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Isis: spettacolarizzazione della morte Decapitazione in diretta di Sotloff

Cade la testa di Sotloff, un altro giornalista americano ostaggio dell'Isis con grande risonanza mediatica, orrore e raccapriccio dell'opinione pubblica, degli esponenti politici internazionali e di tutta la stampa occidentale e non.
La decapitazione del giornalista è stata  ripresa e diffusa ieri in un video.
Steven Sotloff aveva 31 anni ed era ostaggio degli estremisti già da un anno: l'esecutore materiale dell'omicidio sembra lo stesso, con il medesimo accento inglese, comparso nel video della decapitazione del primo giornalista, James Foley (diffuso lo scorso 19 agosto) ed ora l'Isis minaccia di uccidere un terzo giornalista di nazionalità britannica, anch'egli ostaggio in mano ai terroristi.

Il messaggio, "il secondo messaggio" per gli Stati Uniti e tutto l'occidente è volutamente minaccioso ed intimidatorio: viene messa sotto accusa la politica statunitense contro l'islam e si vorrebbero dissuadere le altre nazioni occidentali dall'appoggiare ed allearsi agli americani nei loro interventi militari in medio oriente.

Non è necessario spiegare il significato della diffusione di questi video: evidentemente è lo stesso significato di strumento di dissuasione e deterrenza utilizzato in molti paesi nei secoli passati, ma anche attualmente per le esecuzioni e le pene capitali che avvenivano sulle pubbliche piazze: uno spettacolo organizzato e curato in ogni dettaglio ed offerto al pubblico per rappresentare la potenza e la gravità della punizione che i governanti del luogo erano capaci di infliggere a delinquenti e ribelli.

Il 27 marzo 2014 Amnesty International ha pubblicato il secondo rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo, rilevando che nell'anno 2013 il numero di esecuzioni era aumentato anziché diminuire, proprio a causa dell'elevato numero di pene capitali eseguite in Iran ed Iraq: nel dettaglio erano state contate 369 esecuzioni in Iran, 169 in Iraq, che tuttavia si collocavano al secondo e terzo posto, essendo presumibilmente superate dalla Cina, dove i dati, tenuti riservati dalle autorità, erano stimati in ipotesi addirittura di migliaia, a seguire poi l'Arabia Saudita con  79 esecuzioni, gli USA con 39 esecuzioni e la Somalia con 34.
Secondo il rapporto di Amnesty nel 2013 sono state eseguite 778 pene capitali in 22 paesi escludendo i dati della Cina dal computo, pertanto se ne registrava un aumento rispetto al 2012 quando le esecuzioni erano state 682 in 21 paesi. La morte dei condannati nel 2013 veniva prodotta con diversi metodi che includevano: la decapitazione, l'impiccagione, iniezioni letali, scariche elettriche e fucilazione.

Un considerevole aumento nel numero delle pene capitali era stato registrato proprio in Iraq e le 169 condanne erano un terzo in più di quelle del 2012, per lo più motivate secondo quanto annotato dallo stesso Amnesty proprio da "vaghe norme antiterrorismo".
Un imbarbarimento del costume quindi già segnalato e che tuttavia risultava, almeno per ciò che attiene le esecuzioni di sentenze dello Stato, deciso ed avvallato dal  governo locale,  insediatosi dopo l'invasione americana dell'Iraq del 2003 e la deposizione di Saddam Hussein.

Amnesty naturalmente in quel rapporto faceva solo la conta delle pene capitali e non certo delle vittime di guerriglie  e guerre tra le varie fazioni politico-religiose medio orientali, ma è nozione comune che i conflitti di questo genere in quei territori sono andati progressivamente esacerbandosi dopo la conclusione delle operazioni belliche statunitensi.

Quello che noi oggi consideriamo un orrore inaccettabile e che di fatto è un orrore inaccettabile, tuttavia probabilmente fa anche parte di un patrimonio esperenziale acquisito da tempo nel quotidiano di quei paesi.

Cosa vuole ottenere l'Isis? Si tratta della forma più estrema di islamismo, dove la fedeltà religiosa viene esasperata nei suoi principi, nella brutalità e nella violenza con cui essi vengono realizzati, ma che corrisponde anche ad una ideologia politica nazionalista, che intende riaffermare l'autonomia culturale, religiosa e politica delle nazioni medio orientali rispetto all'occidente invasivo ed invasore, per cui la mancata adesione viene considerata un tradimento passibile delle più brutali punizioni.
L'Isis vuole fare paura all'occidente e portare davanti agli occhi dei popoli occidentali l'orrore inaccettabile ben conosciuto e vissuto in medio oriente, vuole dimostrare la propria forza nella capacità di tenere testa agli USA proprio con la violenza agita sugli ostaggi, che, malgrado tutti gli sforzi dei servizi segreti, restano saldamente nelle loro mani. Capire cosa vuole l'Isis non è difficile: molto più complicato a questo punto è immaginare una soluzione del problema ...

Commenti

  1. Un nuovo regime del terrore che questo terrore sta allagando nel mondo come la piovra fa con i tentacoli.
    Vuol dire "noi siamo i più forti! noi siamo i giusti!"
    Orripilante!

    RispondiElimina
  2. Un nuovo regime del terrore che questo terrore sta allagando nel mondo come la piovra fa con i tentacoli.
    Vuol dire "noi siamo i più forti! noi siamo i giusti!"
    Orripilante!

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  3. :-( purtroppo Patricia, non si sa come porre rimedio, anche perché la legge del più forte (e questo va detto senza ipocrisie) vige ovunque, ma questa ferocia .... è un imbarbarimento ed una regressione della civiltà!

    RispondiElimina

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