1° ottobre: giornata della Paralisi Cerebrale Infantile
Domani, il 1° ottobre, è un giorno dedicato alle Paralisi cerebrali infantili, l'associazione dei familiari (AFPCI) ha organizzato a Firenze il Congresso nazionale sull'argomento.
Anche per questa, come per altre patologie che producono disabilità croniche e permanenti nella età evolutiva, si punta ad una campagna di sensibilizzazione, indicando il 1° ottobre coma giornata mondiale dedicata alle persone, soprattutto ai bambini che sono affetti da PCI.
Escludiamo pertanto le patologie su base genetica, ma includiamo le patologie malformative del SNC dovute ad intossicazioni, infezioni o assunzioni di farmaci in gravidanza, come ad esempio per esposizione a raggi x o toxoplasmosi in gravidanza.
Attualmente si calcola che 2-3 bambini su 1.000 nati siano affetti da PCI e nella stragrande maggioranza dei casi il danno cerebrale, o meglio encefalico, è stato prodotto da afissia, anossia o emorragia cerebrale (con maggiore rischio in caso di prematuranza o basso peso alla nascita).
Per lo più quindi si tratta di encefalopatie ipossiche ed ischemiche.
Molto dipende dalla localizzazione e dalla estensione del danno, ma molto anche dall'adattamento che il SNC riesce ad esprimere in seguito alla lesione.
La cosiddetta plasticità del tessuto nervoso nelle prime fasi dello sviluppo consente infatti la formazione di circuiti compensativi e vicarianti, che almeno in una certa misura tendono a sopperire alle funzioni lese: di norma comunque possono essere presenti danni neuromotori, disabilità intellettive, epilessia e deficit sensoriali.
La compromissione funzionale può essere minima o grave in ciascuna di queste aree e le possibili combinazioni sindromiche sono pressoché infinite.
Nessun bambino è uguale ad un altro, anche se ha una PCI.
Una classificazione è possibile in base al tipo di danno motorio ed alla sua distribuzione, così come in base alla compromissione del funzionamento cognitivo.
Fino ad oggi conta molto la precocità della diagnosi e quindi la stimolazione del tessuto nervoso residuo e sano, attraverso specifici trattamenti riabilitativi, con lo scopo di facilitare la strutturazione di circuiti vicarianti e prevenire il cosiddetto danno secondario: la base teorica sulla quale si fondano i trattamenti è che la necrosi di alcune zone nervose in assenza di trattamento, possa a sua volta causare l'atrofia dei tessuti nervosi inizialmente sani, ma funzionalmente correlati a quelli danneggiati, viceversa la stimolazione attraverso specifici trattamenti di abilitazione neuromotoria possa prevenire il danno secondario consentendo così l'espressione di tutte le potenzialità residue del bambini.
I trattamenti variano anche a seconda del tipo di danno e della presenza o meno di crisi convulsive, ma fino ad oggi non risulta possibile la ricostruzione dei tessuti danneggiati: laddove i neuroni sono andati in necrosi si formano piccole cicatrici e la speranza di recupero sta nello sviluppo di funzioni vicarianti da parte delle cellule nervose sane, cosa che naturalmente può avvenire entro certi limiti.
Come per tutti gli altri bambini, anche per quelli con PCI, è difficile prevedere con esattezza come saranno da grandi: la medicina è una scienza empirica e non vi sono capacità divinatorie, ma è possibile in base alla gravità del danno diagnosticato azzardare ipotesi sui margini di recupero possibili.
Il bambino con PCI si sviluppa e quindi, se può contare su una buona relazione di cura, ivi inclusa una accettazione incondizionata, e se adeguatamente trattato è probabile che nel corso della maturazione riesca ad esprimere le proprie potenzialità fino ai limiti propri della patologia stessa.
Risulta importante comprendere che lui è proprio quel bambino (con PCI) e come ogni bambino merita di essere amato per se stesso e non investito esclusivamente negli aspetti relativi al livello prestazionale ed alla efficienza delle funzioni acquisite: questa sarebbe una punizione che il bimbo non merita ...
