In cima all'arcobaleno
Sandro viveva con la sua vecchia nonnina: forse per questo ragionava già come un vecchietto: da piccolo infatti, era un bambino sano e vivace, ma insolitamente saggio per uno della sua età.
Il piccolo non ricordava che nella sua casa avesse mai abitato nessun altro: la nonnina era il primo viso che ricordava e che era diventato capace di riconoscere da quando era appena nato, anzi a lui in verità la nonna sembrava davvero bellissima, così gli era sembrata sempre e giacché vivevano in campagna, quella pelle bruna solcata da rughe profonde a lui suggeriva l'emozione che si prova di fronte allo splendore immenso delle falde dei monti nella stagione del disgelo.
I due avevano vissuto insieme per dieci lunghi anni ed il ragazzo ormai contava su di lei per ogni cosa: era un ragazzino intelligente e riflessivo, amava la nonna e quando la vedeva stanca e debole si dava da fare per rendersi utile. A scuola aveva naturalmente notato che tutti gli altri ragazzi avevano una mamma ed un papà ed un giorno aveva provato a chiedere notizie dei suoi, ma quello fu un giorno triste perché la nonna invece di rispondergli e spiegare le cose con dolcezza, come faceva di solito, non fece altro che fissarlo per minuti interminabili finché scoppiò a piangere. Non riuscì a dargli alcuna spiegazione ed al ragazzino, buono e premuroso, come lui era, non rimase che cercare di rasserenare la vecchietta: fino ad allora la nonna gli era sembrata una colonna incrollabile come i tronchi secolari del bosco, che si estendeva oltre il cortile di casa, l'età l'aveva ispessita e resa più solida, proprio come accade per gli alberi, né mai era accaduto prima che il bimbo le vedesse versare una sola lacrima.
Dietro il luccicare del pianto la pelle di quel volto gli apparve sottile e delicata nella sua trasparenza, vide quelle profonde rughe incresparsi come mai accade ai costoni di roccia, né alla corteccia degli alberi, vide il collo e la schiena piegarsi come investiti dal vento violento di una tempesta e temette di vedere il suo cuore spezzarsi, come accade a volte ai tronchi malati e svuotati della fibra vitale al loro interno.
Sandro non chiese mai più nulla dopo quella prima volta e lei pian piano tornò col suo sorriso di sempre...
Il problema delle nonne è che non sempre riescono a vedere grandi i loro nipotini ed infatti un giorno la nonna si ammalò: Sandro era cresciuto in fretta, ben più alto della nonna ormai ed aveva finito per capire ad un certo momento che quel fusto sottile non sarebbe rimasto dritto per sempre.
Un giorno infatti lei si raggomitolò nel suo letto e non le fu più possibile raddrizzarsi.
Sandro fu il volto che la nonna vide costantemente campeggiare al suo capezzale, attento, sorridente, sereno e premuroso, come aveva imparato ad essere proprio da lei, eppure dietro ogni gesto ed ogni sguardo del giovane si indovinava una specie di dolore nascosto, non rassegnazione, ma una sorta di umiltà di fronte alla vita: quella umanità indomita che non si ferma, ma non si danna davanti ai grandi misteri, come la vita, la morte, le origini...
Negli ultimi giorni della sua vita quella donna si interrogò su cosa poteva o doveva rivelare al ragazzo della sua nascita e di chi l'aveva generato.
Lei non sapeva mentire, ma la verità non sempre serve.
Alcune verità, come alcune esperienze della vita, quale che sia la sete di conoscenza di una persona, funzionano come veleni potenti: arricchiscono poco, ma distruggono molto ed irrimediabilmente...
Certo se uno si butta giù da un grattacielo per diversi secondi sperimenta il volo, ma poi si schianta al suolo ed alla morte non c'è rimedio: per alcune esperienze bisogna essere equipaggiati, essersi forniti di un paracadute magari oppure, come nel caso del dilemma che tormentò gli ultimi giorni della donna, essere cresciuti abbastanza ed aver maturato una profonda conoscenza del mondo, una incrollabile fede in se stessi e nella bontà della propria natura, infine al seguito un'ampia capacità di comprensione, elaborazione e perdono...
Ma era così giovane Sandro: aveva appena 14 anni quando la nonna si raggomitolò nel suo letto...
Fu così che giorno dopo giorno la vecchietta consumò il suo fiato per incoraggiarlo ed insegnargli le ultime cose: quelle che gli sarebbero servite per andare avanti quando sarebbe rimasto solo.
