Educazione all'affettività: come nasce la mistificazione del "gender"
La recente presa di posizione ufficiale del ministro dell'istruzione Giannini sul polverone sollevato dalla paventata introduzione della cosiddetta teoria gender nelle scuole ha riportato in auge l'argomento: argomento che fino ad oggi in questo blog è stato già trattato, ma forse sottovalutato a causa della evidenza mistificatoria di certe aree di destra, la cui propaganda si presumeva fosse facilmente leggibile da chiunque come falsità faziosa e pretestuosa.
Oggi dobbiamo prendere atto che forse non è così: non tutti riescono a riconoscere come surreali ed assurde alcune voci sul tipo di insegnamenti che si vorrebbero trasmettere ai bambini.
Molti genitori si sono lasciati realmente suggestionare e sono in allarme: dunque verifichiamo i documenti! Dopo avere passato al setaccio il sito del Miur ci accorgiamo che è impossibile trovare qualsiasi circolare o normativa che regolamenti la materia educazione sessuale nelle scuole:
infatti l'educazione sessuale nelle nostre scuole non è prevista come materia curricolare, ma al massimo e nel migliore dei casi, nell'ottica della prevenzione delle gravidanze precoci, alcune scuole medie superiori e talvolta alcune terze delle medie inferiori, possono fruire di specifici corsi educativi ed informativi sulle tecniche contraccettive, solitamente tenuti da medici specialisti e psicologi della ASL competente per territorio.
Quello di cui invece si parla in diverse circolari del Miur, soprattutto da alcuni anni è l'educazione all'affettività: si tratta di una formazione culturale intesa a prevenire soprattutto i fenomeni di violenza di genere, il bullismo e le discriminazioni di qualsivoglia natura.
Può darsi che in quest'ottica la madre non venga più presentata (come usava 60 anni fa nei libri delle scuole elementari) come l'angelo del focolare ed intenta a lavori domestici (ovvero segnata da un destino di inferiorità e di servitù) anche perché oggi questa non è più la realtà delle donne nel nostro paese. Sempre in questa prospettiva la prevenzione dei fenomeni di bullismo contro i diversi (disagiati, disabili, omosessuali, etc) comporterà l'insegnamento della accettazione e del rispetto della diversità, quale che essa sia: questo potrebbe comportare anche che la prepotenza di un maschietto non venga automaticamente giustificata, né considerata più tollerabile di quella di una femminuccia e che i bimbi vengano lasciati liberi di scegliere i giochi che preferiscono, senza imporre ansiosamente bambole e stoviglie alle bambine, né palloni e macchinine ai maschietti.
Ci sono ottimi motivi per ritenere che una bimba che oggi gioca con le macchinine abbia eccellenti possibilità da grande di diventare una donna, così come il bimbo che si diverte con le bambole ha altrettante probabilità di diventare un uomo (nel peggiore dei casi potrebbe aiutare la moglie a spingere il passeggino): insomma la scelta dei giochi nella prima infanzia è giusto lasciarla ai bambini stessi.
Se le caratteristiche di competitività e prepotenza perdessero una connotazione culturale di genere, se ad esempio nessuno canzonasse il bimbo timido con l'appellativo "femminuccia" o la bambina vivace come "maschiaccio", questo potrebbe consentire più facilmente una identificazione di genere fondata su caratteristiche fisiologiche piuttosto che temperamentali, il che non è affatto detto che favorisca gli orientamenti omosessuali, posto che il timore dei genitori sia quello: l'effetto potrebbe anche essere diametralmente opposto.
Al di là di queste considerazioni comunque verifichiamo cosa effettivamente è scritto al riguardo nell'ultima normativa scolastica, ovvero la recente legge n. 107 del 13 luglio 2015:
Questo è quanto previsto dalle leggi e questi sono gli intenti: tutto il resto sono le pure invenzioni di chi vuole manipolare i timori e le insicurezze dei giovani genitori per finalità che nulla hanno a che vedere col benessere dei bambini.