Anche per questa, come per altre patologie che producono disabilità croniche e permanenti nella età evolutiva, si punta ad una campagna di sensibilizzazione, indicando il 1° ottobre coma giornata mondiale dedicata alle persone, soprattutto ai bambini che sono affetti da PCI.
- Cosa vuol dire Paralisi Cerebrale Infantile?
Escludiamo pertanto le patologie su base genetica, ma includiamo le patologie malformative del SNC dovute ad intossicazioni, infezioni o assunzioni di farmaci in gravidanza, come ad esempio per esposizione a raggi x o toxoplasmosi in gravidanza.
Attualmente si calcola che 2-3 bambini su 1.000 nati siano affetti da PCI e nella stragrande maggioranza dei casi il danno cerebrale, o meglio encefalico, è stato prodotto da afissia, anossia o emorragia cerebrale (con maggiore rischio in caso di prematuranza o basso peso alla nascita).
Per lo più quindi si tratta di encefalopatie ipossiche ed ischemiche.
- Quali sono i sintomi della PCI?
Molto dipende dalla localizzazione e dalla estensione del danno, ma molto anche dall'adattamento che il SNC riesce ad esprimere in seguito alla lesione.
La cosiddetta plasticità del tessuto nervoso nelle prime fasi dello sviluppo consente infatti la formazione di circuiti compensativi e vicarianti, che almeno in una certa misura tendono a sopperire alle funzioni lese: di norma comunque possono essere presenti danni neuromotori, disabilità intellettive, epilessia e deficit sensoriali.
La compromissione funzionale può essere minima o grave in ciascuna di queste aree e le possibili combinazioni sindromiche sono pressoché infinite.
Nessun bambino è uguale ad un altro, anche se ha una PCI.
Una classificazione è possibile in base al tipo di danno motorio ed alla sua distribuzione, così come in base alla compromissione del funzionamento cognitivo.
- Quali sono le terapie della PCI?
Fino ad oggi conta molto la precocità della diagnosi e quindi la stimolazione del tessuto nervoso residuo e sano, attraverso specifici trattamenti riabilitativi, con lo scopo di facilitare la strutturazione di circuiti vicarianti e prevenire il cosiddetto danno secondario: la base teorica sulla quale si fondano i trattamenti è che la necrosi di alcune zone nervose in assenza di trattamento, possa a sua volta causare l'atrofia dei tessuti nervosi inizialmente sani, ma funzionalmente correlati a quelli danneggiati, viceversa la stimolazione attraverso specifici trattamenti di abilitazione neuromotoria possa prevenire il danno secondario consentendo così l'espressione di tutte le potenzialità residue del bambini.
I trattamenti variano anche a seconda del tipo di danno e della presenza o meno di crisi convulsive, ma fino ad oggi non risulta possibile la ricostruzione dei tessuti danneggiati: laddove i neuroni sono andati in necrosi si formano piccole cicatrici e la speranza di recupero sta nello sviluppo di funzioni vicarianti da parte delle cellule nervose sane, cosa che naturalmente può avvenire entro certi limiti.
- Cosa succede ad un bambino con PCI?
Come per tutti gli altri bambini, anche per quelli con PCI, è difficile prevedere con esattezza come saranno da grandi: la medicina è una scienza empirica e non vi sono capacità divinatorie, ma è possibile in base alla gravità del danno diagnosticato azzardare ipotesi sui margini di recupero possibili.
Il bambino con PCI si sviluppa e quindi, se può contare su una buona relazione di cura, ivi inclusa una accettazione incondizionata, e se adeguatamente trattato è probabile che nel corso della maturazione riesca ad esprimere le proprie potenzialità fino ai limiti propri della patologia stessa.
Risulta importante comprendere che lui è proprio quel bambino (con PCI) e come ogni bambino merita di essere amato per se stesso e non investito esclusivamente negli aspetti relativi al livello prestazionale ed alla efficienza delle funzioni acquisite: questa sarebbe una punizione che il bimbo non merita ...
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