Il "gender" ed il terrorismo psicologico
Mi è accaduto di leggere cose incredibili su questa storia del "gender" : ad esempio che si tratterebbe di una campagna di proselitismo ideologico, anzi meglio di plagio mentale soprattutto diretto ai bambini nel senso di volerne condizionare i vissuti e l'affettività attraverso programmi di educazione sessuale scolastica.
In rete circolano bufale pazzesche alle quali la gente(r) può tuttavia, essere portata a credere solo perché le vede scritte (scripta manent ed una volta si scriveva solo ciò che valeva la carta consumata) ma che risultano evidentemente false ed impraticabili oltre ogni ragionevole dubbio, in un paese che ha una precisa normativa che condanna i pedofili ed i molestatori dei bambini.
Questa propaganda negativa, che non è eccessivo definire terrorismo psicologico, fa ovviamente leva sulle insicurezze, i timori di inadeguatezza e la colpevolizzazione presenti in ogni genitore per ottenerne uno schieramento politico: l'argomento "bambino" non viene scelto a caso.
I bambini infatti ricevono attraverso l'educazione familiare molti messaggi relativi a quelli che sono i comportamenti adeguati ed accettabili in rapporto al proprio genere di appartenenza (se maschietti o femminucce): non è infrequente vedere genitori allarmati perché il loro piccolo (maschietto) di pochi anni ama giocare con le bambole (magari imitando o condividendo il gioco con la sorellina maggiore).
Dobbiamo chiarire qui che anche ai tempi in cui l'orientamento omosessuale rappresentava una categoria diagnostica nel DSM IV come disturbo della identità di genere, questa diagnosi non veniva posta prima della pubertà, prima cioè che l'individuo avvertisse effettivamente delle pulsioni sessuali ed orientasse quindi in una determinata direzione la propria preferenza.
In casi simili è buona norma rassicurare i genitori (e non allarmarli) spiegando che giocare con le bambole non rende omosessuali, né è necessario vietare il gioco al bambino, ma spiegare anche che, se il genitore si sente molto angosciato, può sempre sostituire le bambole con i pupazzi di qualche super eroe e/o fornire altri modelli di identificazione (cioè da imitare) iscrivendo il piccolo in gruppi di attività sportiva o ricreativa in generale.
Non sono pochi tuttavia i genitori che proibiscono alle bambine di giocare al pallone o con le macchinine, così come ai maschietti di giocare con bambole e passeggini.
Questo breve preambolo è sufficiente a comprendere che i condizionamenti sociali ed educativi che improntano fin dalla prima infanzia l'idea che ciascun individuo si forma di se stesso e del proprio ruolo sociale in rapporto al proprio genere di appartenenza, sono proprio quelli che vengono assimilati nel contesto familiare, talvolta anche con forme di rigidità notevoli.
Per la comprensione del moderno significato del termine "gender" rimando a questa istruttiva lettura sul dizionario Treccani, ma volendo porgere la cosa in termini molto semplici e comprensibili anche a chi non ha studiato filosofia, né sociologia, mi limiterò a dire che l'educazione tradizionale che viene impartita ai bambini contiene molte diversificazioni e connotazioni specifiche in rapporto al sesso del bambino: al di là del gioco e dei giocattoli che vengono regalati ai piccoli, è un fatto (solo per dirne qualcuna) che alle bambine si tende ad insegnare di più la gentilezza, l'arrendevolezza e l'obbedienza, mentre ai maschietti si insegna a mostrarsi forti, a non piangere, a comandare ed affermarsi. Questi insegnamenti, impartiti pregiudizialmente in base al sesso del bambino e senza tenere conto delle sue caratteristiche emotive e di temperamento, sono stati considerati una forzatura soprattutto dalle correnti femministe (che non è sinonimo di omosessuali).
Al giorno d'oggi i ruoli sociali delle donne e degli uomini hanno subito modificazioni abbastanza profonde, ma quello che c'è da capire è che il ruolo sociale è qualcosa che va tenuto distinto dalla identità sessuale, in altre parole non necessariamente dobbiamo insegnare che:
Non dovremmo dimenticare che gli omosessuali hanno avuto (anche loro) una madre ed un padre e se si sono orientati all'omosessualità avranno avuto le loro buone ragioni (come si suol dire).
Una volta stabilitasi l'omosessualità è una condizione identitaria che rimane e le coppie omosessuali possono godere di diritti civili come qualsiasi altro gruppo familiare, senza che questo rappresenti una minaccia per nessuno e meno che mai per i bambini....
In rete circolano bufale pazzesche alle quali la gente(r) può tuttavia, essere portata a credere solo perché le vede scritte (scripta manent ed una volta si scriveva solo ciò che valeva la carta consumata) ma che risultano evidentemente false ed impraticabili oltre ogni ragionevole dubbio, in un paese che ha una precisa normativa che condanna i pedofili ed i molestatori dei bambini.
Questa propaganda negativa, che non è eccessivo definire terrorismo psicologico, fa ovviamente leva sulle insicurezze, i timori di inadeguatezza e la colpevolizzazione presenti in ogni genitore per ottenerne uno schieramento politico: l'argomento "bambino" non viene scelto a caso.
