"L'ammore si fa a coselle" Un antico proverbio napoletano
Disegno originale di Patrizia |
Questa almeno è la versione integrale del proverbio, che ho sentito talvolta enunciare da mia madre: al riguardo devo dire che per lo più io percepivo dell'amarezza in questo suo ricordare l'antico aforisma, tramandato probabilmente da nonni, bisnonni, prozii e trisavoli: la mamma voleva significare che a questo mondo nessuno fa nulla disinteressatamente, ma che tutto è uno scambio ed un baratto, perfino in quelli che sono considerati rapporti affettivi ed amorosi.
La reciprocità della comunicazione potrebbe sembrare in sé un concetto un po' diverso: per comunicare infatti reciprocità e condivisione sono requisiti imprescindibili, diversamente ci troviamo di fronte a disturbi e patologie delle capacità comunicative. In effetti la comunicazione è proprio uno scambio e "l'ammore si fa a coselle". Ora non intendo scrivere un post sulla comunicazione e le sue patologie: ho sfiorato altrove questo argomento, ma si tratta di un tema complesso e ancora oggi non del tutto sviscerato, malgrado i fiumi di inchiostro spesi da psicologi, psichiatri e vari specialisti del campo. Di certo in un breve post non si può pretendere di affrontare la cosa in tutti i suoi aspetti.
Oggi però desidero limitarmi a sottolineare l'inversione del rapporto dare-avere, implicito in ogni comunicazione, nel confronto tra le relazioni umane interpersonali ordinarie di vita quotidiana, diciamo, e quelle invece che rappresentano la comunicazione attraverso i cosiddetti mass media.
Mi spiego: la comunicazione tra individui si compone di due momenti fondamentali che sono l'espressione (trasmittente) e l'ascolto (ricevente). In questo rapporto io sto dando qualcosa quando esprimo, metto fuori perché anche l'altro possa fruirne, qualcosa (un pensiero, una informazione, una opinione, un sentimento) che io posseggo dentro di me. Io sto invece ricevendo qualcosa quando ascolto l'altro che mette a mia disposizione, attraverso la nostra base semantica condivisa, qualcosa che egli possiede dentro di sé. Il risultato di questa interazione dovrebbe essere un reciproco arricchimento.
La comunicazione interpersonale corretta ha questa caratteristica di arricchimento reciproco. Credo di avere colto un concetto molto simile in un aforisma spesso postato come "meme" in giro nei social. Si tratta di una frase di George Bernard Shaw:
"Se tu hai una mela ed io ho una mela e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per ciascuno. Ma se tu hai un'idea ed io ho un'idea e ce le scambiamo, allora entrambi abbiamo due idee".
Questo rapporto di dare-avere si inverte, sconvolgendosi completamente nella comunicazione pubblica e mediatica: quella che si svolgeva nell'antichità nelle oratorie di piazza, poi attraverso le televisioni ed i mezzi di informazione e che oggi infine avviene prevalentemente sul web. In questo tipo di comunicazione sembra che a dare qualcosa siano quelli disposti ad offrire l'ascolto ed a prendere qualcosa quelli che riescono ad ampliare il proprio pubblico. In questo tipo di comunicazione non si riceve ascoltando, ma facendosi ascoltare e non si prende, ma piuttosto si investe (cioè si dà) nell'ascolto degli altri, come di fatto avviene per la raccolta di dati sulle esigenze ed opinioni del pubblico con cui si vuole entrare in sintonia.
Perché è così? Chi viene ascoltato da molte persone ne riceve vantaggio, che può essere di vario tipo: quello economico, evidente nelle campagne pubblicitarie ed ormai anche politiche, quello narcisistico, che di norma si traduce in una acquisizione di prestigio, potere, capacità di condizionare l'opinione pubblica, etc.
Credo con questo di avere messo a fuoco alcune cognizioni molto semplici e se vogliamo anche scontate, ma spero possa essere utile perché ritengo che molte incomprensioni nascano proprio quando manca la condivisione e l'accordo sul tipo di comunicazione che si sta portando avanti e questo soprattutto nell'uso dei social e del web, ivi compreso il blogging. La diffidenza nasce quando nell'offerta comunicativa ravvisiamo una scarsa chiarezza o addirittura una franca mistificazione.
La domanda di solito è: mi stai offrendo/regalando qualcosa o vuoi qualcosa da me? Mi spiego con un esempio: sotto questo aspetto la pubblicità, il marketing per un prodotto sono relativamente sinceri. Evidentemente infatti c'è un intento dichiarato di vendita: vogliono qualcosa da me, cioè che io acquisti quel prodotto. La politica lo è molto meno sotto questo profilo. Le comunicazioni interpersonali ordinarie non sempre sono foriere di una tale chiarezza, senza contare poi che la realtà rimane comunque molto complessa, sicché c'è sempre qualcosa che si prende nell'offrire e qualcosa che si regala nel prendere.
Voi come la vedete?
Oggi però desidero limitarmi a sottolineare l'inversione del rapporto dare-avere, implicito in ogni comunicazione, nel confronto tra le relazioni umane interpersonali ordinarie di vita quotidiana, diciamo, e quelle invece che rappresentano la comunicazione attraverso i cosiddetti mass media.
