Se scrivere è un lavoro …
Cosa si intende per lavoro? Il lavoro è qualcosa che ti dà
da vivere, scrivere per lavoro sarebbe come a dire “vendere la penna”.
Quando uno fa il pittore, anche se è un grande artista, gli
capiterà pure di dipingere qualcosa giusto così per fare cassetta, non si può
sempre aspettare l’ispirazione.
D’altro canto si sa che l’arte è 10%
ispirazione e 90% sudorazione: così si
dice, sicché succede che quando uno non
ha tanta voglia di sudare (perché si sa che la pigrizia coglie tutti, anche gli
artisti) allora si fa tanto per fare, per non uscire dal mercato e (perché no?) per placare lo stomaco, perché notoriamente certi mestieri arricchiscono di
rado.
Ora si danno in questa situazione due possibilità: o qualcuno
vi paga o voi siete, per così dire, un libero professionista e vendete al
miglior offerente.
Toglietevelo dalla testa: in nessuna di queste due condizioni
sarete liberi se scrivere è ciò che deve darvi da vivere.
Se lavorate per qualcuno dovrete accettare determinate scelte editoriali: vi pagano e possono commissionarvi l’argomento, stabilire lo spazio che dovrete usare ed anche decidere alcuni tipi di impostazione e sfondi di opinione.
In questo caso voi potete condividere oppure decidere di andarvene a vendere altrove la vostra mercanzia: in genere si usa così.
Se lavorate per qualcuno dovrete accettare determinate scelte editoriali: vi pagano e possono commissionarvi l’argomento, stabilire lo spazio che dovrete usare ed anche decidere alcuni tipi di impostazione e sfondi di opinione.
In questo caso voi potete condividere oppure decidere di andarvene a vendere altrove la vostra mercanzia: in genere si usa così.
Se invece vendete al miglior offerente o direttamente al
vostro pubblico, state ancora più rovinati: la gente non sempre compra la
qualità, anzi con la recessione e la povertà che ci sono in giro, diciamolo
pure, di questi tempi non compra quasi niente se non i generi di prima
necessità.
Mettiamo, ad esempio, che i più e meglio venduti siano argomenti
inerenti il sesso (mentre voi avete offerto voto di castità e devozione) oppure
le ricette di cucina (mangiare dobbiamo tutti): che fate? La fame?
Certo in qualche misura è così per qualsiasi lavoro voi
facciate: anche se è qualcosa che rappresenta la realizzazione del sogno della
vostra infanzia, anche se è qualcosa per cui avete lavorato duramente e su cui
avete investito ogni vostra passione, nel momento in cui diventa “il lavoro”
dovrete scendere a compromessi con chi vi paga (siano essi privati, enti
pubblici o direttamente i “compratori”).
Le condizioni di lavoro non saranno ottimali in rapporto a ciò
che era il vostro intendimento: vi arrabbierete, litigherete, scriverete,
proporrete e poi?
Di questi tempi mica
ci si può permettere di perdere un lavoro, che poi alla fine vi piace pure: il
fatto è che dovete viverci e non avrete molta scelta …
Nei salotti di persone molto colte e benestanti fareste una
pessima figura a chiedere a qualcuno: “che lavoro fai?” quella non è gente che
lavora, solo si coltiva mantenendosi occupata, la domanda giusta è: “di cosa ti
occupi?” così farete bella figura ...
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