Ragazzacci e ragazzini
… i due giovani avanzavano sul sentiero polveroso. Il paesaggio intorno non era che terra riarsa e all’orizzonte sembrava confondersi in una nebbiolina opaca e sottile che impercettibilmente digradava nel cielo, sbiadito anche quello: il sole sembrava dileguato, ma persisteva una luce biancastra a sfumare i contorni. Nessuno dei due si guardava intorno, nessuno parlava. I due procedevano allineati nel passo, ma discosti l’uno dall’altro, uno più asciutto e di corporatura minuta, l’altro un ragazzone robusto, bruno coi sopraccigli folti aggrottati, quasi che davvero pensasse qualcosa.
Tradiva, nell’atteggiamento stirato del labbro, la noia del cammino, ma restava ben dritto, lo sguardo intento in avanti, ondeggiando mollemente le gambe e appena un poco le braccia, ogni tanto andava grattandosi al colletto e lo scostava dalla pelle sudata. La giornata era ancora molto calda e si respirava a fatica. Il compagno, più svelto, teneva il passo dell’andatura trastullandosi a scalciare qualcosa in giro e, senza saper che fare delle sue mani, finì per infilarle nelle tasche, ad ogni passo sembrava volesse lanciare i piedi chissà dove ed a scatti sollevava il capo rigirandosi qua e là. Finalmente dal bianchiccio circostante cominciò ad emergere una macchia più scura che saliva in alto, al di sopra del campo: le luci, già accese all’interno, creavano nell’aria pesante un alone iridescente. Il piccolo drizzò il collo, quello grosso stirò un po’ più il labbro, quasi fosse un sorriso …
Non aveva fame, ma pensò alle solite mura, l’appendiabiti, le sedie, il tavolo, le mensole con le suppellettili ben spolverate al loro posto, gli odori della cucina … aveva bisogno di lavarsi: il sudore mescolato alla polvere della strada gli stava appiccicato addosso come una specie di fanghiglia che aveva chiazzato la camicia con grosse macchie dove grigie e dove marroni, poi quelle sbavature addosso.
Tutto era cominciato per scherzo: chi credeva di essere quel ragazzino? E perché si era ostinato anche lui a quel modo? Ma lui glie l’aveva fatta vedere, e sì che l’aveva fatto piangere ed urlare, sorrise impercettibilmente, con disprezzo. Il piccoletto, intanto sembrava protendersi avanti, gli occhi ben spalancati. Gli era rimasto qualcosa sotto le unghie, ma si sarebbe ripulito prima di sedersi a tavola, gli balenò fugacemente l’immagine di quello sguardo perso, smarrito e colmo di terrore: l’eccitazione che gli aveva messo addosso e la gioia selvaggia che aveva sentito, una rabbia che poteva sopraffare qualsiasi paura. Lui era il più forte. Però poi la paura lo aveva preso di nuovo ed avevano dovuto faticare un bel pò, lui ed il suo amico, e perdere parecchio tempo per nascondere bene il corpo: non gli era sembrato, prima, che potesse pesare tanto … Ma ora era tutto risolto e nessuno avrebbe mai più potuto ritrovarlo. Sparisce tanta gente, proprio poco distante c’era un accampamento di zingari, quelli, si sa che spesso rubano i ragazzini per mandarli a chiedere elemosine.
Lanciò uno sguardo appensivo al compagno: ma no, neanche lui avrebbe mai parlato.
Commenti
Posta un commento
Allora? Vuoi dirmi che ne pensi?
Grazie per ogni contributo, tieni solo presente che:
* I commenti non inerenti l'argomento del post verranno considerati messaggi personali e privati.
** I commenti contenenti link verranno considerati spam.
*** I commenti contenenti insulti, volgarità e/o attacchi personali a chiunque, non verranno affatto considerati.
I tre generi di commenti sopra elencati non saranno pubblicati o, se erroneamente pubblicati, verranno rimossi appena possibile.
Grazie a tutti per la lettura ed il tempo dedicato al post.
Grazie a quelli che lasceranno una traccia del loro pensiero.