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La terapia culinaria: cos'è e come può funzionare

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Terapia culinaria: ecco una cosa di cui una buona parte di voi riterrà di non avere affatto bisogno! Sono giorni in cui tutti parliamo di quarantena e reclusione domestica, nutrendo per lo più il timore di ingrassare irrimediabilmente, visto il sommarsi insieme della fame nervosa indotta dalla noia e della forzata mancanza di movimento... eppure proprio in una situazione come questa invece, la terapia culinaria potrebbe giovare sotto diversi aspetti (senza contare poi che l'attività fisica comunque è consentita con le dovute cautele, quali i presidi di protezione e le distanze di sicurezza consigliate).

Cos'è la terapia culinaria?
Io immagino che voi abbiate già sentito parlare di questo genere di trattamento, ovvero la preparazione degli alimenti, soprattutto torte e dolciumi vari, svolto in chiave psicoterapica attraverso un lavoro individuale o di gruppo. Benché la tecnica sia stata teorizzata e portata all'attenzione pubblica dai media solo da circa una decina di anni, quello che voglio sottolineare fin da subito è che i laboratori di cucina sono sempre stati presenti nelle strutture che si occupano di riabilitazione  tanto psichiatrica che di altre forme di disabilità. Perché? Le osservazioni al riguardo sono numerose e di vario tipo, più o meno valide a seconda del piano terapeutico e degli obiettivi fissati. Rispetto ad altre forme di terapia comunque la terapia culinaria ha il vantaggio di poter essere praticata a costi sostenibili ed anche in ambiente domestico.

Come funziona la terapia culinaria?
  • Una osservazione credo rilevante consiste nel fatto che la preparazione del cibo è normalmente parte di una relazione di cura quotidiana e pertanto implica valenze oblative ed affettive importanti, in parte riconducibili all'archetipo della madre nutrice. Offrire cibo come offrire amore e vita. 
  • Cucinare e preparare il cibo in generale è un lavoro creativo e di tipo artigianale: si tratta dunque di quel tipo di attività che impegna contemporaneamente sia la mente per la progettualità e la pianificazione sia l'attività motoria che a sua volta dovrà essere organizzata e strutturata in appropriate sequenze, nonché ricalibrata lungo il percorso in base all'esperienza estemporanea. La famosa triade enunciata nella tecnica riabilitativa di Puccini-Perfetti: Sapere - Saper fare - Sapere come fare. Non ve ne abbiate a male, ma anche se siete una persona molto capace ed intelligente, potreste non avere la competenza sufficiente a lavare una scala: di certo sapete di che si tratta, ma probabilmente, se non lo avete mai fatto, non lo sapete fare e non sapete come farlo. Sta di fatto che tutte le attività artigianali e creative assorbendo l'impegno simultaneo di mente e corpo, che devono comunicare fra loro e rimandarsi feedback reciproci fino all'ottenimento del risultato desiderato, sortisce in primo luogo il risultato di assorbire completamente ed occupare lo spazio mentale, liberandolo così da altri pensieri, magari penosi e poco costruttivi. Questa semplice chiave è spesso sufficiente a stemperare diversi tipi di stress che vi affliggono (compreso il timore dell'epidemia).
  • Quando, come accade spesso, la terapia culinaria viene svolta in piccoli gruppi di lavoro, funziona anche la socialità con le sue dinamiche (appartenenza, consenso del gruppo e perfino competizione) capaci, se adeguatamente orientate, di sostenere la costruzione o il rimodellamento di una immagine di sé positiva, accettabile ed accettata. La cosa può funzionare anche nei rapporti individuali, che comunque comportano una relazione di tipo diadico col terapeuta.
  • Se, come di solito avviene, il cibo preparato viene condiviso, l'effetto di sostegno del gruppo ed i suoi riflessi sull'autostima si moltiplicano: abbiamo fatto qualcosa per gli altri e ci sentiamo più buoni, inoltre veniamo premiati dalla loro gratitudine. La cosa funziona comunque, almeno in parte, anche in assenza di condivisione: abbiamo fatto qualcosa ed ottenuto un risultato concreto, il che ci farà sentire quanto meno capaci.
Non mi soffermerò più a lungo: chi fosse interessato potrà consultare uno dei numerosi siti specializzati sull'argomento. A beneficio dei miei amici blogger vado solo a sottolineare che anche scrivere è un lavoro artigianale: una di quelle cose che ti obbligano ad essere presente a te stesso mentre la fai e che forse quindi preserverà la nostra lucidità mentale e le nostre capacità di resilienza presenti e future.


Commenti

  1. Insomma, alla fine si guarisce a tarallucci e sesso.
    che ci farà sentire quanto meno capaci.

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    1. Uhm... la mia percezione è che tu ti senta già piuttosto capace e che non abbia bisogno di terapie, ma... magari di mangiare sì.

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  2. Non riesco a capire perché il Sud stava bene e dopo il provvedimento restrittivo presenta incrementi percentuali di nuovi casi.

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    1. Dopo le fughe dal nord hanno perso il controllo della situazione: puoi chiedere delucidazioni a chi nella regione lombarda ha lasciato trapelare certe notizie alla stampa...

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  3. Allora io sono un'esperta di terapia culinaria, perché preparo sempre leccornie che porto in dono ad amici e parenti.
    Durante questa quarantena, invece, mi tocca mangiarli, ma almeno è rilassante. 😅

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    1. Come sottolineato in fondo al post, anche scrivere è un lavoro artigianale ed buon sistema: tu li centri tutti! Io, senza avere un'idea di tutto questo, da ragazzina ho affrontato un momento critico della mia crescita dedicandomi all'artigianato della lavorazione del cuoio :-D Una volta vi istruirò in merito alla tecnica.

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    2. Lo so, ma scrivere non credo faccia bene al corpo. Quindi come attività artigianale non è il massimo. 😉
      Attenderó un tutorial sulla lavorazione del cuoio.

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  4. Tutto ciò che si realizza con passione ci vivifica e cucinare è una delle tante passioni. Un bel post che invoglia a fare, grazie Sfinge. Buona notte.
    sinforosa
    p.s. Attendo dritte sulla lavorazione del cuoio.

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