Oggi dobbiamo prendere atto che forse non è così: non tutti riescono a riconoscere come surreali ed assurde alcune voci sul tipo di insegnamenti che si vorrebbero trasmettere ai bambini.
Molti genitori si sono lasciati realmente suggestionare e sono in allarme: dunque verifichiamo i documenti! Dopo avere passato al setaccio il sito del Miur ci accorgiamo che è impossibile trovare qualsiasi circolare o normativa che regolamenti la materia educazione sessuale nelle scuole:
infatti l'educazione sessuale nelle nostre scuole non è prevista come materia curricolare, ma al massimo e nel migliore dei casi, nell'ottica della prevenzione delle gravidanze precoci, alcune scuole medie superiori e talvolta alcune terze delle medie inferiori, possono fruire di specifici corsi educativi ed informativi sulle tecniche contraccettive, solitamente tenuti da medici specialisti e psicologi della ASL competente per territorio.
Quello di cui invece si parla in diverse circolari del Miur, soprattutto da alcuni anni è l'educazione all'affettività: si tratta di una formazione culturale intesa a prevenire soprattutto i fenomeni di violenza di genere, il bullismo e le discriminazioni di qualsivoglia natura.
Può darsi che in quest'ottica la madre non venga più presentata (come usava 60 anni fa nei libri delle scuole elementari) come l'angelo del focolare ed intenta a lavori domestici (ovvero segnata da un destino di inferiorità e di servitù) anche perché oggi questa non è più la realtà delle donne nel nostro paese. Sempre in questa prospettiva la prevenzione dei fenomeni di bullismo contro i diversi (disagiati, disabili, omosessuali, etc) comporterà l'insegnamento della accettazione e del rispetto della diversità, quale che essa sia: questo potrebbe comportare anche che la prepotenza di un maschietto non venga automaticamente giustificata, né considerata più tollerabile di quella di una femminuccia e che i bimbi vengano lasciati liberi di scegliere i giochi che preferiscono, senza imporre ansiosamente bambole e stoviglie alle bambine, né palloni e macchinine ai maschietti.
Ci sono ottimi motivi per ritenere che una bimba che oggi gioca con le macchinine abbia eccellenti possibilità da grande di diventare una donna, così come il bimbo che si diverte con le bambole ha altrettante probabilità di diventare un uomo (nel peggiore dei casi potrebbe aiutare la moglie a spingere il passeggino): insomma la scelta dei giochi nella prima infanzia è giusto lasciarla ai bambini stessi.
Se le caratteristiche di competitività e prepotenza perdessero una connotazione culturale di genere, se ad esempio nessuno canzonasse il bimbo timido con l'appellativo "femminuccia" o la bambina vivace come "maschiaccio", questo potrebbe consentire più facilmente una identificazione di genere fondata su caratteristiche fisiologiche piuttosto che temperamentali, il che non è affatto detto che favorisca gli orientamenti omosessuali, posto che il timore dei genitori sia quello: l'effetto potrebbe anche essere diametralmente opposto.
Al di là di queste considerazioni comunque verifichiamo cosa effettivamente è scritto al riguardo nell'ultima normativa scolastica, ovvero la recente legge n. 107 del 13 luglio 2015:
"16. Il piano triennale dell'offerta
formativa assicura l'attuazione dei principi di pari opportunita' promuovendo
nelle scuole di
ogni ordine e grado l'educazione alla parita' tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di
tutte le discriminazioni, al fine
di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e
i genitori sulle tematiche
indicate dall'articolo 5, comma 2, del
decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 ottobre 2013, n.
119, nel
rispetto dei limiti
di spesa di cui
all'articolo 5-bis, comma
1, primo periodo,
del predetto decreto-legge n. 93
del 2013."
Andiamo dunque a vedere l'art.5 comma 2 del DL 14 agosto 2013:
"c) promuovere un'adeguata formazione del
personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la
discriminazione di genere e promuovere, nell'ambito delle
indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo
ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle
linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella
programmazione didattica curricolare ed extra-curricolare delle
scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l'informazione e
la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei
confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche
attraverso un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri
di testo;"
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