Giancarlo Siani: ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985
23/09/2013
Era nato a Napoli il 19 settembre del 1959 ed aveva appena compiuto 26 anni Giancarlo Siani, quando fu falciato la sera del 23 settembre 1985 circa alle nove mentre rientrava a casa sua al Vomero.
In fondo era appena un ragazzo, ma con la passione del giornalismo: il suo era un giornalismo investigativo, d'inchiesta, potremmo dire militante.
Militante perché fin dall'inizio aveva voluto occuparsi di fatti di camorra lavorando inizialmente con l'"Osservatorio sulla camorra" e passando quindi alla collaborazione con "Il Mattino" di Napoli.
Faceva per il Mattino il corrispondente da Torre Annunziata, zona parecchio infestata dalla malavita organizzata.
Viaggiava tra il Vomero e Torre Annunziata sempre con la sua Mehari in giro per gli uffici di polizia (e non soltanto) a raccogliere informazioni per i suoi servizi ed a bordo della sua auto fu ucciso, crivellato da numerosi colpi di pistola, praticamente sotto casa sua.
A Napoli oggi presso la sede del Mattino di via Chiatamone un convegno sulla legalità in memoria di Siani, mentre la sua vecchia Citroen percorrerà le strade di Napoli: al volante Roberto Saviano.
L'evento viene trasmesso in diretta dal Mattino.
Era realmente abile ed appassionato Siani nello scovare ed intuire traffici e verità nel mondo del malaffare ed infatti sono stati proprio alcuni suoi servizi giornalistici a farne decretare la condanna:
Siani il 10 giugno del 1985 aveva pubblicato un articolo nel quale erano descritte alcune macchinazioni avvenute nell'ambito dei clan camorristici. Era stato arrestato Valentino Gionta boss storico dell'omonimo clan: Siani aveva scoperto e scritto nel suo servizio che questo arresto era avvenuto grazie ad una delazione (soffiata) di alcuni esponenti del clan Nuvoletta (che, a quanto pare, aveva acquisito a questa condizione una sorta di patto di pacificazione col clan Bardellino). Era tutto vero! Ma i Nuvoletta avevano bisogno di dissimulare con i Gionta il loro tradimento e lo fecero decretando la condanna a morte del ragazzo!
Le indagini durarono 12 anni e, grazie alle dichiarazioni di tre pentiti, finalmente nell'aprile 1997 furono condannati all'ergastolo i mandanti (Lorenzo ed Angelo Nuvoletta e Luigi Baccante) e gli esecutori materiali (Ciro Cappuccio ed Armando Del Core).
A Giancarlo oggi va l'omaggio della città di Napoli e di tutto il mondo del giornalismo.
Era nato a Napoli il 19 settembre del 1959 ed aveva appena compiuto 26 anni Giancarlo Siani, quando fu falciato la sera del 23 settembre 1985 circa alle nove mentre rientrava a casa sua al Vomero.
In fondo era appena un ragazzo, ma con la passione del giornalismo: il suo era un giornalismo investigativo, d'inchiesta, potremmo dire militante.
Militante perché fin dall'inizio aveva voluto occuparsi di fatti di camorra lavorando inizialmente con l'"Osservatorio sulla camorra" e passando quindi alla collaborazione con "Il Mattino" di Napoli.
Faceva per il Mattino il corrispondente da Torre Annunziata, zona parecchio infestata dalla malavita organizzata.
Viaggiava tra il Vomero e Torre Annunziata sempre con la sua Mehari in giro per gli uffici di polizia (e non soltanto) a raccogliere informazioni per i suoi servizi ed a bordo della sua auto fu ucciso, crivellato da numerosi colpi di pistola, praticamente sotto casa sua.
A Napoli oggi presso la sede del Mattino di via Chiatamone un convegno sulla legalità in memoria di Siani, mentre la sua vecchia Citroen percorrerà le strade di Napoli: al volante Roberto Saviano.
L'evento viene trasmesso in diretta dal Mattino.
Era realmente abile ed appassionato Siani nello scovare ed intuire traffici e verità nel mondo del malaffare ed infatti sono stati proprio alcuni suoi servizi giornalistici a farne decretare la condanna:
Siani il 10 giugno del 1985 aveva pubblicato un articolo nel quale erano descritte alcune macchinazioni avvenute nell'ambito dei clan camorristici. Era stato arrestato Valentino Gionta boss storico dell'omonimo clan: Siani aveva scoperto e scritto nel suo servizio che questo arresto era avvenuto grazie ad una delazione (soffiata) di alcuni esponenti del clan Nuvoletta (che, a quanto pare, aveva acquisito a questa condizione una sorta di patto di pacificazione col clan Bardellino). Era tutto vero! Ma i Nuvoletta avevano bisogno di dissimulare con i Gionta il loro tradimento e lo fecero decretando la condanna a morte del ragazzo!
Le indagini durarono 12 anni e, grazie alle dichiarazioni di tre pentiti, finalmente nell'aprile 1997 furono condannati all'ergastolo i mandanti (Lorenzo ed Angelo Nuvoletta e Luigi Baccante) e gli esecutori materiali (Ciro Cappuccio ed Armando Del Core).
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