Per ultimo gli promise che in futuro, quando lui sarebbe diventato veramente un uomo, lei sarebbe tornata a trovarlo per parlargli ancora un'ultima volta.
Sandro sorrise con tristezza:
- Forse toccherà a me venire a trovarti un giorno - rispose - ma ci vorrà molto tempo -
- Non intendevo quello - ribatté la vecchietta - no, noi ci incontreremo fra non molti anni e molto prima che tu muoia - aggiunse - ci incontreremo a metà strada, in cima all'arcobaleno che scavalca la montagna dietro al bosco -
Con questa promessa l'anziana nonnina lasciò questo mondo ed il povero Sandro disorientato e confuso.
- Certo - si disse Sandro - io non posso camminare sull'arcobaleno, forse le anime possono farlo, ma per me è impossibile! -
Decise tuttavia di seguire quel percorso che in qualche modo la nonna gli aveva tracciato con le sue ultime parole, così dopo le cerimonie funebri, a cui parteciparono tutti gli abitanti della piccola contrada, Sandro ripulì e riordinò la casa che l'aveva visto crescere, chiuse le finestre, mise poche cose in uno zaino e partì solo, diretto oltre le montagne che la nonna gli aveva indicato.
La strada era lunga, ma la stagione mite: viaggiò spesso a piedi, ma a volte sui carretti di passaggio che portavano mercanzie in città, così conobbe tanta gente del suo stesso paese e di quelli vicini.
Non una volta la sua prudenza lo salvò da brutte avventure con gente cattiva, ma si accorse anche che alcune persone che considerava amiche, in realtà lo portavano spesso fuori strada, seguendo il percorso comodo per loro stessi, ma non utile a Sandro: lui, rimasto solo com'era, per il piacere della compagnia li lasciava fare, ma poi gli toccava tornare indietro a piedi per ricongiungersi al suo cammino e la cosa finì per diventare faticosa ed allungare il suo viaggio oltre misura.
Sandro capì che se desiderava arrivare oltre la montagna doveva diventare capace di camminare da solo e limitarsi a godere della compagnia degli amici quando capitava di condividere un pezzo di strada: quando invece le strade si dividevano se il piacere di stare insieme era reciproco, ci si poteva un pò fermare a chiacchierare per qualche tempo, senza procedere in alcuna direzione in modo che nessuno dovesse poi impiegare il doppio del tempo per tornare indietro.
Così facendo scoprì che gli amici disposti a fermarsi erano davvero pochissimi e che tutti gli altri in realtà avevano approfittato della sua tristezza per la perdita della nonna e del suo bisogno di compagnia ed affetto per farsi accompagnare su itinerari che non servivano a Sandro, né gli interessavano per nulla.
Fin da piccolo lui non faceva fatica a distinguere le cose buone da quelle cattive: la nonna glielo aveva insegnato, ma si accorse che poteva essere difficile distinguere un vero amico da uno finto o "di comodo" per così dire: la cosa lo rattristò, ma aveva buone gambe e sapeva esattamente dove voleva andare, così più affaticato da questa nuova scoperta che dal cammino, proseguì per la sua strada e gli accadde purtroppo di sentirsi terribilmente solo.
Con il trascorrere dei giorni imparò a farsi compagnia, guardandosi dentro, ripensando a cose accadute, discorsi, sensazioni e tante cose: così facendo si accorse che questo ripensare a volte gli permetteva di capire meglio e vedere cose piuttosto evidenti che sul momento non aveva notato, magari perché distratto da altro, ma anche che il ripensare era un modo per dilatare le cose, facendole apparire più grandi ed importanti ed a volte addirittura distorcendole del tutto.
La fiducia che aveva sempre nutrito nel proprio acume, che a scuola gli insegnanti avevano tanto lodato, ne uscì un tantino rimpicciolita, anche perché forse (andava argomentando dentro di sé) è la solitudine stessa che a volte fa apparire piccole le cose, come quando uno le guarda da tanto lontano.... e intanto camminava e camminava....
Raggiunto il punto più alto della strada, cominciò a scendere, avviandosi verso la pianura e la grande città, che quando era in cima alla strada aveva avvistato da lontano, piccola piccola come un presepe e come ormai gli sembrava ogni cosa.
Camminò ancora a lungo per parecchi giorni e quando giunse poco fuori dal centro abitato incontrò una famiglia su di un carro pieno di masserizie: dal carro che traballava sulle pietre del sentiero cadde
uno sgabello, ma quelli del carro che stavano davanti, storditi com'erano dal rumore e forse dalla curiosità di vedere la città ormai vicina, non se ne accorsero affatto.
