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Poveri salari: lo studio e la proposta dei sindacati

Dall'inizio di questa crisi economica i governi italiani che si sono avvicendati hanno sperimentato la difficoltà di gestire una posizione scomoda e poco sostenibile, vale a dire: da un lato conservare il consenso della base elettorale in un paese provato da un impoverimento crescente e dalla perdita dei propri standard di benessere e dall'altro onorare i patti europei che continuano a perseguire modelli economici di cosiddetta austerity mirati al contenimento del debito pubblico ed al miraggio del famoso pareggio di bilancio.
Sta di fatto che la povertà e la disoccupazione del paese reale  sono condizioni opposte a quelle necessarie per incrementare i consumi e favorire i mercati, così la riduzione dei consumi, la riduzione del Pil e la deflazione con ulteriore impoverimento, scomparsa delle piccole aziende, ingrossamento delle file dei disoccupati e così via, sembrano creare un circolo vizioso, una spirale che va avvitandosi verso il basso e dalla quale appare sempre più difficile immaginare una via d'uscita.

In una situazione di questo genere l'unico atto risolutivo deve essere di tipo, diciamo così, rivoluzionario: non intendo la famosa rivoluzione del proletariato alla quale non potrebbe più credere nessuno, ma una cosa del tutto diversa. La rivoluzione deve essere di tipo mentale nel senso che bisogna essere capaci di ragionare uscendo dagli schemi per trovare una soluzione.
Per spiegarci con un esempio, pensiamo all'uovo di Colombo (più famoso della rivoluzione del proletariato): provate a far stare in piedi un uovo, impossibile? No, basta schiacciare leggermente il guscio ad una estremità .... certo, bella forza, così ci riesce chiunque! Vero chiunque sia capace di pensarci ... è un'operazione un pò rischiosa e bisogna usare delicatezza per non lesionare il guscio fino a rompere l'uovo del tutto, ma volendo,  il rischio potrebbe essere ridotto con la bollitura dell'uovo ...

Certo per poter pensare al fuori degli schemi occorrono molta competenza (l'uovo è delicato e bisogna saperlo maneggiare) inventiva ed un pizzico di vocazione alla disubbidienza.
Chi disobbedisce si carica interamente della responsabilità del proprio agire, diversamente da chi obbedisce la cui responsabilità è idealmente condivisa con coloro ai quali obbedisce.
Diciamola per intero: la disobbedienza non è da tutti, obbedire in fondo è molto più rassicurante.

Obbedire all'Europa e rispondere positivamente ai bisogni del paese è una specie di double bind che sta falciando uno dopo l'altro i nostri governi, i quali vedono miseramente naufragare il loro consenso nel mare di miseria della gente.
Il (sempre famoso per chi se lo ricorda) interrogativo:
che fare?
attende al varco anche questo governo ed i battibecchi recenti sui tagli ai servizi pubblici, la crisi di identità strisciante nel PD (dalla parte dei poveri o delle banche?) il calo di consensi registrato ultimamente verso Renzi, ne offre, ove mai ce ne fosse necessità, la conferma inconfutabile .

In questo quadro poco rassicurante per molti aspetti, le uniche organizzazioni che almeno in linea di principio (nei fatti poi sarebbe un altro discorso) dovrebbero lavorare nell'interesse della gente, sono quelle sindacali (quelli dell'autunno caldo).
Sono i sindacati ora infatti che lanciano la  propria analisi e la propria proposta: il 15 settembre alla festa dell'Unità di Bologna verrà presentato lo studio della Fisac Cgil, un libro pubblicato lo scorso Maggio e scritto da Agostino Megale e Nicola Cicala, dal titolo molto significativo: Poveri salari, vengono analizzate le condizioni economiche dei lavoratori italiani, confrontandole con quelle di altri paesi europei e viene proposta una scala di interventi che si ritiene possano essere utili a sbloccare la situazione attuale.

Secondo questo studio nel 2013 il salario medio mensile di un lavoratore italiano è stato di 1.327 euro e ci sono tra i sei ed i sette milioni di persone che lavorano per uno stipendio inferiore ai 1.000 euro mensili, i neolaureati precari guadagnano dagli 800 ai 1.000 euro mensili e vanno avanti così fino ai 35 anni, sette milioni di pensionati percepiscono un reddito inferiore ai 1.000 euro mensili.
Le diseguaglianze sociali si sono esasperate: negli anni '70 un dirigente guadagnava 20 volte più di un operaio, oggi si arriva  a culmini di 250 volte ed oltre.
L'Italia ha conquistato tristi primati:

  • il maggiore aumento delle disuguaglianze,
  • la maggiore quota di lavoro sommerso ed economia criminale, la cui somma arriva al 27% del Pil nero,
  • la maggiore evasione fiscale stimata in oltre 300 miliardi di euro con mancate entrate per lo stato di 120 miliardi di euro,
  • il 41% di disoccupazione giovanile.
L'approfondirsi delle disuguaglianze  è testimoniato dal fatto che in Italia il 10% della popolazione possiede il 50% di tutta la ricchezza. A fronte di questa situazione il sindacato avanza una proposta articolata in diversi punti: una riforma fiscale che includa la tassazione del gioco d'azzardo, lo sblocco dei contratti pubblici, una patrimoniale e la tracciabilità dei movimenti di denaro, poi una riforma nel lavoro con contratti part time per giovani ed anziani, dinamicità dei salari, proporzionandoli alla produttività e semplificazione dei regimi contrattuali, riducendone la tipologia.

Partire scegliendo come punto di prospettiva la realtà sociale, piuttosto che i mercati finanziari è un ampliamento di orizzonti ed una più equa redistribuzione del reddito un obiettivo necessario se si desidera incrementare i consumi e favorire la produzione.




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