La sindrome feto alcolica: come prevenirla. Lo studio OMS sulle comunità aborigene australiane.
Di recente pubblicazione sul sito dell'OMS una ricerca sulla prevenzione della sindrome fetoalcolica nelle popolazioni aborigene di una regione dell'Australia, dove a partire dal 2007 sono state svolte indagini che hanno dimostrato (come in altre comunità umane svantaggiate) una elevata incidenza della FAS.
Le stesse comunità aborigene, in seguito a campagne educative specifiche, hanno invitato le autorità locali a limitare la vendita di alcolici: da quando i provvedimenti restrittivi sono stati adottati risultano ridotti del 43% i casi di violenza domestica e dimezzati i ricoveri ospedalieri di bambini affetti da disturbi correlati alla esposizione di alcol durante la gestazione. L'esito positivo ha indotto a protrarre i provvedimenti a tempo indeterminato e ad estenderli ad altre comunità rurali.
Ormai nel mondo e nelle culture occidentali non è frequente imbattersi nelle patologie infantili legate all'uso e/o abuso dell'alcol in gravidanza. Benché l'individuazione ed il riconoscimento degli effetti teratogeni dell'alcol siano relativamente recenti (la prima descrizione di una sindrome fetoalcolica risale al 1968 ad opera di uno studioso francese, Lemoine) attualmente è diffusa ed universale la conoscenza dei suoi effetti nocivi sul feto. Sono stati descritti nel tempo diverse sindromi ed effetti alcol correlati, sicché oggi si preferisce parlare di "spettro dei disordini fetoalcolici" (FASD) in quanto la espressività dei disturbi alcol correlati nel feto può variare in rapporto a diversi fattori, quali frequenza e quantità del consumo, concomitanza di fumo, abuso di droghe, tipo di nutrizione e così via.
L'alcol è una sostanza legale, accettata socialmente e largamente consumata come altri alimenti, anche al di fuori dei casi di abuso vero e proprio, sicché si calcola che circa la metà delle donne gravide possano assumere alcol in quantità moderata. Se una donna consuma più di sette bevande alcoliche nel corso di una settimana il prodotto del concepimento può essere esposto a danni correlati all'alcol ed i danni maggiori si producono nel 1° trimestre di gravidanza, prima che la donna sia consapevole del proprio stato di gestante.
Il problema è che la diluizione dell'alcol nell'organismo femminile avviene in una minore quantità di liquidi e quindi a parità di assunzione, la concentrazione di alcol nel sangue sarà più elevata in una donna che in un uomo: lo smaltimento è più lento nell'organismo femminile ed ancora più lento nel feto. La sostanza ritanuta maggiormente responsabile dei danni fetali è la acetaldeide (prodotto del metabolismo dell'alcol etilico) che può permanere a lungo all'interno degli organi fetali.
I sintomi della FAS colpiscono solo una parte (circa il 30-40%) dei bambini concepiti da una madre consumatrice di elevate quantità di alcolici. Una suscettibilità legata a fattori genetici predisponenti e soprattutto l'intensità, il tipo e la durata dell'uso di alcolici possono essere fattori importanti che condizionano la comparsa della sindrome.
La sindrome fetoalcolica completa è di norma caratterizzata da dismorfismi facciali, microcefalia, ritardo mentale, disturbi uditivi e del linguaggio ed infine alterazioni della sfera affettiva e comportamentale.
Come prima accennato l'espressività sindromica può variare e non necessariamente la sintomatologia segnalata è completa: sono stati infatti descritti anche effetti fetoalcolici (FAE) disordini dello sviluppo neurologico alcol correlati (ARND) e difetti congeniti alcol correlati (ARBD).
Tutte sono espressioni parziali della esposizione all'alcol in gravidanza.
Sotto il profilo preventivo l'unico provvedimento valido per le donne in età fertile, che non usano contraccettivi, consiste nell'astenersi o limitare il più possibile il consumo di alcolici: le campagne di informazione ed educazione sanitaria da questo punto di vista rivestono un ruolo centrale.
In situazioni di rischio può risultare di qualche utilità la somministrazione di antiossidanti (vitamine E, C e beta-carotene) e di acido retinoico che favorisce un migliore sviluppo embrionale.
Le stesse comunità aborigene, in seguito a campagne educative specifiche, hanno invitato le autorità locali a limitare la vendita di alcolici: da quando i provvedimenti restrittivi sono stati adottati risultano ridotti del 43% i casi di violenza domestica e dimezzati i ricoveri ospedalieri di bambini affetti da disturbi correlati alla esposizione di alcol durante la gestazione. L'esito positivo ha indotto a protrarre i provvedimenti a tempo indeterminato e ad estenderli ad altre comunità rurali.
Ormai nel mondo e nelle culture occidentali non è frequente imbattersi nelle patologie infantili legate all'uso e/o abuso dell'alcol in gravidanza. Benché l'individuazione ed il riconoscimento degli effetti teratogeni dell'alcol siano relativamente recenti (la prima descrizione di una sindrome fetoalcolica risale al 1968 ad opera di uno studioso francese, Lemoine) attualmente è diffusa ed universale la conoscenza dei suoi effetti nocivi sul feto. Sono stati descritti nel tempo diverse sindromi ed effetti alcol correlati, sicché oggi si preferisce parlare di "spettro dei disordini fetoalcolici" (FASD) in quanto la espressività dei disturbi alcol correlati nel feto può variare in rapporto a diversi fattori, quali frequenza e quantità del consumo, concomitanza di fumo, abuso di droghe, tipo di nutrizione e così via.
L'alcol è una sostanza legale, accettata socialmente e largamente consumata come altri alimenti, anche al di fuori dei casi di abuso vero e proprio, sicché si calcola che circa la metà delle donne gravide possano assumere alcol in quantità moderata. Se una donna consuma più di sette bevande alcoliche nel corso di una settimana il prodotto del concepimento può essere esposto a danni correlati all'alcol ed i danni maggiori si producono nel 1° trimestre di gravidanza, prima che la donna sia consapevole del proprio stato di gestante.
Il problema è che la diluizione dell'alcol nell'organismo femminile avviene in una minore quantità di liquidi e quindi a parità di assunzione, la concentrazione di alcol nel sangue sarà più elevata in una donna che in un uomo: lo smaltimento è più lento nell'organismo femminile ed ancora più lento nel feto. La sostanza ritanuta maggiormente responsabile dei danni fetali è la acetaldeide (prodotto del metabolismo dell'alcol etilico) che può permanere a lungo all'interno degli organi fetali.
I sintomi della FAS colpiscono solo una parte (circa il 30-40%) dei bambini concepiti da una madre consumatrice di elevate quantità di alcolici. Una suscettibilità legata a fattori genetici predisponenti e soprattutto l'intensità, il tipo e la durata dell'uso di alcolici possono essere fattori importanti che condizionano la comparsa della sindrome.
La sindrome fetoalcolica completa è di norma caratterizzata da dismorfismi facciali, microcefalia, ritardo mentale, disturbi uditivi e del linguaggio ed infine alterazioni della sfera affettiva e comportamentale.
Come prima accennato l'espressività sindromica può variare e non necessariamente la sintomatologia segnalata è completa: sono stati infatti descritti anche effetti fetoalcolici (FAE) disordini dello sviluppo neurologico alcol correlati (ARND) e difetti congeniti alcol correlati (ARBD).
Tutte sono espressioni parziali della esposizione all'alcol in gravidanza.
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