Donne e lavoro: l'analisi Istat
Ieri, il 26 febbraio, è stata presentata alla Commissione Parlamentare del Lavoro una relazione informativa, elaborata dall'Istat, che mette a confronto l'andamento ed i dati relativi al lavoro femminile comparato a quello maschile nel corso di un ampio arco di tempo che va dal 1967 al 2018. La relazione, curata dalla dr.ssa Sabbadini, evidenzia diverse criticità:
- Il gap di genere tra i tassi di occupazione femminile e maschile, malgrado si sia ridotto considerevolmente negli anni, permane in Italia al di sopra della media europea, con un tasso di occupazione femminile inferiore del 18% a quello maschile, contro il 10% europeo. Ad essere maggiormente penalizzate sono le donne che vivono al sud e che hanno un basso livello di istruzione.
- Il divario territoriale tra nord e sud persiste molto elevato: solo il 32,2% delle donne meridionali lavora (circa una su tre) contro il 59,7 del nord (quasi due su tre). Il livello di scolarizzazione incide nel senso che il tasso di occupazione cresce con il grado di istruzione acquisito.
- Il cosiddetto Gender Pay Gap, l'indicatore che a livello europeo monitora le differenze retributive tra uomini e donne, in Italia sarebbe uno dei più bassi a livello europeo, calcolato al 5% in meno nell'anno 2017: questa valutazione tuttavia tiene conto solo di alcuni tipi di lavoro. Secondo l'Istat, considerando nell'insieme tutti i redditi maschili e femminili dell'anno 2017, una donna ha mediamente guadagnato il 25% in meno di un uomo e questo malgrado la differenza si sia andata riducendo nel tempo (era del 28% nel 2008). Il GPG comunque tende ad essere considerevolmente più alto nel comparto del lavoro privato rispetto al pubblico.
- La qualità del lavoro femminile tende a peggiorare: vi sono elevati tassi di precarietà, part time involontario e sovraistruzione rispetto al ruolo lavorativo ricoperto. Le donne impegnate con contratti a tempo determinato sono il 17,3% nel 2019 per i primi tre trimestri. Nel medesimo periodo del 2019 il 32,8% delle donne svolge un lavoro part time (contro l'8,7% degli uomini). Nel 60% dei casi si tratta di part time involontario, cioè legato alle esigenze delle aziende e non a quelle delle lavoratrici e questa involontarietà del part time è un parametro in crescita. Il 35,2% delle laureate, sempre nei primi tre trimestri del 2019, svolge un lavoro non adeguato al proprio titolo di studi. Tra le lavoratrici c'è una maggiore percentuale di dipendenti con paga bassa (inferiore ai 2/3 di quella media) soprattutto nei settori della ristorazione e servizi alle famiglie.
- Persistono rilevanti difficoltà nel conciliare gli impegni familiari con quelli lavorativi: il tasso di occupazione delle madri è più basso mediamente del 26% rispetto alle donne che non hanno figli, gap che tende a decrescere con l'elevarsi del livello di scolarizzazione. Il 38,3% delle donne che lavorano hanno dovuto modificare qualcosa nel proprio orario di lavoro contro l'11,9% degli uomini. Le donne di 25 o più anni che rinunciano al lavoro dopo la nascita di figli vanno dall'11% al primo figlio al 19% dopo tre o più figli. Su questo aspetto incide molto la disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia nel territorio di residenza.
- I servizi educativi per la prima infanzia sono quasi inesistenti al sud dell'Italia: ai due estremi la Valle D'Aosta dove 47 bambini su 100 hanno un posto in un nido e la Campania, dove solo 9 bambini su 100 possono contare su un pasto disponibile in asilo nido. La differenza di spesa pubblica tra due bambini di cui uno residente a Trento ed uno in Calabria è di 2.119,00 euro all'anno a svantaggio del bambino calabrese. Nei territori privi di servizi per l'infanzia le famiglie non hanno potuto neanche fruire dei bonus nido concessi dalla legge (e nessuno ha pagato le casalinghe, n.d.r.).
Il quadro complessivo, benché siano stati registrati miglioramenti nel corso del tempo, risulta ancora molto penalizzante per le donne e le famiglie con bambini, in particolar modo nei territori carenti di servizi come il Mezzogiorno. La relazione analizza anche la presenza di genere nei ruoli apicali di aziende e diversi tipi di servizi pubblici: dati che lasciano emergere anche a questo riguardo una certa lentezza nel raggiungimento reale di pari opportunità per il genere femminile. I settori sanitario e diplomatico, ad esempio, dispongono di poche donne in posizioni apicali, migliorati invece sotto questo profilo la Magistratura, i Ministeri, gli Enti Locali e la Scuola.
Qualcosa è migliorato, ma ci sono ancora troppe disparità.
RispondiEliminaSaluti a presto.
Evidentemente e stando ai dati è così, purtroppo.
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