Sandro raccolse il povero pezzo di mobilia sgangherato e raggiunse di corsa la testa del carro, per restituirlo ai padroni: era spettinato ed impolverato dal cammino, sicché l'uomo lo guardò con diffidenza, sospettando che il ragazzo avesse in realtà rubato l'oggetto che gli porgeva, ma non potendo fare diversamente, riprese lo sgabello, ringraziò e salutò con fare brusco e riprese a camminare. Non che Sandro si aspettasse quale gratitudine, ma (perché negarlo?) era stanco ed aveva sperato di essere invitato sul carro.
- Pazienza - si disse con una punta di rammarico, ma aveva notato sul carro due donne, anzi una donna ed una ragazzina, probabilmente madre e figlia, una più bella dell'altra: veramente incantevoli perciò si sentì incuriosito ed attratto dal viaggio di quella famigliola.
Finalmente arrivò in città: non aveva molto denaro con sé, quindi si preoccupò di trovare un posto adatto a lui per lavarsi, dormire e rifocillarsi, pensando che subito dopo avrebbe dovuto darsi da fare per cercare di lavorare e provvedere a se stesso.
Dovette cercare per alcune ore: vi erano alberghi e locande in città, ma per lo più erano troppo cari per lui, che doveva cercare di cavarsela con poco.
Sandro non era solo bravo a coltivare la terra ed a costruire recinti per il bestiame: la nonna gli aveva insegnato a riconoscere, coltivare e trattare molte erbe medicamentose ed il ragazzo conosceva a fondo i segreti della natura e della vegetazione: era capace di curare i dolori, le ferite e le febbri.
Fu così che si guadagnò la riconoscenza dell'albergatore, dove infine si era deciso a fermarsi: la moglie di quell'uomo infatti era malata ed aveva una brutta febbre a causa una ferita infetta che la poveretta si era procurata incautamente nel rigovernare le cucine della locanda.
Sandro fortunatamente riuscì a curarla e guarirla nel giro di pochi giorni con qualcuna delle sue erbe e dei sui impiastri misteriosi: la cosa gli fruttò il livore del cerusico che la stava curando già da una settimana senza risultati, ma anche la gratitudine di tutta la famiglia dell'oste.
Presto la voce del misterioso guaritore straniero si sparse nella città e Sandro si trovò a curare in breve giro di tempo molti dei malati della città: molti guarivano, altri li assisteva lenendo il dolore fino alla fine e mai chiedeva compenso, ma tutti quelli che aveva curato e guarito continuavano a regalargli di tutto e nessuno gli chiedeva di pagare alcunché di qualunque cosa avesse bisogno.
Ogni giorno Sandro doveva uscire dalla città ed addentrarsi nel bosco per cercare le erbe che servivano ai suoi malati ed ogni giorno doveva essiccare o pestare nel mortaio per estrarne essenze o ancora bollire, tritare e polverizzare le erbe che raccoglieva per ottenerne sciroppi, tisane, creme ed unguenti: insomma tutto quello che poteva servirgli per trovarlo già pronto al momento giusto.
Dovette ripulire ed organizzare una vecchia rimessa dietro l'albergo, che l'oste gli cedette volentieri e ne fece un vero e proprio piccolo laboratorio, dove la gente andava a chiedere rimedi per i propri malanni. Un giorno dopo già alcuni anni andò a trovarlo perfino il cerusico della città, che gli propose di collaborare con lui nella cura dei malati: Sandro accettò, ma ormai non più così ingenuo come pochi anni addietro, fu sempre molto attento nel non rivelargli mai i segreti dei propri rimedi.
Grazie al suo talento, Sandro conduceva una vita faticosa, ma agiata: non era più il ragazzino sporco di polvere, stracciato e con poche monete in tasca che qualche tempo prima aveva fatto il suo ingresso in città. Una sera, mentre il giovane stava per uscire per le sue quotidiane ricerche, bussò alla porta del suo laboratorio una fanciulla: sembrava in affanno ed aveva una espressione sconvolta, ma questo, come a volte accade, rendeva la sua bellezza ancora più attraente, tanto che Sandro se ne sentì tagliare il fiato nel vederla, anche perché non fece alcuno sforzo per riconoscerla come la bambina incontrata sul carro il giorno del suo ingresso in città.
