano sistematicamente abusati e costretti a subire maltrattamenti ed incuria.
Le imputazioni comprendono infatti le accuse per maltrattamenti, sequestro di persona, abbandono di incapace, lesioni e percosse.
Non solo i pazienti venivano segregati ed abusati fisicamente, ma mentre la residenza era autorizzata per persone anziane, ospitava invece anche persone giovani dai 25 ai 40 anni con disturbi psichici invalidanti e con un numero effettivo di degenze (180) superiore a quanto autorizzato ed effettivamente possibile per le caratteristiche della struttura ospitante.
Quanto alle condizioni di vita cui erano costretti gli ospiti della casa di cura la relazione dei NAS è raccapricciante: pazienti costretti ad assumere dosi massicce di sedativi tali da lasciarli in stato di sopore per l'intera giornata, chiusi a chiave nelle stanze senza possibilità di uscirne, costretti a dormire in stanze sporche su letti senza materassi e/o con lenzuola sporche di escrementi ed infine picchiati in caso di minima disobbedienza. Per vivere in queste condizioni ciascun degente (o la famiglia) pagava mensilmente una retta di 1.200 euro mensili!
Sono 32 le persone coinvolte nell'indagine tra medici, infermieri operatori sanitari, fisioterapisti ed assistenti sociali ed amministrativi.
Il ministro della salute, Beatrice Lorenzin dichiara:
"(...) non immaginavo che avremmo continuato a trovare situazioni di abuso gravissimi come questa" dopo la istituzione della task force, voluta nel 2013 a seguito dei primi scandali nel settore delle case di cura e di riposo private. In questo caso il titolare della casa di cura incriminata è anche sindaco della cittadina e pertanto autorità sanitaria locale: situazione che rende il tutto ancora più grave e sconcertante.
A questo punto tuttavia vale la pena di formulare almeno una sola riflessione: i servizi sanitari privati hanno (anche nel migliore dei casi o soltanto in altri casi) scopo di lucro. Chi possiede una clinica, una residenza protetta o una casa di cura evidentemente deve pagare il personale e ricavarne congrui se non lauti guadagni per sé.
Se alla chiusura dei manicomi come istituzioni totali dei servizi pubblici, non ha fatto immediatamente seguito l'apertura di tante piccole residenze protette sul territorio e se ancora oggi tali residenze risultano in numero insufficiente al fabbisogno, questo lo si deve appunto ad un problema di costi. Evidentemente è meno dispendioso raccogliere molti pazienti in un'unica struttura, piuttosto che pochi pazienti per ciascuna piccola residenza.
Naturalmente il privato che vuole guadagnare, nell'ottica di massimizzare il guadagno, risparmierà sul personale, sul cibo, sull'assistenza, sulle cure ai degenti ed avrà tutto l'interesse a raccoglierne quanti più possibile in spazi anche limitati, ricostruendo nel privato ciò che è illegale nel pubblico, ovvero piccole istituzioni manicomiali, all'interno delle quali si continueranno a consumare abusi.
Detto in parole semplici, c'è da prevedere che esistano ancora altre situazioni del genere, che si auspica vengano tutte scoperte e smontate, ma che continueranno a nascere ed esistere finché il servizio pubblico non sarà veramente in grado di farsi carico dell'assistenza sul territorio delle persone non autonome attraverso case famiglia e piccole residenze protette.
Queste strutture nel servizio pubblico si accetta che non siano immediatamente fonte di guadagno: come tutti i servizi di assistenza producono salute piuttosto che denaro.
La produzione di salute diviene poi a sua volta fonte di guadagni per lo Stato in termini di capacità lavorativa delle persone, ma quel tipo di produzione economica non ritorna direttamente alla struttura sanitaria, torna allo Stato, che per questo in una prospettiva minimamente lungimirante dovrebbe avere interesse a finanziare i servizi sanitari ....
Non resta che sperare che prima o poi qualcuno lo capisca.
Le imputazioni comprendono infatti le accuse per maltrattamenti, sequestro di persona, abbandono di incapace, lesioni e percosse.
Non solo i pazienti venivano segregati ed abusati fisicamente, ma mentre la residenza era autorizzata per persone anziane, ospitava invece anche persone giovani dai 25 ai 40 anni con disturbi psichici invalidanti e con un numero effettivo di degenze (180) superiore a quanto autorizzato ed effettivamente possibile per le caratteristiche della struttura ospitante.
Quanto alle condizioni di vita cui erano costretti gli ospiti della casa di cura la relazione dei NAS è raccapricciante: pazienti costretti ad assumere dosi massicce di sedativi tali da lasciarli in stato di sopore per l'intera giornata, chiusi a chiave nelle stanze senza possibilità di uscirne, costretti a dormire in stanze sporche su letti senza materassi e/o con lenzuola sporche di escrementi ed infine picchiati in caso di minima disobbedienza. Per vivere in queste condizioni ciascun degente (o la famiglia) pagava mensilmente una retta di 1.200 euro mensili!
Sono 32 le persone coinvolte nell'indagine tra medici, infermieri operatori sanitari, fisioterapisti ed assistenti sociali ed amministrativi.
Il ministro della salute, Beatrice Lorenzin dichiara:
"(...) non immaginavo che avremmo continuato a trovare situazioni di abuso gravissimi come questa" dopo la istituzione della task force, voluta nel 2013 a seguito dei primi scandali nel settore delle case di cura e di riposo private. In questo caso il titolare della casa di cura incriminata è anche sindaco della cittadina e pertanto autorità sanitaria locale: situazione che rende il tutto ancora più grave e sconcertante.
A questo punto tuttavia vale la pena di formulare almeno una sola riflessione: i servizi sanitari privati hanno (anche nel migliore dei casi o soltanto in altri casi) scopo di lucro. Chi possiede una clinica, una residenza protetta o una casa di cura evidentemente deve pagare il personale e ricavarne congrui se non lauti guadagni per sé.
Se alla chiusura dei manicomi come istituzioni totali dei servizi pubblici, non ha fatto immediatamente seguito l'apertura di tante piccole residenze protette sul territorio e se ancora oggi tali residenze risultano in numero insufficiente al fabbisogno, questo lo si deve appunto ad un problema di costi. Evidentemente è meno dispendioso raccogliere molti pazienti in un'unica struttura, piuttosto che pochi pazienti per ciascuna piccola residenza.
Naturalmente il privato che vuole guadagnare, nell'ottica di massimizzare il guadagno, risparmierà sul personale, sul cibo, sull'assistenza, sulle cure ai degenti ed avrà tutto l'interesse a raccoglierne quanti più possibile in spazi anche limitati, ricostruendo nel privato ciò che è illegale nel pubblico, ovvero piccole istituzioni manicomiali, all'interno delle quali si continueranno a consumare abusi.
Detto in parole semplici, c'è da prevedere che esistano ancora altre situazioni del genere, che si auspica vengano tutte scoperte e smontate, ma che continueranno a nascere ed esistere finché il servizio pubblico non sarà veramente in grado di farsi carico dell'assistenza sul territorio delle persone non autonome attraverso case famiglia e piccole residenze protette.
Queste strutture nel servizio pubblico si accetta che non siano immediatamente fonte di guadagno: come tutti i servizi di assistenza producono salute piuttosto che denaro.
La produzione di salute diviene poi a sua volta fonte di guadagni per lo Stato in termini di capacità lavorativa delle persone, ma quel tipo di produzione economica non ritorna direttamente alla struttura sanitaria, torna allo Stato, che per questo in una prospettiva minimamente lungimirante dovrebbe avere interesse a finanziare i servizi sanitari ....
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