Correlati genetici del disturbo autistico
Il disturbo autistico rappresenta una di quelle condizioni la cui genesi è realmente molto complessa: molti sono gli elementi che possono incidere sulla comparsa e sullo sviluppo dei sintomi propri dell'autismo e tali fattori includono sia aspetti che riguardano l'assetto costituzionale e genetico, sia le condizioni ambientali che includono anche, ma non soltanto il clima emotivo e relazionale al cui interno il bambino destinato a sviluppare un disturbo autistico, viene accolto ed allevato, ma anche il contesto più ampio dell'ambiente naturale, i ritmi di vita sociale ed affettiva in cui è immerso il nucleo familiare, la qualità dell'aria e probabilmente molto altro ancora.
Suscitano certamente interesse le ricerche in campo genetico: oggi è stato pubblicato on line sulla rivista Translational Psychiatry il lavoro più recente svolto da Steven Clapcote e coll. nella Università di Leeds, che mette in relazione la mancanza di un gene specifico con la comparsa di una delle categorie sintomatologiche cardinali dell'autismo, vale a dire i disturbi del funzionamento sociale e l'isolamento: il gruppo di ricercatori ha studiato in particolare un gene NRXN2 che codifica per una proteina di adesione sinaptica (alfa neurexin II) in quanto una mutazione di questo locus genetico era presente in due soggetti autistici non consanguinei.
Lo studio è consistito nel riprodurre in un gruppo di topi la stessa carenza genetica ed hanno rilevato che quando la stessa mutazione veniva indotta artificialmente negli animali, questi sviluppavano alcune condotte simili all'autismo, quali disinteresse per le attività sociali, per i propri simili ed ansia. Nel cervello dei topi con questa anomalia genetica risultava carente una proteina (Munc18-1) coinvolta nel funzionamento delle sinapsi nervose.
In passato uno studio di Sudhof aveva trovato una relazione tra il funzionamento del gene neuroligin-1 e la comparsa di autismo, lo studio attuale è il primo a stabilire una correlazione tra il gene neurexin II e l'autismo, ma Clapcote naturalmente avverte che una anomalia di questo locus genetico non necessariamente deve essere presente in tutti i casi di autismo.
Quest'ultima ricerca va interpretata quindi come un contributo a quel filone scientifico che si occupa di individuare i fattori costituzionali per così dire predisponenti al disturbo autistico, tali fattori sono verosimilmente diversi ed ancora non tutti individuati, pertanto non sono da considerarsi legati da un rapporto causale semplice con l'espressione clinica del disturbo.
Suscitano certamente interesse le ricerche in campo genetico: oggi è stato pubblicato on line sulla rivista Translational Psychiatry il lavoro più recente svolto da Steven Clapcote e coll. nella Università di Leeds, che mette in relazione la mancanza di un gene specifico con la comparsa di una delle categorie sintomatologiche cardinali dell'autismo, vale a dire i disturbi del funzionamento sociale e l'isolamento: il gruppo di ricercatori ha studiato in particolare un gene NRXN2 che codifica per una proteina di adesione sinaptica (alfa neurexin II) in quanto una mutazione di questo locus genetico era presente in due soggetti autistici non consanguinei.
Lo studio è consistito nel riprodurre in un gruppo di topi la stessa carenza genetica ed hanno rilevato che quando la stessa mutazione veniva indotta artificialmente negli animali, questi sviluppavano alcune condotte simili all'autismo, quali disinteresse per le attività sociali, per i propri simili ed ansia. Nel cervello dei topi con questa anomalia genetica risultava carente una proteina (Munc18-1) coinvolta nel funzionamento delle sinapsi nervose.
In passato uno studio di Sudhof aveva trovato una relazione tra il funzionamento del gene neuroligin-1 e la comparsa di autismo, lo studio attuale è il primo a stabilire una correlazione tra il gene neurexin II e l'autismo, ma Clapcote naturalmente avverte che una anomalia di questo locus genetico non necessariamente deve essere presente in tutti i casi di autismo.
Quest'ultima ricerca va interpretata quindi come un contributo a quel filone scientifico che si occupa di individuare i fattori costituzionali per così dire predisponenti al disturbo autistico, tali fattori sono verosimilmente diversi ed ancora non tutti individuati, pertanto non sono da considerarsi legati da un rapporto causale semplice con l'espressione clinica del disturbo.
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