Il "buon cuore" (una rete di relazioni sociali positive) protegge il cuore
Nella nostra vita in fondo sono veramente pochi i rapporti che possiamo scegliere: non abbiamo scelto i genitori, né i fratelli, non abbiamo scelto i colleghi di lavoro, né i nostri vicini di casa.
Tutti questi sono rapporti che siamo in qualche misura "obbligati" ad intrattenere per ragioni logistiche legate ora alla condivisione di spazi comuni ed alla contiguità, ora alla necessità di partecipare a progetti ed attività per le quali si richiede la collaborazione di un gruppo di lavoro, ora da legami di sangue: si tratta di rapporti per i quali è richiesta quindi una considerevole capacità di adattamento e che possono essere gestiti più o meno positivamente in rapporto non solo al nostro carattere, ma anche a seconda del clima generale che si respira in un determinato contesto sociale, così come esso si è andato strutturando nel tempo, anche del tutto indipendentemente da noi, prima che noi cioè facessimo il nostro ingresso nel gruppo.
Bene: prima di traslocare in una nuova abitazione dovremmo informarci e valutare la coesione sociale esistente nel quartiere dove intendiamo trasferirci, la cosa, infatti, riveste rilevanza anche in rapporto alla nostra buona salute fisica (oltre che psichica). Questa dovremmo considerarla una realtà generale, visto che sono molti i disturbi a genesi psicosomatica e che comunque parecchie malattie riconoscono fra le cause e concause le situazioni di stress.
Uno dei più recenti studi sull'argomento è stato pubblicato il 18 agosto scorso sul Journal of Epidemiology & Community Health da un gruppo di studiosi, del Dipartimento di Psicologia dell'Università del Michigan. Gli autori (Eric Kim S, Armani M Hawes e Jacqui Smith) hanno analizzato i dati di salute di 5.276 partecipanti adulti di età superiore ai 50 anni, senza storia di malattia cardiaca, effettuando un fallow up della durata di quattro anni: i dati raccolti sono stati corretti tenendo conto di altre variabili di carattere comportamentale, biologico e psicosociale, quindi l'incidenza di infarto miocardico è stata messa in relazione con la coesione sociale percepita nel quartiere e valutata secondo una scala standardizzata.
Nel gruppo di pazienti studiato per ciascun aumento di una deviazione standard di coesione sociale la probabilità di infarto miocardico si riduceva del 22%!
Gli autori concludono quindi che la coesione e la solidarietà sociale, insomma i buoni rapporti di vicinato hanno un effetto cardioprotettivo: essi inoltre sottolineano che la cosa era già nota in un certo senso, ma fino ad oggi erano solo stati studiati gli effetti negativi del cattivo vicinato, sicché questa rappresenta la prima quantificazione dell'effetto benefico legato ad una soddisfacente vita sociale.
Tutti questi sono rapporti che siamo in qualche misura "obbligati" ad intrattenere per ragioni logistiche legate ora alla condivisione di spazi comuni ed alla contiguità, ora alla necessità di partecipare a progetti ed attività per le quali si richiede la collaborazione di un gruppo di lavoro, ora da legami di sangue: si tratta di rapporti per i quali è richiesta quindi una considerevole capacità di adattamento e che possono essere gestiti più o meno positivamente in rapporto non solo al nostro carattere, ma anche a seconda del clima generale che si respira in un determinato contesto sociale, così come esso si è andato strutturando nel tempo, anche del tutto indipendentemente da noi, prima che noi cioè facessimo il nostro ingresso nel gruppo.
Bene: prima di traslocare in una nuova abitazione dovremmo informarci e valutare la coesione sociale esistente nel quartiere dove intendiamo trasferirci, la cosa, infatti, riveste rilevanza anche in rapporto alla nostra buona salute fisica (oltre che psichica). Questa dovremmo considerarla una realtà generale, visto che sono molti i disturbi a genesi psicosomatica e che comunque parecchie malattie riconoscono fra le cause e concause le situazioni di stress.
Uno dei più recenti studi sull'argomento è stato pubblicato il 18 agosto scorso sul Journal of Epidemiology & Community Health da un gruppo di studiosi, del Dipartimento di Psicologia dell'Università del Michigan. Gli autori (Eric Kim S, Armani M Hawes e Jacqui Smith) hanno analizzato i dati di salute di 5.276 partecipanti adulti di età superiore ai 50 anni, senza storia di malattia cardiaca, effettuando un fallow up della durata di quattro anni: i dati raccolti sono stati corretti tenendo conto di altre variabili di carattere comportamentale, biologico e psicosociale, quindi l'incidenza di infarto miocardico è stata messa in relazione con la coesione sociale percepita nel quartiere e valutata secondo una scala standardizzata.
Nel gruppo di pazienti studiato per ciascun aumento di una deviazione standard di coesione sociale la probabilità di infarto miocardico si riduceva del 22%!
Gli autori concludono quindi che la coesione e la solidarietà sociale, insomma i buoni rapporti di vicinato hanno un effetto cardioprotettivo: essi inoltre sottolineano che la cosa era già nota in un certo senso, ma fino ad oggi erano solo stati studiati gli effetti negativi del cattivo vicinato, sicché questa rappresenta la prima quantificazione dell'effetto benefico legato ad una soddisfacente vita sociale.
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