Il gene della longevità: Kloto
L'uomo non demorde, a dire il vero sono gli scienziati che non si arrendono, perciò continuano a moltiplicarsi le ricerche che gravitano intorno al grande mito dell'immaginario collettivo condiviso dalla intera umanità, vale a dire come fermare l'invecchiamento e prolungare la durata della vita.
Parliamo dell'instancabile ricerca, se non proprio del famoso elisir o della pietra filosofale, almeno di qualcosa che gli assomigli: l'ultimo lavoro pubblicato in merito sulla rivista Cell riguarda un gene denominato Kloto, che in una delle sue varianti, sarebbe in grado di prevenire il deterioramento cognitivo e di aumentare la durata della vita.
Lo studio è stato condotto da Dena B. Dubal e Lennart Mucke negli USA con il supporto del National Institute of Health.
Secondo gli studiosi le persone che presentano una particolare variante genetica KL-VS del gene Klothosono meno esposte al rischio di ictus e vivono più a lungo: inizialmente sono stati testati apprendimento, memoria ed attenzione di 700 soggetti sani senza alcun segno di demenza, di età compresa tra i 52 e gli 85 anni in tre studi consecutivi.
La variante KL-VS del gene studiato era presente nel 20-25% dei soggetti (distribuzione media compatibile con quanto già rilevato in altri studi precedenti) che hanno eseguito le prove con risultati migliori degli altri. Questo gene è responsabile della codificazione di una proteina prodotta essenzialmente nel rene, nella placenta, nell’intestino e nella prostata: la presenza della copia KL-VS comporta un aumento della proteina corrispondente nel sangue, come è stato rilevato nel corso dello studio con gli esami ematologici. L’abbassamento dei livelli ematici di proteina Klotho inoltre sembrava coniugarsi ad un decadimento cognitivo. La cosa suggeriva che effettivamente la variante genetica e la proteina corrispondente potessero funzionare da fattori di protezione contro l’invecchiamento cerebrale.
Una verifica sperimentale è stata ottenuta attraverso uno studio sui topolini ai quali sono state indotte modificazioni genetiche tali da comportare una maggiore produzione di proteina Klotho: i topini trattati in questo modo vivevano più a lungo e esprimevano migliori capacità di apprendimento e memoria, valutate con test specifici (velocità di rammentare un percorso all’interno di un labirinto). Questo gruppo di topi presentava sia livelli ematici più elevati di proteina, che maggiore concentrazione di questa sostanza nell’ippocampo cerebrale, una zona del cervello comunemente connessa con le funzioni di memoria ed orientamento spaziale: l’ipotesi è che la proteina studiata svolga una azione protettiva sulle sinapsi, ovvero i collegamenti tra le cellule nervose, dell’ippocampo, arricchendole di recettori per il loro mediatore specifico, cioè la sostanza chimica che trasmette il messaggio tra le terminazioni nervose.
In questo caso sarebbero interessati soprattutto i recettori per il glutammato.
Come sarebbe interessante verificare la presenza di klotho nelle sinapsi di politici e saltimbanchi ... Buona giornata Clara !
RispondiElimina:-D ti sei svegliato in forma Nino!! Buona giornata anche a te ;-)
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