Sarà un antidepressivo a curare l'Alzheimer?
Forse non tutti ricordano che alcuni mesi addietro si è parlato di uno studio che sembrava svelare nuovi campi di applicazione per gli antidepressivi nel trattamento del ritardo mentale che si accompagna alla sindrome di Down: quello studio era stato svolto utilizzando la Fluoxetina e speriamo che gli sviluppi futuri ne confermino la possibilità di applicazione anche in campo umano. Ora è stato realizzato di recente un altro studio con il Citalopram, un altro antidepressivo, il cui meccanismo d'azione è simile alla fluoxetina: blocca la ricaptazione della serotonina, aumentandone quindi la concentrazione negli spazi sinaptici (i punti di contatto tra cellule nervose, dove si trasmettono i messaggi da una cellula all'altra).
Quest'ultimo studio sembra avere dimostrato che l'antidepressivo rallenta il decadimento cognitivo nella malattia di Alzheimer, riducendo la formazione di sostanza amiloide, responsabile delle placche tipiche della degenerazione cerebrale dell'Alzheimer.
La ricerca è della Università di S. Luis (USA) e guidata da John Cirrito: gli studiosi hanno sperimentato la somministrazione dell'antidepressivo nei topi con un disturbo equivalente all'Alzheimer umano, rilevando che il farmaco era effettivamente in grado di ridurre significativamente l'accumulo di
placche amiloidi
La beta amiloide è una sostanza normalmente presente nel tessuto nervoso, ma che nella malattia si accumula formando delle placche cerebrali responsabili del deterioramento cognitivo presente nell'Alzheimer.
Lo studio è in corso già da alcuni anni: inizialmente un gruppo di topi è stato manipolato geneticamente perché sviluppasse la degenerazione cerebrale simile all'Alzheimer in vecchiaia, quindi in una parte di essi è stato somministrato il farmaco e monitorata la crescita delle placche con tecniche di imaging: l'accumulo nei topi trattati farmacologicamente risultava ridotto del 78% rispetto a quelli non trattati con l'antidepressivo.
In una sperimentazione successiva, inoltre, l'efficacia del farmaco nel ridurre la produzione di beta amiloide è stata testata su 23 volontari sani di età compresa tra i 18 ed i 50 anni: l'esame del liquor cefalorachidiano nelle 24 ore successive alla somministrazione del farmaco ha dimostrato una riduzione della concentrazione di beta amiloide del 37%.
Secondo i ricercatori questi risultati sono promettenti, per cui sembra sia programmata in via sperimentale la somministrazione di antidepressivi per due settimane in adulti anziani per confermare la possibilità di diminuzione della beta amiloide nel liquor.
Probabilmente saranno necessari altri studi e conferme per valutare l'effettiva utilità degli antidepressivi nella patologia prodotta dall'Alzheimer.
Non sarebbe la prima volta che un farmaco nato per curare altro trovi poi ulteriori campi di applicazione: basti pensare al'uso che si fa dell'aspirina come antiaggregante, mentre inizialmente veniva solo usata come antalgico, né dovremmo dimenticare che a partire da alcuni antibiotici antitubercolari (isoniazide) sono nati i primi farmaci antidepressivi.
Quest'ultimo studio sembra avere dimostrato che l'antidepressivo rallenta il decadimento cognitivo nella malattia di Alzheimer, riducendo la formazione di sostanza amiloide, responsabile delle placche tipiche della degenerazione cerebrale dell'Alzheimer.
La ricerca è della Università di S. Luis (USA) e guidata da John Cirrito: gli studiosi hanno sperimentato la somministrazione dell'antidepressivo nei topi con un disturbo equivalente all'Alzheimer umano, rilevando che il farmaco era effettivamente in grado di ridurre significativamente l'accumulo di
placche amiloidi
La beta amiloide è una sostanza normalmente presente nel tessuto nervoso, ma che nella malattia si accumula formando delle placche cerebrali responsabili del deterioramento cognitivo presente nell'Alzheimer.
Lo studio è in corso già da alcuni anni: inizialmente un gruppo di topi è stato manipolato geneticamente perché sviluppasse la degenerazione cerebrale simile all'Alzheimer in vecchiaia, quindi in una parte di essi è stato somministrato il farmaco e monitorata la crescita delle placche con tecniche di imaging: l'accumulo nei topi trattati farmacologicamente risultava ridotto del 78% rispetto a quelli non trattati con l'antidepressivo.
In una sperimentazione successiva, inoltre, l'efficacia del farmaco nel ridurre la produzione di beta amiloide è stata testata su 23 volontari sani di età compresa tra i 18 ed i 50 anni: l'esame del liquor cefalorachidiano nelle 24 ore successive alla somministrazione del farmaco ha dimostrato una riduzione della concentrazione di beta amiloide del 37%.
Secondo i ricercatori questi risultati sono promettenti, per cui sembra sia programmata in via sperimentale la somministrazione di antidepressivi per due settimane in adulti anziani per confermare la possibilità di diminuzione della beta amiloide nel liquor.
Probabilmente saranno necessari altri studi e conferme per valutare l'effettiva utilità degli antidepressivi nella patologia prodotta dall'Alzheimer.
Non sarebbe la prima volta che un farmaco nato per curare altro trovi poi ulteriori campi di applicazione: basti pensare al'uso che si fa dell'aspirina come antiaggregante, mentre inizialmente veniva solo usata come antalgico, né dovremmo dimenticare che a partire da alcuni antibiotici antitubercolari (isoniazide) sono nati i primi farmaci antidepressivi.
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