Con poche parole rotte dall'emozione la giovane gli spiegò che suo padre stava male: durante il giorno era stato morso da un serpente mentre lavorava nei campi ed all'inizio non sembrava nulla di importante, ma ora...
Sandro infilò nel suo zaino alcuni vasetti e barattoli, prese con sé certi strumenti e seguì la ragazza con il grande desiderio e speranza di riuscire ad aiutarla.
La famiglia abitava al centro della città, nel solaio di un grande palazzo: il padre della giovane Bianca giaceva nel letto e non sembrò accorgersi dell'arrivo dei due.
Sandro si diede subito da fare al capezzale dell'uomo e dopo aver deterso la ferita e somministrato l'antidoto, aspettò che il suo respiro si regolarizzasse, spiegò alla figlia (la bella Bianca) ed alla moglie dell'uomo che c'era solo da aspettare che le medicine avessero effetto, promise di tornare al mattino successivo e prese congedo.
Tornò al suo laboratorio in grande agitazione, ma per la prima volta invece di pensare al malato nella sua mente continuava a comparire il viso della fanciulla sconvolta. Decise di riposare ed andò nella sua stanzetta dietro il laboratorio, dove era solito dormire, ma il sonno faticò molto ad arrivare: finalmente quando ormai il cielo cominciava ad illuminarsi fu sopraffatto dalla stanchezza e chiuse gli occhi. In quelle condizioni non sarebbe stato lui stesso in grado di dire se fosse addormentato o in veglia: il cuore pulsava veloce e l'agitazione non accennava a placarsi. Si trovò senza capire come nella radura dove accompagnava la nonna da bambino a scegliere e raccogliere le preziose erbe, con una strana angoscia in gola, quando ad un tratto percepì distintamente il richiamo: era la nonna, non poteva sbagliarsi nel riconoscerne la voce. Si guardò intorno, ma non riusciva a vederla, la voce veniva dall'alto come un eco tra le rocce dei monti e quando Sandro alzò gli occhi nella luce del primo mattino incontrò con lo sguardo i colori dell'arcobaleno: cadeva poco distante dai suoi piedi, disegnando un arco perfetto che si perdeva tra le nuvole, tingendole capricciosamente di rosa ed azzurrino.
- Allora? Dovrò aspettare ancora molto? -
lo interrogò divertita la nonna, senza spazientirsi e lui, stringendo gli occhi, ne distinse finalmente la sagoma familiare in uno sbuffo violetto: era proprio in cima, nel punto più alto dell'arcobaleno.
Sandro si sentì sgomento, sorpreso, ma anche felice nel rivedere la sua nonna:
- Hai mantenuto la promessa... -
riuscì a sussurrare
- Quando ricordi che io ti abbia mancato una promessa? -
lo interrogò la nonna increspando appena la sua profonda ruga tra le sopracciglia
- Come posso raggiungerti? -
si disperò Sandro con le lacrime agli occhi, ma la nonna:
- tu comincia a salire sull'arcobaleno: non avrai mica paura?? -
Punto sul vivo, Sandro si avvicinò al fascio di luce colorata vicino ai suoi piedi e provò ad immergervi una scarpa: con sua grande sorpresa la scarpa si fermò prima di toccare terra e nel fascio di luce si avanzava senza fatica, appena scivolando verso l'alto, senza bisogno di camminare ed arrampicarsi. In men che non si dica, preso dall'euforia il giovane arrivò in cima, dove la vecchia lo attendeva, potette vederla da vicino e toccarne il grembo caldo ed accogliente, che ben conosceva.
I due parlarono molto a lungo, ma il sole che saliva nel cielo andava dissolvendo le goccioline dell'aria, finché la nonna gli disse:
- Ora devi scendere, prima che il ponte sparisca: vai ora, corri via! -
e lo spinse in giù appena in tempo prima che l'aria tornasse del tutto limpida e trasparente.
Sandro non seppe mai spiegare a se stesso se quello fosse stato un sogno o cosa, ma non si risvegliò nel suo letto: era nella radura, non quella conosciuta da bambino, ma quella vicino alla città dove era solito recarsi in cerca delle sue erbe. Era confuso ed incredulo, ma accanto ai suoi piedi c'era una bottiglietta che era appartenuta proprio alla nonna con una etichettatura che solo loro due conoscevano e che sicuramente gli sarebbe tornata utile nel visitare il padre di Bianca al mattino, come aveva promesso di fare.
Nessuno sa cosa si siano detti Sandro e la nonna: erano troppo in alto e le parole sono andate perdute nel vento, ma c'è chi giura di aver visto delle lacrime brillare sulle guance del giovane mentre dal bosco si avviava al centro della città per visitare il suo malato...
