Lei era consenziente
Era lucida: quella lucidità un po' surreale che ti sgombra completamente la mente, lasciandovi solo le immagini al rallentatore a riprodurre nella rappresentazione interna, ciò che sta accadendo proprio allo stesso tempo nella realtà. Questa cinematografia del pensiero le consentiva, non proprio di elaborare previsioni, ma di vedere l'attimo successivo prima che accadesse e quindi scegliere la reazione necessaria. In certe situazioni è questione di un attimo: morire non è che un istante e quell'istante, dilatato nella sua immaginazione, era tutto quello che occupava la sua mente, senza lasciare spazio ad altre emozioni. Per questo non provava paura, ma sapeva per esperienza che quella specie di alterazione percettiva si innescava quando si sentiva in pericolo di vita.
Le era già successo tanti anni prima: non era lei a guidare l'auto, ma era seduta accanto al posto di guida. Un tram che veniva proprio dal suo lato sfondò lo sportello corrispondente al suo sedile, piegando letteralmente in due la macchina proprio come se avesse chiuso di colpo le pagine di un libro aperto. Quel tipo di pensiero le aveva salvato la vita: era riuscita a misurare con precisione millesimale l'area di sfondamento e calcolare esattamente in quale direzione spostarsi e come rannicchiarsi per proteggere la testa dall'impatto. Quella volta si era salvata la vita: era uscita dal catorcio solo con qualche graffio.
Questa volta però la situazione era diversa, la visuale era più difficile: lui l'aveva aggredita alle spalle, serrandole la gola con tutte e due le mani, non poteva vederlo, ma lo figurava ugualmente. Non riusciva a vedersi, come l'altra volta, a distanza e in più le mancava l'aria. Era in posizione sfavorevole ed inferiorità di forza: erano soli in casa. Alcuni animali si paralizzano e si fingono morti per sfuggire ai predatori. Non è una sciocchezza, è proprio la natura che è così: il dibattersi della vittima eccita l'aggressività del predatore. Non avrebbe lottato con lui: le sembrò l'unico modo per evitare il peggio. Occorre parecchia forza e ci vuole un po' di tempo per strangolare una persona fino alla morte: bisogna avere la perseveranza e la convinzione di volerla proprio uccidere. Se voleva arrivarci, allora avrebbe dovuto arrivarci da solo: lei non gli avrebbe regalato la forza della propria rabbia, né l'eccitazione della propria paura.
Nessun trionfo nel riuscire a dominarla, perciò rimase completamente passiva ed immobile. Certo avrebbe comunque potuto arrivare ad ucciderla: dovette accettare anche questa possibilità, per controllare l'istinto di difesa. In fondo era l'uomo che amava ed al quale aveva offerto la propria vita, per questo si trovava lì da sola con lui, completamente indifesa. Era anche disposta all'idea che tutto potesse finire lì, in quella cucina. Continuò a soffocare ed attese che la stretta si allentasse o la finisse...
In cucina ci sono coltelli e mentre lui la spingeva verso la cassettiera, allungò la mano, prese l'arma e la conficcò
RispondiEliminanella schiena dell'uomo.
Lei era lucida.
Ottimo Gus: hai indovinato il mio intento! Volevo proprio stimolare le persone a trovare una conclusione, per questo l'ho lasciata sospesa :-) Grazie.
EliminaLo denunciò il giorno dopo, e stavolta trovò non tre giudici donne idiote, ma qualcuno con buon senso e capacità analitica.
RispondiEliminaInoltre lo buttò fuori di casa, nonostante le richieste di perdono; perse anche il lavoro, lui, fino a rimpiangere di essere nato, e di vivere. Ma era troppo tardi. Ora doveva soffrire.
Grazie Franco: il tuo è proprio un finale romanzesco. Buongiorno a te.
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