Topografia delle relazioni umane. Primo punto: i confini ed il rispetto
Queste righe non potranno trattare in forma esaustiva le difficoltà che talvolta nascono all'interno dei piccoli e grandi gruppi sociali (reali o virtuali che essi siano) per l'alterazione delle dinamiche di relazione e/o per l'instaurarsi di vere e propri circuiti patologici, che abitualmente finiscono non solo per danneggiare e sgretolare il gruppo, ma per compromettere anche la serenità di ciascun componente, producendo danni individuali inversamente proporzionali al livello di strutturazione e di stabilità del singolo individuo, nonché all'efficiente funzionamento dei suoi personali meccanismi di difesa.
In questo spazio invece mi limiterò a fornire un semplice vademecum di quelli che sono i disturbi più frequenti tentando anche di suggerire alcune considerazioni utili alla tutela individuale, attraverso il riconoscimento degli spazi e relativi limiti o confini presenti in ciascun rapporto sociale.
Chiariamo con un semplice esempio: se una nave affonda ed io non ho la possibilità e la competenza tecnica per riuscire a tenerla a galla, potrò al massimo cercare di imbarcare sulle scialuppe di salvataggio il maggior numero di passeggeri possibile (tra cui preferibilmente me stessa). Analogamente se un nucleo familiare, una coppia o un gruppo sociale qualsivoglia è rimasto intrappolato in una spirale di progressivo deterioramento è utile svincolarsi ed aiutare nello svincolo gli elementi ancora sani del gruppo.
Uno dei processi cognitivi frequentemente utilizzati dalla mente umana è la generalizzazione: si tratta di un procedimento cardine per la costruzione di rappresentazioni e concetti mentali, ma per essere esercitata correttamente deve coniugarsi alla discriminazione, come di fatto avviene nelle menti mature.
In assenza di discriminazione i processi di generalizzazione impropria (frequenti nell'infanzia, ma anche nelle personalità disturbate) possono comportare un tentativo di espansione della struttura gerarchica nei rapporti tra individui oltre i confini della organizzazione funzionale in riferimento alla quale essa è stata costruita: questa è una delle situazioni che generano seri disagi all'interno dei gruppi di persone, perché possono ledere l'autostima dei singoli e provocare quindi violenti moti di ribellione e dinamiche intensamente conflittuali.
Esercitare la discriminazione significa operare dei distinguo e stabilire dei confini propri del ruolo rispetto alle altre aree di attività, funzionamento e scelta di ciascun individuo.
Per dirla in parole semplici il caporale della pattuglia potrà impartire disposizioni ai suoi militari su come imbracciare il fucile e come marciare, ma nascerebbero problemi gravi se lo stesso caporale pretendesse di scegliere le fidanzate dei suoi soldati! Detta così la cosa è lapalissiana, ma non è infrequente che "sconfinamenti" di questo genere si verifichino in molti gruppi più o meno organizzati.
Il riconoscimento dei limiti del proprio ruolo da parte di ciascuno e soprattutto da parte delle figure investite maggiormente di autorità e prestigio all'interno di un gruppo, prende il nome di RISPETTO.
La subalternità di un ruolo non implica in alcun modo una subalternità umana: la prima è accettabile da chiunque in quanto vincolata alle specifiche competenze, la seconda può essere imposta in tutto o in parte in alcuni contesti e limitatamente ad alcuni individui, solitamente quelli con strutture più dipendenti e fragili che necessitano maggiormente della appartenenza al gruppo nella costruzione della propria identità e nel ritagliarsi un proprio spazio nel mondo.
La violazione dei principi del rispetto comunque genera sempre squilibri e prima o poi i nodi vengono al pettine ...
In questo spazio invece mi limiterò a fornire un semplice vademecum di quelli che sono i disturbi più frequenti tentando anche di suggerire alcune considerazioni utili alla tutela individuale, attraverso il riconoscimento degli spazi e relativi limiti o confini presenti in ciascun rapporto sociale.
- LIMITARE IL DANNO
Chiariamo con un semplice esempio: se una nave affonda ed io non ho la possibilità e la competenza tecnica per riuscire a tenerla a galla, potrò al massimo cercare di imbarcare sulle scialuppe di salvataggio il maggior numero di passeggeri possibile (tra cui preferibilmente me stessa). Analogamente se un nucleo familiare, una coppia o un gruppo sociale qualsivoglia è rimasto intrappolato in una spirale di progressivo deterioramento è utile svincolarsi ed aiutare nello svincolo gli elementi ancora sani del gruppo.
- STABILIRE I CONFINI
Uno dei processi cognitivi frequentemente utilizzati dalla mente umana è la generalizzazione: si tratta di un procedimento cardine per la costruzione di rappresentazioni e concetti mentali, ma per essere esercitata correttamente deve coniugarsi alla discriminazione, come di fatto avviene nelle menti mature.
In assenza di discriminazione i processi di generalizzazione impropria (frequenti nell'infanzia, ma anche nelle personalità disturbate) possono comportare un tentativo di espansione della struttura gerarchica nei rapporti tra individui oltre i confini della organizzazione funzionale in riferimento alla quale essa è stata costruita: questa è una delle situazioni che generano seri disagi all'interno dei gruppi di persone, perché possono ledere l'autostima dei singoli e provocare quindi violenti moti di ribellione e dinamiche intensamente conflittuali.
Esercitare la discriminazione significa operare dei distinguo e stabilire dei confini propri del ruolo rispetto alle altre aree di attività, funzionamento e scelta di ciascun individuo.
Per dirla in parole semplici il caporale della pattuglia potrà impartire disposizioni ai suoi militari su come imbracciare il fucile e come marciare, ma nascerebbero problemi gravi se lo stesso caporale pretendesse di scegliere le fidanzate dei suoi soldati! Detta così la cosa è lapalissiana, ma non è infrequente che "sconfinamenti" di questo genere si verifichino in molti gruppi più o meno organizzati.
Il riconoscimento dei limiti del proprio ruolo da parte di ciascuno e soprattutto da parte delle figure investite maggiormente di autorità e prestigio all'interno di un gruppo, prende il nome di RISPETTO.
La subalternità di un ruolo non implica in alcun modo una subalternità umana: la prima è accettabile da chiunque in quanto vincolata alle specifiche competenze, la seconda può essere imposta in tutto o in parte in alcuni contesti e limitatamente ad alcuni individui, solitamente quelli con strutture più dipendenti e fragili che necessitano maggiormente della appartenenza al gruppo nella costruzione della propria identità e nel ritagliarsi un proprio spazio nel mondo.
La violazione dei principi del rispetto comunque genera sempre squilibri e prima o poi i nodi vengono al pettine ...
Quanto meno paradossale però è il fatto che l'uomo si unisca ad altri formando dei gruppi nella lotta per un mondo senza classismo... ;)
RispondiEliminaEhhhh ... il discorso sarebbe lungo: ovvio che quel che io ho presentato è una indicazione semplicissima fruibile per la difesa personale nei gruppi piccoli e quando la norma sovrastrutturale è quella di uno stato di diritto (cosa che al momento potrebbe essere messa in dubbio per l'Italia) ma se andiamo sulle riflessioni storiche è ovvio che quando appartenenza ad una casta o classe sociale equivale al possesso dei mezzi di sussistenza il discorso diventa diverso ... Ciao Jennaro!
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