La leggenda del Che e l'esame della storia.
Ai tempi della scuola, quando ancora esistevano una scuola ed un movimento studentesco, quando ancora si credeva che gli studi e la cultura potessero rappresentare strumenti di emancipazione e riscatto, quando i cancelli delle Università vennero aperti a tutte le classi sociali, ecco proprio allora avevamo tutti il poster del Che nelle nostre camerette.
Rosso come la passione dei nostri sogni e la speranza di un futuro più giusto, libero da povertà e discriminazioni, magari anche pensato ed immaginato con l'approssimazione di un desiderio e di una speranza non ancora concretizzata. La voglia di battersi per impadronirsi della propria vita e del proprio futuro, gli ideali anche ingenui se si vuole, ma sostenuti da una fede entusiasta.
La cultura era un valore ed un diritto e chi voleva discutere di politica doveva avere studiato la storia, la filosofia e l'economia.
Molti ci spendevano il tempo libero a documentarsi ed a capire, non tutti certo: tanti erano quelli solo affascinati dall'eroismo del combattente e dalla magia di quella parola, che ancora avvince e chiama in piazza milioni di persone nel mondo.
La libertà naturalmente e quando si parlava di libertà ciascuno vi proiettava su, come su di un enorme lenzuolo bianco, le proprie ribellioni, familiari, generazionali, ideali ... ma c'erano idee ed ambizioni e cresceva la cultura nelle giovani generazioni.
Tutto questo ha smesso semplicemente di esistere: la generazione che voleva migliorare il mondo non è riuscita ad investire sul futuro e sui propri figli!
La scuola è stata massacrata, l'avvenire dei giovani derubato, la giustizia sociale sempre più lontana, anzi le disparità economiche e sociali si acuiscono di anno in anno e le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza peggiorano, come testimoniato da tutte le analisi sociali ed economiche di qualsivoglia fonte.
La massima ambizione di un giovane oggi è riuscire a lavorare ed avere di che vivere ma la cosa è difficile, utopistica con i tempi che corrono.
Che un ideale si sia rivelato una utopia è un conto amaro certo e tuttavia possibile da analizzare e discutere, ma che sopravvivere sia una utopia per un ragazzo di oggi, peraltro trascurato nella sua formazione educativa e culturale non è accettabile ...
Forse non è inutile avere delle idee: le idee sono un motore e possono trainare potentemente, come di fatto è sempre accaduto, per qualsiasi progresso e qualsiasi creazione o scoperta.
Io non credo che nessuno di noi voglia dire ai suoi figli che lo scopo della vita è sopravvivere, ma che riuscirci è una utopia, perché questo è oggi il risultato di una società fondata sull'unico valore della ricchezza e del denaro, unica divinità riconosciuta ed adorata.
La caratteristica del materialismo storico era proprio quella di smontare le mistificazioni, mettendo a nudo quanto da sempre è sotteso al divenire nella storia della umanità (ivi comprese le guerre e le organizzazioni delle strutture sociali ed istituzionali) ovvero la ragione economica in primis, ma l'averlo inquadrato a fuoco non dovrebbe costituire un limite, quanto piuttosto una consapevolezza che dischiude la possibilità di scelta.
Si, perché la scelta nasce dalla consapevolezza: forse è giunto il momento di umanizzare questa civiltà introducendo altri valori ed altre idee che ripristinino la centralità della persona umana e non è necessario fare appello ad un credo religioso o a romantiche fedi politiche: basterebbe ricordarsi che siamo animali di branco e che i valori della solidarietà, del reciproco soccorso e della capacità di immedesimarsi ed identificarsi nel prossimo sono parte della nostra istintualità più ancestrale, tanto quanto l'egoismo e l'istinto di sopravvivenza individuale. Basterebbe ricordarsi che esiste un istinto di conservazione della specie, che in un'ottica lungimirante dovrebbe indurci a proteggere i nostri figli e tutti i nostri simili insieme con la natura nella quale viviamo immersi e dalla quale traiamo le risorse per stare al mondo.
Basterebbe riconoscere che è la limitazione degli orizzonti e l'incapacità di vedere al di là del proprio naso, cioè oltre se stessi (la stupidità per dirla in breve) che ci ha condotto nella situazione di crisi senza sbocco nella quale ci siamo impantanati.
Come chiameremo il ritorno delle idee? Lo chiameremo ancora comunismo?
Qualunque nome vorremo dargli, la creatura ancora non è nata e non porta il nome di nessuno dei partiti e dei movimenti politici oggi esistenti ...
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