Il piccolo non ricordava che nella sua casa avesse mai abitato nessun altro: la nonnina era il primo viso che ricordava e che era diventato capace di riconoscere da quando era appena nato, anzi a lui in verità la nonna sembrava davvero bellissima, così gli era sembrata sempre e giacché vivevano in campagna, quella pelle bruna solcata da rughe profonde a lui suggeriva l'emozione che si prova di fronte allo splendore immenso delle falde dei monti nella stagione del disgelo.
I due avevano vissuto insieme per dieci lunghi anni ed il ragazzo ormai contava su di lei per ogni cosa: era un ragazzino intelligente e riflessivo, amava la nonna e quando la vedeva stanca e debole si dava da fare per rendersi utile. A scuola aveva naturalmente notato che tutti gli altri ragazzi avevano una mamma ed un papà ed un giorno aveva provato a chiedere notizie dei suoi, ma quello fu un giorno triste perché la nonna invece di rispondergli e spiegare le cose con dolcezza, come faceva di solito, non fece altro che fissarlo per minuti interminabili finché scoppiò a piangere. Non riuscì a dargli alcuna spiegazione ed al ragazzino, buono e premuroso, come lui era, non rimase che cercare di rasserenare la vecchietta: fino ad allora la nonna gli era sembrata una colonna incrollabile come i tronchi secolari del bosco, che si estendeva oltre il cortile di casa, l'età l'aveva ispessita e resa più solida, proprio come accade per gli alberi, né mai era accaduto prima che il bimbo le vedesse versare una sola lacrima.
Dietro il luccicare del pianto la pelle di quel volto gli apparve sottile e delicata nella sua trasparenza, vide quelle profonde rughe incresparsi come mai accade ai costoni di roccia, né alla corteccia degli alberi, vide il collo e la schiena piegarsi come investiti dal vento violento di una tempesta e temette di vedere il suo cuore spezzarsi, come accade a volte ai tronchi malati e svuotati della fibra vitale al loro interno.
Sandro non chiese mai più nulla dopo quella prima volta e lei pian piano tornò col suo sorriso di sempre...
Il problema delle nonne è che non sempre riescono a vedere grandi i loro nipotini ed infatti un giorno la nonna si ammalò: Sandro era cresciuto in fretta, ben più alto della nonna ormai ed aveva finito per capire ad un certo momento che quel fusto sottile non sarebbe rimasto dritto per sempre.
Un giorno infatti lei si raggomitolò nel suo letto e non le fu più possibile raddrizzarsi.
Sandro fu il volto che la nonna vide costantemente campeggiare al suo capezzale, attento, sorridente, sereno e premuroso, come aveva imparato ad essere proprio da lei, eppure dietro ogni gesto ed ogni sguardo del giovane si indovinava una specie di dolore nascosto, non rassegnazione, ma una sorta di umiltà di fronte alla vita: quella umanità indomita che non si ferma, ma non si danna davanti ai grandi misteri, come la vita, la morte, le origini...
Negli ultimi giorni della sua vita quella donna si interrogò su cosa poteva o doveva rivelare al ragazzo della sua nascita e di chi l'aveva generato.
Lei non sapeva mentire, ma la verità non sempre serve.
Alcune verità, come alcune esperienze della vita, quale che sia la sete di conoscenza di una persona, funzionano come veleni potenti: arricchiscono poco, ma distruggono molto ed irrimediabilmente...
Certo se uno si butta giù da un grattacielo per diversi secondi sperimenta il volo, ma poi si schianta al suolo ed alla morte non c'è rimedio: per alcune esperienze bisogna essere equipaggiati, essersi forniti di un paracadute magari oppure, come nel caso del dilemma che tormentò gli ultimi giorni della donna, essere cresciuti abbastanza ed aver maturato una profonda conoscenza del mondo, una incrollabile fede in se stessi e nella bontà della propria natura, infine al seguito un'ampia capacità di comprensione, elaborazione e perdono...
Ma era così giovane Sandro: aveva appena 14 anni quando la nonna si raggomitolò nel suo letto...
Fu così che giorno dopo giorno la vecchietta consumò il suo fiato per incoraggiarlo ed insegnargli le ultime cose: quelle che gli sarebbero servite per andare avanti quando sarebbe rimasto solo.
Per ultimo gli promise che in futuro, quando lui sarebbe diventato veramente un uomo, lei sarebbe tornata a trovarlo per parlargli ancora un'ultima volta.
