Perché l'ISS si occupa della frivola moda tattoo
Qualche giorno fa sono stati comunicati i risultati dell'indagine condotta dall'Istituto Superiore di Sanità sulla diffusione della moda dei tatuaggi in Italia.
Come mai l'ISS si occupa di un argomento apparentemente così leggero come una moda?
Il fatto è che una volta i tatuaggi erano appannaggio di strette cerchie di persone, prevalentemente di sesso maschile e ne connotavano l'appartenenza a specifiche categorie: si trattava per lo più di marinai, camionisti, ma anche membri di bande e/o gruppi chiusi, oggi invece, a dispetto di quanti considerano buchi, piercing e tatuaggi abitudini tribali e primitive, le pratiche di decorazione del corpo con questi strumenti si sono andate diffondendo sempre più fino a diventare un problema di rilevanza sanitaria.
I dati presentati dall'ISS sono i risultati di una indagine condotta su un campione di 8000 persone selezionate in modo da renderle rappresentative di tutta la popolazione italiana di età pari o superiore ai 12 anni: il 12,8% di questa popolazione ha uno o più tatuaggi.
I tatuatori sono persone che non hanno una specifica formazione sanitaria ed è questo il motivo per il quale si rende necessaria una normativa precisa che garantisca la sicurezza igienica del tatuaggio, trattandosi di una pratica che in mancanza del rispetto di determinate regole, può veicolare infezioni e malattie anche gravi.
La maggior parte delle persone utilizza il tatuaggio a scopo puramente decorativo, in una minima percentuale di casi (0,5%) per scopi medici, mentre nel 3% dei casi si tratta del cosiddetto trucco permanente. Contrariamente al passato, la moda del tatuaggio è più diffusa tra le donne (13,8%) e meno tra gli uomini (11,7) per lo più scelgono di tatuarsi persone di età compresa tra i 25 ed i 44 anni con picco di frequenza tra i 35 ed i 44, ma anche una consistente percentuale di giovanissimi si sottopone al rito del tatuaggio: secondo l'ISS il 7,7% dei minorenni nel campione esaminato hanno un tatuaggio.
I rischi per la salute
Tra coloro che si sono tatuati, il 76,1% si è rivolta ad un centro specializzato, il 9,1% ad un centro estetico, ma addirittura il 13,4% si è fatto tatuare al di fuori di centri autorizzati: questa evidentemente è la fascia di maggiore rischio, inoltre risulta che il 22% di coloro che si sono tatuati non hanno firmato alcun consenso informato, dato rilevante sul piano giuridico e sanitario, specie per i minori che dovrebbero ottenere il consenso dai genitori.
Solo il 41,7% dei tatuati dimostra una reale consapevolezza dei rischi e controindicazioni della pratica e la conoscenza dei rischi riguarda la possibilità di reazioni allergiche, di infezione da epatite ed erpes. Nel 3,3% dei casi nel campione intervistato, sono state dichiarate reazioni avverse, quali infezioni e formazione di pus, granulomi, allergie ed ispessimento cutaneo.
Come mai l'ISS si occupa di un argomento apparentemente così leggero come una moda?
Il fatto è che una volta i tatuaggi erano appannaggio di strette cerchie di persone, prevalentemente di sesso maschile e ne connotavano l'appartenenza a specifiche categorie: si trattava per lo più di marinai, camionisti, ma anche membri di bande e/o gruppi chiusi, oggi invece, a dispetto di quanti considerano buchi, piercing e tatuaggi abitudini tribali e primitive, le pratiche di decorazione del corpo con questi strumenti si sono andate diffondendo sempre più fino a diventare un problema di rilevanza sanitaria.
I dati presentati dall'ISS sono i risultati di una indagine condotta su un campione di 8000 persone selezionate in modo da renderle rappresentative di tutta la popolazione italiana di età pari o superiore ai 12 anni: il 12,8% di questa popolazione ha uno o più tatuaggi.
I tatuatori sono persone che non hanno una specifica formazione sanitaria ed è questo il motivo per il quale si rende necessaria una normativa precisa che garantisca la sicurezza igienica del tatuaggio, trattandosi di una pratica che in mancanza del rispetto di determinate regole, può veicolare infezioni e malattie anche gravi.
La maggior parte delle persone utilizza il tatuaggio a scopo puramente decorativo, in una minima percentuale di casi (0,5%) per scopi medici, mentre nel 3% dei casi si tratta del cosiddetto trucco permanente. Contrariamente al passato, la moda del tatuaggio è più diffusa tra le donne (13,8%) e meno tra gli uomini (11,7) per lo più scelgono di tatuarsi persone di età compresa tra i 25 ed i 44 anni con picco di frequenza tra i 35 ed i 44, ma anche una consistente percentuale di giovanissimi si sottopone al rito del tatuaggio: secondo l'ISS il 7,7% dei minorenni nel campione esaminato hanno un tatuaggio.
I rischi per la salute
Tra coloro che si sono tatuati, il 76,1% si è rivolta ad un centro specializzato, il 9,1% ad un centro estetico, ma addirittura il 13,4% si è fatto tatuare al di fuori di centri autorizzati: questa evidentemente è la fascia di maggiore rischio, inoltre risulta che il 22% di coloro che si sono tatuati non hanno firmato alcun consenso informato, dato rilevante sul piano giuridico e sanitario, specie per i minori che dovrebbero ottenere il consenso dai genitori.
Solo il 41,7% dei tatuati dimostra una reale consapevolezza dei rischi e controindicazioni della pratica e la conoscenza dei rischi riguarda la possibilità di reazioni allergiche, di infezione da epatite ed erpes. Nel 3,3% dei casi nel campione intervistato, sono state dichiarate reazioni avverse, quali infezioni e formazione di pus, granulomi, allergie ed ispessimento cutaneo.
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