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Cos'è l'empatia e come conquistarla

Se io dico che una persona che si sente al sicuro può "permettersi il lusso" di essere empatica, mentre all'opposto chi si trova a disagio in una posizione soggettiva di diffidenza ed oggettiva di rischio, non può riuscire ad essere empatico perché ha bisogno di restare concentrato su se stesso per tutelarsi e difendersi, ho certamente affermato qualcosa che appare scontato sul piano logico e che di fatto accade abitualmente nelle situazioni sociali.
Eppure questa affermazione contiene una referenzialità a se stessi nella propria capacità empatica che non a tutti è altrettanto chiara, ma andiamo con ordine: cosa si intende per empatia?

Ci si riferisce di solito alla capacità di partecipare profondamente, immedesimandovisi, alle emozioni altrui: qualcosa che coinvolge il piano emotivo in una forma di comprensione che include, ma non si limita all'aspetto cognitivo del capire.

L'empatia implica dunque considerazione dell'altro, percezione della simiglianza umana profonda e condivisione di uno o più sentimenti espressi o comunque comunicatici dall'altro in un dato momento. La solidarietà di solito scaturisce dall'empatia ed è un dato acquisito che noi tutti ne siamo capaci   verso qualcuno, così come è risaputo che siamo capaci di intensi vissuti empatici verso le persone che ci sono care o che comunque conosciamo, mentre per molti è facile rimanere indifferenti rispetto alle emozioni ed alla sofferenza di persone del tutto estranee. Alcuni possono ritenere che questo dipende dall'altra persona e da ciò che specificamente essa rappresenta per noi, ma questa è solo una parte della verità.

Questa diversificazione del nostro comportamento fra persone familiari ed estranee è stata recentemente messa in correlazione con l'aumento dello stress (quello che sopra abbiamo chiamato diffidenza e rischio) che normalmente si verifica in presenza di sconosciuti: la cosa è stata studiata e confermata sperimentalmente sia in gruppi di topi che in gruppi di studenti.
La ricerca è stata svolta da Jeffrey Mogil e collaboratori presso la McGill University ed i risultati del lavoro sono stati pubblicati sul numero della rivista Current Biology di questo mese: è stato osservato nei topi che i livelli di stress nelle coppie di estranei sono più elevati rispetto sia alle coppie familiari che ai topini soli e questo suggerisce che la mancanza di empatia al dolore dell'altro nel caso di estranei, possa essere dovuta appunto allo stress.

In seguito si è sperimentato sia sui topi che su persone umane la somministrazione di farmaci capaci di bloccare la sintesi di glucocorticoidi e/o di inibire i recettori dei mineralcorticoidi e glucocorticoidi, valutandone di seguito la risposta empatica di fronte al dolore di un estraneo. Sia per i topi che per le persone, smorzando lo stress, è stato possibile osservare una maggiore empatia anche verso gli estranei.
Ciò che sembrava intuitivamente scontato è dunque confermato sperimentalmente: per essere empatici bisogna sentirsi sicuri e fiduciosi, vale a dire o molto giovani ed ingenui, pertanto ignari delle insidie e delle possibili cattive intenzioni altrui, oppure molto forti interiormente e capaci di cogliere, affrontare e reggere tali insidie, possedendone consapevolezza...

La mancanza di empatia nasce dalla diffidenza e dalla paura dell'altro, la capacità empatica invece deriva dalla sicurezza, che non necessariamente significa credere nella bontà dell'altro, ma piuttosto credere nella propria capacità di farvi comunque fronte, chiunque egli sia: è la fiducia in se stessi che permette di essere empatici e solidali.
Il miglioramento della capacità empatica in questo studio sperimentale poteva essere ottenuto non solo farmacologicamente, ma anche attraverso la semplice condivisione di una esperienza sociale con le persone estranee, come il gioco del video game Rock Band, vale a dire acquisendo in modo naturale confidenza e sicurezza...

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