Sandro sorrise con tristezza:
- Forse toccherà a me venire a trovarti un giorno - rispose - ma ci vorrà molto tempo -
- Non intendevo quello - ribatté la vecchietta - no, noi ci incontreremo fra non molti anni e molto prima che tu muoia - aggiunse - ci incontreremo a metà strada, in cima all'arcobaleno che scavalca la montagna dietro al bosco -
Con questa promessa l'anziana nonnina lasciò questo mondo ed il povero Sandro disorientato e confuso.
- Certo - si disse Sandro - io non posso camminare sull'arcobaleno, forse le anime possono farlo, ma per me è impossibile! -
Decise tuttavia di seguire quel percorso che in qualche modo la nonna gli aveva tracciato con le sue ultime parole, così dopo le cerimonie funebri, a cui parteciparono tutti gli abitanti della piccola contrada, Sandro ripulì e riordinò la casa che l'aveva visto crescere, chiuse le finestre, mise poche cose in uno zaino e partì solo, diretto oltre le montagne che la nonna gli aveva indicato.
La strada era lunga, ma la stagione mite: viaggiò spesso a piedi, ma a volte sui carretti di passaggio che portavano mercanzie in città, così conobbe tanta gente del suo stesso paese e di quelli vicini.
Non una volta la sua prudenza lo salvò da brutte avventure con gente cattiva, ma si accorse anche che alcune persone che considerava amiche, in realtà lo portavano spesso fuori strada, seguendo il percorso comodo per loro stessi, ma non utile a Sandro: lui, rimasto solo com'era, per il piacere della compagnia li lasciava fare, ma poi gli toccava tornare indietro a piedi per ricongiungersi al suo cammino e la cosa finì per diventare faticosa ed allungare il suo viaggio oltre misura.
Sandro capì che se desiderava arrivare oltre la montagna doveva diventare capace di camminare da solo e limitarsi a godere della compagnia degli amici quando capitava di condividere un pezzo di strada: quando invece le strade si dividevano se il piacere di stare insieme era reciproco, ci si poteva un pò fermare a chiacchierare per qualche tempo, senza procedere in alcuna direzione in modo che nessuno dovesse poi impiegare il doppio del tempo per tornare indietro.
Così facendo scoprì che gli amici disposti a fermarsi erano davvero pochissimi e che tutti gli altri in realtà avevano approfittato della sua tristezza per la perdita della nonna e del suo bisogno di compagnia ed affetto per farsi accompagnare su itinerari che non servivano a Sandro, né gli interessavano per nulla.
Fin da piccolo lui non faceva fatica a distinguere le cose buone da quelle cattive: la nonna glielo aveva insegnato, ma si accorse che poteva essere difficile distinguere un vero amico da uno finto o "di comodo" per così dire: la cosa lo rattristò, ma aveva buone gambe e sapeva esattamente dove voleva andare, così più affaticato da questa nuova scoperta che dal cammino, proseguì per la sua strada e gli accadde purtroppo di sentirsi terribilmente solo.
Con il trascorrere dei giorni imparò a farsi compagnia, guardandosi dentro, ripensando a cose accadute, discorsi, sensazioni e tante cose: così facendo si accorse che questo ripensare a volte gli permetteva di capire meglio e vedere cose piuttosto evidenti che sul momento non aveva notato, magari perché distratto da altro, ma anche che il ripensare era un modo per dilatare le cose, facendole apparire più grandi ed importanti ed a volte addirittura distorcendole del tutto.
La fiducia che aveva sempre nutrito nel proprio acume, che a scuola gli insegnanti avevano tanto lodato, ne uscì un tantino rimpicciolita, anche perché forse (andava argomentando dentro di sé) è la solitudine stessa che a volte fa apparire piccole le cose, come quando uno le guarda da tanto lontano.... e intanto camminava e camminava....
Raggiunto il punto più alto della strada, cominciò a scendere, avviandosi verso la pianura e la grande città, che quando era in cima alla strada aveva avvistato da lontano, piccola piccola come un presepe e come ormai gli sembrava ogni cosa.
Camminò ancora a lungo per parecchi giorni e quando giunse poco fuori dal centro abitato incontrò una famiglia su di un carro pieno di masserizie: dal carro che traballava sulle pietre del sentiero cadde
uno sgabello, ma quelli del carro che stavano davanti, storditi com'erano dal rumore e forse dalla curiosità di vedere la città ormai vicina, non se ne accorsero affatto.
