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Pomeriggio notturno

Le ciglia appiccicate nel vapore aromatico del pomeriggio torrido, la fatica di riaprire gli occhi e la nauseante vertigine attanagliata alle tempie, poi  il suo  stesso respiro lento, pesante come un macigno sul petto: la prima cosa che riuscì a mettere a fuoco fu il colore verde dell'erba del campo.
Impiegò del tempo a riaversi ed a prendere coscienza, si chiese dove si trovasse: fu la prima domanda formulata nitidamente nella sua mente, ma non ricordava dove avrebbe dovuto trovarsi, né cosa l'aveva condotta in quel luogo. Cominciò a percepire l'umido sulla schiena e sul fianco perciò tentò di sollevarsi: fu allora che venne colta di sorpresa perché le gambe non le rispondevano. Poteva sollevare il tronco, puntandosi sui gomiti, ma il bacino riusciva appena faticosamente a trascinarlo, sentì avvicinarsi delle voci:
- Resti ferma, non si muova, non si sforzi: tranquilla: è in arrivo l'ambulanza!

Lucia rimase inebetita: aprì la bocca per dire qualcosa che non fece in tempo a pronunciare, poi lasciò andare il capo all'indietro, le ultime parole che udì furono quelle dell'uomo che urlava a qualcuno dietro di sé:
- Qui ce n'è una ancora viva: fate presto!
Poi perse di nuovo coscienza.

Sentiva le mani scivolare sulle pareti di roccia coperte da un muschio sdrucciolevole come le alghe dello scoglio ed andava sempre più giù, trascinata dalle gambe che penzolavano inerti, le mani graffiate a sangue dai sassi appuntiti nei quali, malgrado il dolore, cercava un appiglio.
Chinò il capo sul dorso delle sue mani ancora aggrappate e sentì un gusto dolciastro sulle labbra, poi seguì il buio e dal profondo il cigolio di giunture arrugginite che la fecero trasalire come un potente pugno centrato in pieno petto: riprese a respirare con un singhiozzo e vide il bianco del lenzuolo, ne sentì l'asciutto ed il suo capo dondolò a destra e sinistra, senza riuscire a mettere a fuoco altro.
Non ricordava nulla di quanto accaduto, né di se stessa e della sua vita.
Un frastuono di immagini e colori senza contorno ritmati da una musica cadenzata come un brusio di sottofondo. Sudava e le sembrò di urlare finalmente: era la sua voce.

- Lucia... Lucia... che succede? Lucia?
Qualcuno scuoteva il braccio intorpidito dal gelo: Lucia aprì gli occhi.
- Cos'è stato? Ancora quel sogno?
La stanza era buia, abituando gli occhi alla penombra, riuscì a distinguere i lineamenti dell'uomo con cui condivideva la vita ormai da  anni.
- Ho sognato un incidente grave - mormorò  con la voce impastata.
Perché tornava quel sogno? Quale il desiderio teneva nascosto dietro quella enorme angoscia?
Per cosa nel suo profondo era disposta quasi a morire? Il coma, l'amnesia... ecco, forse...
Lui arrivò con un sorriso apprensivo ed un bicchiere d'acqua: Lucia lo guardò avvilita, poi bevve tutto d'un fiato e si girò dall'altra parte.
In un sommesso frastuono indistinto udì le parole:
- Va meglio?
Ma già dormiva...

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