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Protesi bionica della mano: realizzati i primi tre interventi

La notizia, all'apparenza fantascientifica, è stata pubblicata ieri on line dalla rivista The Lancet e si tratta in effetti di una tecnica innovativa, che, in determinate condizioni, consente l'impianto di una protesi i cui movimenti vengono programmati ed ordinati mentalmente, col pensiero in effetti, come si comanda il movimento di qualsiasi muscolo del corpo.
Ideatori del dispositivo ed autori della sperimentazione sono Oskar C Aszman e Dario Farina: la protesi è stata sperimentata con successo su tre pazienti che avevano perso l'uso della mano in seguito a lesioni traumatiche del plesso brachiale. Il plesso brachiale, per i non addetti ai lavori, è un intreccio di radici nervose provenienti dal midollo spinale, collocate all'altezza del cavo ascellare e dal quale poi si dipanano i tronchi nevosi destinati all'arto superiore: in alcuni casi queste radici possono essere danneggiate per traumi accidentali e ne consegue una paresi o paralisi di diversa gravità (a seconda del danno riportato) all'arto superiore, il più delle volte con grave compromissione alla parte distale, ovvero della funzionalità della mano.
Esiste la possibilità di tentare chirurgicamente innesti nervosi o trasferimenti tendinei per riottenere la mobilità della muscolatura denervata, ma non sempre queste tecniche sortiscono risultati soddisfacenti, in base anche al tipo di lesione trattata.

Aszman e Farina hanno agito diversamente: la loro sperimentazione è stata condotta tra aprile 2011 e maggio 2014 su tre pazienti che avevano riportato lesioni del plesso brachiale, incluse anche avulsioni radicolari minori. In una prima fase si è proceduto ad una valutazione elettromiografica nei distretti muscolari compromessi: l'elettromiografia consente di registrare anche piccole contrazioni muscolari prodotte dalla stimolazione nervosa. In altre parole ci si è assicurati che esistesse un residuo di innervazione, seppure esiguo ed insufficiente a produrre i movimenti della mano, quindi si è proceduto ad allenare questa funzione di comando all'arto paretico. Nella seconda fase è stata amputata la mano paretica, provvedendo poi alla sua sostituzione con la protesi ed infine l'iter si è concluso con un periodo di ulteriore riabilitazione ed allenamento all'uso corretto della mano "bionica".
I segnali nervosi residui sono stati collegati alla protesi attraverso un sistema complesso e capace di amplificarli ed utilizzarli per muovere correttamente la mano "bionica": la funzionalità protesica nei tre pazienti è stata misurata con l'ARAT (Action Research Arm Test) ed i punteggi sono migliorati da 5 a 30 inoltre  miglioramenti simili sono stati registrati anche con le altre procedure di valutazione utilizzate. Il grado di disabilità di spalla, braccio e mano si è ridotto da punteggi iniziali di 46 al livello molto più basso di 11.

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