Mi spiego: la comunicazione tra individui si compone di due momenti fondamentali che sono l'espressione (trasmittente) e l'ascolto (ricevente). In questo rapporto io sto dando qualcosa quando esprimo, metto fuori perché anche l'altro possa fruirne, qualcosa (un pensiero, una informazione, una opinione, un sentimento) che io posseggo dentro di me. Io sto invece ricevendo qualcosa quando ascolto l'altro che mette a mia disposizione, attraverso la nostra base semantica condivisa, qualcosa che egli possiede dentro di sé. Il risultato di questa interazione dovrebbe essere un reciproco arricchimento.
La comunicazione interpersonale corretta ha questa caratteristica di arricchimento reciproco. Credo di avere colto un concetto molto simile in un aforisma spesso postato come "meme" in giro nei social. Si tratta di una frase di George Bernard Shaw:
"Se tu hai una mela ed io ho una mela e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per ciascuno. Ma se tu hai un'idea ed io ho un'idea e ce le scambiamo, allora entrambi abbiamo due idee".
Questo rapporto di dare-avere si inverte, sconvolgendosi completamente nella comunicazione pubblica e mediatica: quella che si svolgeva nell'antichità nelle oratorie di piazza, poi attraverso le televisioni ed i mezzi di informazione e che oggi infine avviene prevalentemente sul web. In questo tipo di comunicazione sembra che a dare qualcosa siano quelli disposti ad offrire l'ascolto ed a prendere qualcosa quelli che riescono ad ampliare il proprio pubblico. In questo tipo di comunicazione non si riceve ascoltando, ma facendosi ascoltare e non si prende, ma piuttosto si investe (cioè si dà) nell'ascolto degli altri, come di fatto avviene per la raccolta di dati sulle esigenze ed opinioni del pubblico con cui si vuole entrare in sintonia.
Perché è così? Chi viene ascoltato da molte persone ne riceve vantaggio, che può essere di vario tipo: quello economico, evidente nelle campagne pubblicitarie ed ormai anche politiche, quello narcisistico, che di norma si traduce in una acquisizione di prestigio, potere, capacità di condizionare l'opinione pubblica, etc.
Credo con questo di avere messo a fuoco alcune cognizioni molto semplici e se vogliamo anche scontate, ma spero possa essere utile perché ritengo che molte incomprensioni nascano proprio quando manca la condivisione e l'accordo sul tipo di comunicazione che si sta portando avanti e questo soprattutto nell'uso dei social e del web, ivi compreso il blogging. La diffidenza nasce quando nell'offerta comunicativa ravvisiamo una scarsa chiarezza o addirittura una franca mistificazione.
La domanda di solito è: mi stai offrendo/regalando qualcosa o vuoi qualcosa da me? Mi spiego con un esempio: sotto questo aspetto la pubblicità, il marketing per un prodotto sono relativamente sinceri. Evidentemente infatti c'è un intento dichiarato di vendita: vogliono qualcosa da me, cioè che io acquisti quel prodotto. La politica lo è molto meno sotto questo profilo. Le comunicazioni interpersonali ordinarie non sempre sono foriere di una tale chiarezza, senza contare poi che la realtà rimane comunque molto complessa, sicché c'è sempre qualcosa che si prende nell'offrire e qualcosa che si regala nel prendere.
Voi come la vedete?
La base della comunicazione è il rispetto verso l'altro e nella coppia quello che fa la differenza è l'amore. L'amore esclude rapporti di un coniuge con una persona diversa da quella che ha sposato.
RispondiEliminaPensa, torno a casa, vedo mia moglie e racconto che sul treno ho incontrato una giovane pulzella e piano piano l'ho trasportata nel bagno per scambiarci
le coselle. E' mai possibile?
Comunque due persone che si relazionano, anche bene, non arriveranno mai al benissimo perché l'essere umano ha sempre una discreta percentuale di egoismo.
Nel rapporto con mia moglie era lei a raccontare anche i pensieri più nascosti, mentre io ero un po' reticente.
Beh, il tuo è un problema un po' diverso: se vogliamo parlare di bugie... mi pare di averne scritto tempo addietro, però è vero che difficilmente i rapporti sono lineari ed onesti tra persone ed in questo credo che tu abbia ragione.
EliminaIo non dico bugie. Penso che tutta la verità può far più male che bene.
EliminaSe la mia segretaria è un po' civettuola non lo dico a mia moglie per non impensierirla, e poi perché il problema è mio. Infatti l'ultima l'ho cambiata. Invece mia moglie voleva essere rassicurata, e io lo facevo dicendo: "Dai, è solo un pensiero maligno" e lei mi abbracciava.
Cara Sfinge, stai avviandoti in un vicolo ceco, questo è quello che penso io.
RispondiEliminaCiao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Apprezzo il tuo avvertimento Tomaso, ma non riesco a coglierne appieno il senso: cosa stai cercando di dirmi? Me lo spieghi meglio?
EliminaTom, ma Inge adora i cecoslovacchi😀
EliminaKafka mi piace sì, ma direi in generale anche molta parte della narrativa e degli autori russi: i meandri della mente mi affascinano. Voi vi sentite confusi per così poco?
EliminaLa filosofia di Kafka è semplice. L'uomo qualsiasi cosa faccia è sempre in debito verso il Potere.
EliminaIo ho scherzato con Tom.
Da vicolo ceco, cioé cecoslovacco.
Se avesse scritto vicolo cieco sarebbe scomparso il cecoslovacco.
Non ho capito perché Tomaso pensa che ti stai cacciando in un vicolo c(i)eco.