Sandro raccolse il povero pezzo di mobilia sgangherato e raggiunse di corsa la testa del carro, per restituirlo ai padroni: era spettinato ed impolverato dal cammino, sicché l'uomo lo guardò con diffidenza, sospettando che il ragazzo avesse in realtà rubato l'oggetto che gli porgeva, ma non potendo fare diversamente, riprese lo sgabello, ringraziò e salutò con fare brusco e riprese a camminare. Non che Sandro si aspettasse quale gratitudine, ma (perché negarlo?) era stanco ed aveva sperato di essere invitato sul carro.
- Pazienza - si disse con una punta di rammarico, ma aveva notato sul carro due donne, anzi una donna ed una ragazzina, probabilmente madre e figlia, una più bella dell'altra: veramente incantevoli perciò si sentì incuriosito ed attratto dal viaggio di quella famigliola.
Finalmente arrivò in città: non aveva molto denaro con sé, quindi si preoccupò di trovare un posto adatto a lui per lavarsi, dormire e rifocillarsi, pensando che subito dopo avrebbe dovuto darsi da fare per cercare di lavorare e provvedere a se stesso.
Dovette cercare per alcune ore: vi erano alberghi e locande in città, ma per lo più erano troppo cari per lui, che doveva cercare di cavarsela con poco.
Sandro non era solo bravo a coltivare la terra ed a costruire recinti per il bestiame: la nonna gli aveva insegnato a riconoscere, coltivare e trattare molte erbe medicamentose ed il ragazzo conosceva a fondo i segreti della natura e della vegetazione: era capace di curare i dolori, le ferite e le febbri.
Fu così che si guadagnò la riconoscenza dell'albergatore, dove infine si era deciso a fermarsi: la moglie di quell'uomo infatti era malata ed aveva una brutta febbre a causa una ferita infetta che la poveretta si era procurata incautamente nel rigovernare le cucine della locanda.
Sandro fortunatamente riuscì a curarla e guarirla nel giro di pochi giorni con qualcuna delle sue erbe e dei sui impiastri misteriosi: la cosa gli fruttò il livore del cerusico che la stava curando già da una settimana senza risultati, ma anche la gratitudine di tutta la famiglia dell'oste.
Presto la voce del misterioso guaritore straniero si sparse nella città e Sandro si trovò a curare in breve giro di tempo molti dei malati della città: molti guarivano, altri li assisteva lenendo il dolore fino alla fine e mai chiedeva compenso, ma tutti quelli che aveva curato e guarito continuavano a regalargli di tutto e nessuno gli chiedeva di pagare alcunché di qualunque cosa avesse bisogno.
Ogni giorno Sandro doveva uscire dalla città ed addentrarsi nel bosco per cercare le erbe che servivano ai suoi malati ed ogni giorno doveva essiccare o pestare nel mortaio per estrarne essenze o ancora bollire, tritare e polverizzare le erbe che raccoglieva per ottenerne sciroppi, tisane, creme ed unguenti: insomma tutto quello che poteva servirgli per trovarlo già pronto al momento giusto.
Dovette ripulire ed organizzare una vecchia rimessa dietro l'albergo, che l'oste gli cedette volentieri e ne fece un vero e proprio piccolo laboratorio, dove la gente andava a chiedere rimedi per i propri malanni. Un giorno dopo già alcuni anni andò a trovarlo perfino il cerusico della città, che gli propose di collaborare con lui nella cura dei malati: Sandro accettò, ma ormai non più così ingenuo come pochi anni addietro, fu sempre molto attento nel non rivelargli mai i segreti dei propri rimedi.
Grazie al suo talento, Sandro conduceva una vita faticosa, ma agiata: non era più il ragazzino sporco di polvere, stracciato e con poche monete in tasca che qualche tempo prima aveva fatto il suo ingresso in città. Una sera, mentre il giovane stava per uscire per le sue quotidiane ricerche, bussò alla porta del suo laboratorio una fanciulla: sembrava in affanno ed aveva una espressione sconvolta, ma questo, come a volte accade, rendeva la sua bellezza ancora più attraente, tanto che Sandro se ne sentì tagliare il fiato nel vederla, anche perché non fece alcuno sforzo per riconoscerla come la bambina incontrata sul carro il giorno del suo ingresso in città.
Con poche parole rotte dall'emozione la giovane gli spiegò che suo padre stava male: durante il giorno era stato morso da un serpente mentre lavorava nei campi ed all'inizio non sembrava nulla di importante, ma ora...
