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Corolle racchiuse: la poesia ermetica

L'immagine di un poeta solo, racchiuso tra le voci del proprio animo, capace di manifestarsi soltanto in attimi di ispirazione mistica, attraverso forme oracolari ed indecifrabili, proprie dei folli e degli invasati. Un poeta che ricerca rifugio nel limbo divino della propria musa in una concezione non tanto aristocratica, quanto volutamente emarginata dalla storia, che ai tempi della nascita della corrente ermetica, era in Italia, la storia del fascismo.
Una cultura che si stacca senza pronunciare verbo dalla nave madre dei percorsi lungo i quali si vanno snodando la politica e gli accadimenti dei tempi.
Questo è in qualche misura lo stato d'animo sotteso alla poesia ermetica, tutto rivolto alla ricerca introspettiva ed esistenziale, espressa in forme simboliche ed analogiche non facilmente decifrabili.

Lo stile poetico nasce con Ungaretti ed è una forma di comunicazione che va nel senso opposto a quello dello stile propagandistico della politica ai tempi del fascismo, si tratta infatti al contrario di una comunicazione fatta solo ed esclusivamente per chi si pone in attento ascolto.

Una parola, poche parole disperse nelle fiumane di verbosità pomposa e prepotente diffusa dalla comunicazione di massa. Parole sussurrate e smorzate dall'emozione.

Assolutamente rappresentativa dello stile ermetico è "Il porto sepolto" di Ungaretti:

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde.
Di questa poesia
mi resta quel nulla
d'inesauribile segreto.

Cosa dire del "nulla d'inesauribile segreto"? Quella miniera di profondità infinita che racchiude i misteri dell'animo? Neanche il poeta può decifrare tutto l'universo affascinante ed invisibile celato nei meandri del suo sottosuolo emozionale: qualcosa rimane nel non detto, qualcosa si intuisce ed al poeta, tornato alla luce non resta che la confusione indistinta di un canto disperso.

Una evocazione di profondità inconoscibile emerge anche, fra gli altri da o versi di Quasimodo, in "S'ode ancora il mare":

Già da più notti s'ode ancora il mare
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d'una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce
ed io vorrei che pure a te venisse
ora di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.

Un rimescolarsi d'onde come correnti d'emozioni che sgorgano dal murmure buio, profondo ed immenso evocato dalla distesa del mare...

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