I quattro nomi del razzismo e la loro funzione nell'omeostasi sociale
Parliamo di razzismo nella sua accezione più ampia, ovvero di ogni forma di disprezzo pregiudiziale espresso più o meno esplicitamente da un individuo o da gruppi di persone contro un altro individuo o gruppo/i di essi. Il significato esteso del razzismo include quindi:
- il razzismo vero e proprio, nel senso ristretto del termine, ovvero il pregiudizio che colpisce l'estraneo in quanto persona appartenente ad una differente etnia e cultura, cosa che può o meno comportare anche la presenza di specifici tratti somatici propri di una razza (caucasici, mongolidi, africani e quante più se ne inventino) legati al colore della pelle, statura media, fisionomia (il taglio degli occhi in particolare) ed altre caratteristiche. All'interno di questa categoria potremmo includere anche forme di razzismo legate ad una specifica collocazione geografica, come ad esempio l'antimeridionalismo.
- il sessismo, connotato dalla pregiudiziale svalutazione di un sesso rispetto all'altro, unicamente in base all'appartenenza di genere.
- l'omofobia, che potremmo considerare un sottoprodotto del sessismo, caratterizzata dal disprezzo per le persone che non si identificano nel proprio sesso biologico.
- il classismo, vale a dire il disprezzo che le persone appartenenti ai ceti più abbienti esibiscono verso i poveri o comunque le classi sociali meno ricche e potenti.
In tutti questi casi le dinamiche in gioco sono abbastanza simili tra loro fondate su alcune asserzioni appunto pregiudiziali, che in linguaggio matematico sarebbero definibili come postulati.
I postulati del razzista:
- "Io sono superiore, gli altri sono esseri inferiori"
- "Io ho il diritto di disprezzare, insultare e sopraffare le creature inferiori e ne ricevo gratificazione e consenso nel mio gruppo"
- "la sopraffazione di chi è inferiore dimostra la mia forza e la mia superiorità, quindi è un atto più che lecito: dovuto a me stesso ed al mio gruppo di appartenenza"
Da questo si comprende che il razzismo si profila prevalentemente come atteggiamento di un gruppo umano verso altri, ma soprattutto si nutre, si rinforza e tende a perpetuarsi grazie proprio alla convalida sociale: si tratta quindi di un meccanismo che riconosce le proprie origini all'interno delle dinamiche proprie di alcuni tipi di aggregati di individui. A questo punto quindi ci interessa comprendere quale è la tipologia organizzativa sociale che maggiormente favorisce la nascita ed il mantenimento del razzismo.
Come sappiamo l'esigenza di aggregazione nella specie umana nasce in quanto il gruppo rappresenta uno strumento di forza in qualsivoglia genere di azione ed anche un rifugio protetto cioè un contesto all'interno del quale ci si può sentire al sicuro da pericoli. A queste funzioni molto concrete e primitive vanno sommate le altre più specificamente umane, ovvero i bisogni di comunicare ed investire la propria affettività.
Ciascun gruppo ha una propria struttura organizzativa interna, solitamente espressa in una scala gerarchica, che, in quanto tale, privilegia alcuni membri rispetto ad altri.
La definizione di ruoli e funzioni all'interno di un aggregato umano può essere più o meno elastica: questo aspetto della elasticità, ovvero del margine di interscambiabilità e/o di interpretazione dei ruoli piuttosto che la sua rigidità relativa tanto alla assunzione di un ruolo, quanto alla sua lettura e modalità espressiva, generalmente rappresenta insieme con la condizione o meno di benessere ( anche materiale) all'interno del gruppo, un indicatore abbastanza fedele del coefficiente di razzismo che quel gruppo può riuscire ad esprimere.
Credo sia condivisa universalmente l'idea che l'impoverimento sia coniugato alla necessità di una organizzazione più rigida essendo questa una modalità che consente a chi è privilegiato all'interno della struttura di conservare con maggiore sicurezza il proprio privilegio.
Ugualmente è nozione comune che i contesti e le persone che per vari motivi accumulano vissuti di odio, rabbia ed insoddisfazione sono gli elementi più vulnerabili che facilmente cedono alle suggestioni del razzismo, essendo abbastanza semplice convogliare i sentimenti negativi sul diverso e/o l'estraneo, impedendo che essi possano invece esplodere all'interno del gruppo e scompaginarne la struttura.
La logica razzista, sostanzialmente simile alla dinamica espulsiva del capro espiatorio nelle società primitive tribali, implica alcuni vantaggi:
- le pulsioni distruttive dei singoli membri vengono spostate ed agite all'esterno, in modo da non danneggiare il gruppo e gli individui che lo compongono;
- offre una gratificazione (mistificatoria, ma efficace) ai membri collocati più in basso nella struttura gerarchica interna al gruppo, i quali, ancorché miseri e sfortunati, riescono finalmente a sentirsi superiori a qualcun altro in modo da sostenersi in una immagine di sé positiva e privilegiata;
- rinforza la coesione del gruppo barattando come ideale moneta di scambio la presunta superiorità della appartenenza ad esso, oltre che a stabilire e consolidare rapporti di complicità ed alleanze interne funzionali alla lotta al diverso. Questo corrisponde al cosiddetto meccanismo di coalizione contro, spesso operante in macro e micro gruppi a diversi livelli.
In breve si tratta di un meccanismo fondamentalmente mirato al mantenimento di uno status quo dove gli aspetti negativi ed insoddisfacenti vengono proiettati all'esterno così da eludere ogni dialettica interna al gruppo. La necessità di eludere le dialettiche ed i conflitti interni corrisponde di solito alle strutture più rigide e ad impronta maggiormente persecutoria, dove cioè ogni malessere ed ogni violenza rotolano come macigni dall'alto verso il basso, ovvero dal più forte al più debole in forza di una legge ineluttabile quanto quella di gravità, fino a scaricarsi all'esterno, schiacciando l'estraneo, il diverso, sia esso persona di colore, omosessuale, zingaro ...
Riuscire ad esercitare per un minimo il proprio senso critico ... sarebbe poi un altro discorso, ma per quello è necessaria una certa elasticità che come abbiamo visto al razzista manca ... per definizione.
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