Parlami di poesia
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Diventare grandi, immedesimarsi nei ruoli adulti per alcuni di noi significa smarrire parti preziose delle proprie emozioni, della creatività e della spontaneità: non sappiamo ballare perché temiamo il ridicolo, non riusciamo ad amare e ad abbandonarci perché temiamo di essere feriti, usati o rifiutati, così ci costruiamo corazze, ci centriamo sempre più su noi stessi, ci sforziamo di sentirci importanti, particolarmente belli, ricchi, intelligenti o potenti e finiamo per diventare veramente ridicoli o addirittura cattivi. Nascondiamo i nostri sentimenti, decisi a vendere cara la pelle, ma... quanto vale la pelle? Questa pelle che ci siamo costruiti? Quanto vale una vita che vive di surrogati e non di vero amore?
PARLAMI DI POESIA
Parlami di poesia,
quando l'ora è tarda
e gli occhi stanchi.
Declama il tuo amore
in un fiato tremulo.
Racconta ogni pensiero,
e dolcezza taciuta:
dimmelo ora
prima che svanisca nel sonno
lo stupore di ascoltarlo.
Ama senza paura:
questa è la la folle sorpresa.
Vince l'amore che ama
e grida senza soffocarsi
nell'inviolata superbia
di un codardo silenzio.
Piume di pensiero mi volteggiano intorno... finiranno per farmi starnutire!
RispondiEliminaAccidenti Gus: questo è plagio!! :-D
EliminaQuello che noi spesso dimentichiamo è che la poesia nacque come epica, per semplificare possiamo chiamarla la poesia delle gesta ed aveva una particolare funzione ,doveva svolgere una funzione educativa, doveva comunicare ed esprimere. Era inammissibile una poesia non utile, non direttamente produttiva di qualcosa e per produzione intendo proprio la produzione di senso. Questo problema nasce già con i lirici greci che però pur sovvertendo in parte i canoni tradizionali e dando luogo alla poesia dei sentimenti continuano a percorrere la strada dell’utilità. Sono i lirici latini che presentano la seconda cesura, la poesia lirica si distacca definitivamente da quella epica non solo per i temi ma anche perché abbandona ogni scopo comunicativo o finalistico. Da quel momento in poi irrompe tutto e si perde il patto (che era stato sotteso nella poesia epica) e rimane un nuovo modo di fare poesia . Il poeta non deve indagare né verità , né deve darci una interpretazione di verità , non deve essere sottomesso all'oggetto, non deve più parlare della morte (oggetto) per renderla fatto universale. Deve accovacciarsi come meglio crede sull'oggetto, il poeta copre l'oggetto non lo scopre qui che la soggettività diventa prevalente, aperta la poesia al lirismo e liberato il poeta da ogni condizione di finalismo comunicativo è ovvio che il soggetto diventa oggetto della poesia. Non è più la morte che viene raccontata ma è il poeta che è e sente morte ad essere oggetto della poesia. Ecco perché non riuscirà con molta difficoltà a trovare qualcosa che risponda al suo canone.
EliminaIn questa assenza di patto però non possiamo vedere solo una perdita, a mio parere c'è anche una conquista appare sul palcoscenico umano la possibilità di infinite verità soggettive tessere non più quadri, pezzi isolati non più affreschi unitari, ma il loro valore rimane comunque straordinario perché ci permette di vedere e di rintracciare l’umanità attraverso dei frammenti infinitesimali spesso diversi per canone e per scelta linguistica che non ci raccontano più la morte ma le mille morti. Da una poesia non si può scorgere il mondo se non per frammenti rattoppati da gli occhi degli altri, il lettore di poesia deve essere umile ,non si deve aspettare niente, non deve cercare né verità né insegnamento, né illuminazione, né spiegazione del mondo, deve solo farsi prestare per un istante gli occhi di un altro stupendosi per la coincidenza identica del vedere insieme, nel vedere stupendosi ancora di più nel vedere il mai visto.
Penso che la finalità comunicativa sia impossibile da escludere: Il senso è appunto quello di comunicare o evocare emozioni universali per l'umanità in quanto tale.
Elimina...E quanto vale una società che ti stordisce a tal punto da farti relegare il vero amore a tarda sera e a guardarlo con gli occhi stanchi ?
RispondiEliminaSempre interessante leggerti, ciao Sfinge.
Ecco perché la poesia, anche quella intimistica, contiene una valenza rivoluzionaria ;-)
EliminaEsistono pensieri che vagano alla rinfusa.
RispondiEliminaNascono con una meta precisa
e difficilmente giungono a destinazione.
Fluttuano come farfalle,
ma il loro peso è aleatorio,
distrae le traiettorie,
sospira su un fiore, divaga al crepuscolo,
un refolo lo svia, come vela in tempesta.
E può vegliare a lungo, infine,
su una stella di San Lorenzo
che forse cadrà.
Arrivando molto tardi magari,
o affatto.
Ma viaggiandoti comunque accanto
senza che tu ne abbia sfiorato
una sola idea, sfogliato una sola pagina,
indovinato un solo desiderio
avvertito un solo, frenetico, battito d'ala.
Ti legge nel cuore oltre la distanza
e si fa leggere mentre il suo peso,
destinato forse a scardinarlo, quel Tempo,
incuriosisce appena il sentiero d'aria.
Ci sono mille attimi che ti parlano di poesia.
A noi saperli riconoscere, anche senza decifrarli.
Per me questa la "folle sorpresa".. ;)
Bellissima Franco! Grazie!
EliminaBuongiorno Sfinge, grazie per essere passata sul mio blog.
RispondiEliminaMi piace la tua poesia, così come la tua riflessione.
La domanda giusta è: ma chi vuole questa non vita, questo stress, questa finzione?
Buddha insegna: tu sei il responsabile della tua vita, dipende tutto da te.
Grazie Francesca: si siamo noi i responsabili o quanto meno possiamo scegliere quando ne acquisiamo consapevolezza.
EliminaMontale.
RispondiEliminaMontale è un grande Gus: non oserei paragonarmi...
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