#37 a Genova un'altra vittima di femminicidio
A Casella nell'entroterra genovese, un uomo di 44 anni, Adrian Balliu, ha ucciso con sette coltellate la moglie Valmira trentenne, mentre i due bambini piccoli della coppia di 3 e 4 anni dormivano in un'altra stanza e sembra non si siano resi conto di quanto stava avvenendo.
Il delitto si sarebbe consumato nel corso di una lite legata a gelosie e/o difficoltà economiche.
L'uomo subito dopo si è costituito, telefonando ai carabinieri ed avvisandoli dell'accaduto.
Un altro assassinio ad appena due giorni di distanza da quello avvenuto appunto due giorni fa nella provincia di Brescia: le due vittime hanno in comune, oltre la sfortunata appartenenza al genere femminile, la giovane età (entrambe 30 anni) l'essere madri entrambe di due bambini (come in ogni famiglia tipo) l'appartenenza ad una fascia a rischio di emarginazione e povertà per il fatto che si trattava di coppie di immigrati o comunque stranieri, ancora l'arma con la quale è stato compiuto l'assassinio (il coltello in entrambi i casi) ed infine la scarsa risonanza mediatica, perché in fondo il fatto non fa poi tanto notizia e non stupisce un granché, specie in determinati contesti.
Molte di queste situazioni potrebbero essere prevenute, specie quando maturano in condizioni di disagio e degrado: gli aspetti più deteriori della cultura dominante infatti si esprimono proprio nelle fasce disagiate di popolazione, per la loro sottocultura più semplice, diretta e violenta.
La diffusione capillare di centri di ascolto antiviolenza, ricoveri ed aiuti concreti per chi è in difficoltà, soprattutto se non supportato da una propria rete di relazioni familiari e sociali cui poter fare riferimento (come appunto avviene per i nuclei familiari di immigrati) sarebbe un punto nodale, né vale dire che questi servizi hanno un costo che attualmente lo Stato non è in grado di fronteggiare: lo stato dovrà fronteggiare il costo del mantenimento di quattro bambini in casa famiglia almeno fino alla maggiore età e questo, anche facendo astrazione dai costi umani, emozionali, psicologici, ma badando solo all'aspetto economico, è un costo realmente molto più elevato rispetto alla istituzione di servizi mirati ed efficienti nei quartieri e nei territori a rischio.
Un bambino in casa famiglia costa intorno ad un centinaio di euro al giorno e non è certo un bambino felice. Ogni anno si compone di 365 giorni ed i bambini degli ultimi due giorni sono già quattro e dovranno essere mantenuti per i prossimi 15 anni, sperando comunque che almeno per i più piccoli ci sia possibilità di adozione. Moltiplicando per 4 poi per 365 e poi per 15 e poi per i 100 euro quotidiani si arriva a cifre enormi, senza contare i costi sanitari delle terapie di supporto che di certo non si possono negare ai piccoli con esperienze e storie di questo tipo.
Teniamo presente che una buona madre viva ed oculata riesce a mantenere tre figli con 1.500 euro al mese senza fargli mancare nulla: e allora? Quand'è che faremo sapere a queste donne che possono avere le spalle coperte e tenersi i propri bambini se fuggono da un uomo violento e maltrattante?
Il delitto si sarebbe consumato nel corso di una lite legata a gelosie e/o difficoltà economiche.
L'uomo subito dopo si è costituito, telefonando ai carabinieri ed avvisandoli dell'accaduto.
Un altro assassinio ad appena due giorni di distanza da quello avvenuto appunto due giorni fa nella provincia di Brescia: le due vittime hanno in comune, oltre la sfortunata appartenenza al genere femminile, la giovane età (entrambe 30 anni) l'essere madri entrambe di due bambini (come in ogni famiglia tipo) l'appartenenza ad una fascia a rischio di emarginazione e povertà per il fatto che si trattava di coppie di immigrati o comunque stranieri, ancora l'arma con la quale è stato compiuto l'assassinio (il coltello in entrambi i casi) ed infine la scarsa risonanza mediatica, perché in fondo il fatto non fa poi tanto notizia e non stupisce un granché, specie in determinati contesti.
Molte di queste situazioni potrebbero essere prevenute, specie quando maturano in condizioni di disagio e degrado: gli aspetti più deteriori della cultura dominante infatti si esprimono proprio nelle fasce disagiate di popolazione, per la loro sottocultura più semplice, diretta e violenta.
La diffusione capillare di centri di ascolto antiviolenza, ricoveri ed aiuti concreti per chi è in difficoltà, soprattutto se non supportato da una propria rete di relazioni familiari e sociali cui poter fare riferimento (come appunto avviene per i nuclei familiari di immigrati) sarebbe un punto nodale, né vale dire che questi servizi hanno un costo che attualmente lo Stato non è in grado di fronteggiare: lo stato dovrà fronteggiare il costo del mantenimento di quattro bambini in casa famiglia almeno fino alla maggiore età e questo, anche facendo astrazione dai costi umani, emozionali, psicologici, ma badando solo all'aspetto economico, è un costo realmente molto più elevato rispetto alla istituzione di servizi mirati ed efficienti nei quartieri e nei territori a rischio.
Un bambino in casa famiglia costa intorno ad un centinaio di euro al giorno e non è certo un bambino felice. Ogni anno si compone di 365 giorni ed i bambini degli ultimi due giorni sono già quattro e dovranno essere mantenuti per i prossimi 15 anni, sperando comunque che almeno per i più piccoli ci sia possibilità di adozione. Moltiplicando per 4 poi per 365 e poi per 15 e poi per i 100 euro quotidiani si arriva a cifre enormi, senza contare i costi sanitari delle terapie di supporto che di certo non si possono negare ai piccoli con esperienze e storie di questo tipo.
Teniamo presente che una buona madre viva ed oculata riesce a mantenere tre figli con 1.500 euro al mese senza fargli mancare nulla: e allora? Quand'è che faremo sapere a queste donne che possono avere le spalle coperte e tenersi i propri bambini se fuggono da un uomo violento e maltrattante?
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