Sandro infilò nel suo zaino alcuni vasetti e barattoli, prese con sé certi strumenti e seguì la ragazza con il grande desiderio e speranza di riuscire ad aiutarla.
La famiglia abitava al centro della città, nel solaio di un grande palazzo: il padre della giovane Bianca giaceva nel letto e non sembrò accorgersi dell'arrivo dei due.
Sandro si diede subito da fare al capezzale dell'uomo e dopo aver deterso la ferita e somministrato l'antidoto, aspettò che il suo respiro si regolarizzasse, spiegò alla figlia (la bella Bianca) ed alla moglie dell'uomo che c'era solo da aspettare che le medicine avessero effetto, promise di tornare al mattino successivo e prese congedo.
Tornò al suo laboratorio in grande agitazione, ma per la prima volta invece di pensare al malato nella sua mente continuava a comparire il viso della fanciulla sconvolta. Decise di riposare ed andò nella sua stanzetta dietro il laboratorio, dove era solito dormire, ma il sonno faticò molto ad arrivare: finalmente quando ormai il cielo cominciava ad illuminarsi fu sopraffatto dalla stanchezza e chiuse gli occhi. In quelle condizioni non sarebbe stato lui stesso in grado di dire se fosse addormentato o in veglia: il cuore pulsava veloce e l'agitazione non accennava a placarsi. Si trovò senza capire come nella radura dove accompagnava la nonna da bambino a scegliere e raccogliere le preziose erbe, con una strana angoscia in gola, quando ad un tratto percepì distintamente il richiamo: era la nonna, non poteva sbagliarsi nel riconoscerne la voce. Si guardò intorno, ma non riusciva a vederla, la voce veniva dall'alto come un eco tra le rocce dei monti e quando Sandro alzò gli occhi nella luce del primo mattino incontrò con lo sguardo i colori dell'arcobaleno: cadeva poco distante dai suoi piedi, disegnando un arco perfetto che si perdeva tra le nuvole, tingendole capricciosamente di rosa ed azzurrino.
- Allora? Dovrò aspettare ancora molto? -
lo interrogò divertita la nonna, senza spazientirsi e lui, stringendo gli occhi, ne distinse finalmente la sagoma familiare in uno sbuffo violetto: era proprio in cima, nel punto più alto dell'arcobaleno.
Sandro si sentì sgomento, sorpreso, ma anche felice nel rivedere la sua nonna:
- Hai mantenuto la promessa... -
riuscì a sussurrare
- Quando ricordi che io ti abbia mancato una promessa? -
lo interrogò la nonna increspando appena la sua profonda ruga tra le sopracciglia
- Come posso raggiungerti? -
si disperò Sandro con le lacrime agli occhi, ma la nonna:
- tu comincia a salire sull'arcobaleno: non avrai mica paura?? -
Punto sul vivo, Sandro si avvicinò al fascio di luce colorata vicino ai suoi piedi e provò ad immergervi una scarpa: con sua grande sorpresa la scarpa si fermò prima di toccare terra e nel fascio di luce si avanzava senza fatica, appena scivolando verso l'alto, senza bisogno di camminare ed arrampicarsi. In men che non si dica, preso dall'euforia il giovane arrivò in cima, dove la vecchia lo attendeva, potette vederla da vicino e toccarne il grembo caldo ed accogliente, che ben conosceva.
I due parlarono molto a lungo, ma il sole che saliva nel cielo andava dissolvendo le goccioline dell'aria, finché la nonna gli disse:
- Ora devi scendere, prima che il ponte sparisca: vai ora, corri via! -
e lo spinse in giù appena in tempo prima che l'aria tornasse del tutto limpida e trasparente.
Sandro non seppe mai spiegare a se stesso se quello fosse stato un sogno o cosa, ma non si risvegliò nel suo letto: era nella radura, non quella conosciuta da bambino, ma quella vicino alla città dove era solito recarsi in cerca delle sue erbe. Era confuso ed incredulo, ma accanto ai suoi piedi c'era una bottiglietta che era appartenuta proprio alla nonna con una etichettatura che solo loro due conoscevano e che sicuramente gli sarebbe tornata utile nel visitare il padre di Bianca al mattino, come aveva promesso di fare.
Nessuno sa cosa si siano detti Sandro e la nonna: erano troppo in alto e le parole sono andate perdute nel vento, ma c'è chi giura di aver visto delle lacrime brillare sulle guance del giovane mentre dal bosco si avviava al centro della città per visitare il suo malato...
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