I bambini infatti ricevono attraverso l'educazione familiare molti messaggi relativi a quelli che sono i comportamenti adeguati ed accettabili in rapporto al proprio genere di appartenenza (se maschietti o femminucce): non è infrequente vedere genitori allarmati perché il loro piccolo (maschietto) di pochi anni ama giocare con le bambole (magari imitando o condividendo il gioco con la sorellina maggiore).
Dobbiamo chiarire qui che anche ai tempi in cui l'orientamento omosessuale rappresentava una categoria diagnostica nel DSM IV come disturbo della identità di genere, questa diagnosi non veniva posta prima della pubertà, prima cioè che l'individuo avvertisse effettivamente delle pulsioni sessuali ed orientasse quindi in una determinata direzione la propria preferenza.
In casi simili è buona norma rassicurare i genitori (e non allarmarli) spiegando che giocare con le bambole non rende omosessuali, né è necessario vietare il gioco al bambino, ma spiegare anche che, se il genitore si sente molto angosciato, può sempre sostituire le bambole con i pupazzi di qualche super eroe e/o fornire altri modelli di identificazione (cioè da imitare) iscrivendo il piccolo in gruppi di attività sportiva o ricreativa in generale.
Non sono pochi tuttavia i genitori che proibiscono alle bambine di giocare al pallone o con le macchinine, così come ai maschietti di giocare con bambole e passeggini.
Questo breve preambolo è sufficiente a comprendere che i condizionamenti sociali ed educativi che improntano fin dalla prima infanzia l'idea che ciascun individuo si forma di se stesso e del proprio ruolo sociale in rapporto al proprio genere di appartenenza, sono proprio quelli che vengono assimilati nel contesto familiare, talvolta anche con forme di rigidità notevoli.
Per la comprensione del moderno significato del termine "gender" rimando a questa istruttiva lettura sul dizionario Treccani, ma volendo porgere la cosa in termini molto semplici e comprensibili anche a chi non ha studiato filosofia, né sociologia, mi limiterò a dire che l'educazione tradizionale che viene impartita ai bambini contiene molte diversificazioni e connotazioni specifiche in rapporto al sesso del bambino: al di là del gioco e dei giocattoli che vengono regalati ai piccoli, è un fatto (solo per dirne qualcuna) che alle bambine si tende ad insegnare di più la gentilezza, l'arrendevolezza e l'obbedienza, mentre ai maschietti si insegna a mostrarsi forti, a non piangere, a comandare ed affermarsi. Questi insegnamenti, impartiti pregiudizialmente in base al sesso del bambino e senza tenere conto delle sue caratteristiche emotive e di temperamento, sono stati considerati una forzatura soprattutto dalle correnti femministe (che non è sinonimo di omosessuali).
Al giorno d'oggi i ruoli sociali delle donne e degli uomini hanno subito modificazioni abbastanza profonde, ma quello che c'è da capire è che il ruolo sociale è qualcosa che va tenuto distinto dalla identità sessuale, in altre parole non necessariamente dobbiamo insegnare che:
- donna = debole=impacciata=sottomessa=cedevole
- uomo=forte=capace=dominante=competitivo
Non dovremmo dimenticare che gli omosessuali hanno avuto (anche loro) una madre ed un padre e se si sono orientati all'omosessualità avranno avuto le loro buone ragioni (come si suol dire).
Una volta stabilitasi l'omosessualità è una condizione identitaria che rimane e le coppie omosessuali possono godere di diritti civili come qualsiasi altro gruppo familiare, senza che questo rappresenti una minaccia per nessuno e meno che mai per i bambini....
Cara Sfinge, nel nostro Paese non esistono le mezze misure: la polemica sulla famiglia gender ha infiammato l’animo degli italiani; facendogli perdere irrimediabilmente il senso dell’equilibrio. Nei social network proliferano opinioni diametralmente opposte ma con un comune denominatore: la convinzione di possedere una risposta univoca e assoluta sul tema. La presunzione si fonde con una buona dose di esaltazione, e allora si parte con una “crociata” pro o contro gli omosessuali, poco importa, ciò che conta è imporre le proprie convinzioni coattivamente. La filosofia machiavelliana regna incontrastata: quando il fine giustifica ogni forma di violenza verbale e invettiva contro un interlocutore con idee diverse. Guai per gli utenti inesperti che oseranno contrariare un guru della famiglia o un paladino dei diritti omosessuali, le ritorsioni saranno molteplici: dalla minaccia di essere cancellati dalle “amicizie”, al virus telematico per punire il “miscredente”. Personalmente credo che solo attraverso la gradualità sarà possibile normalizzare un fenomeno che appare “diverso”; per questo spaventa. Inutile ostentare le appartenenze di genere: si finisce solo per ghettizzare, rendendo proibitiva quella necessaria e graduale normalizzazione della diversità.
RispondiEliminame ne rendo conto Fabrizio, è un argomento molto delicato nel quale soprattutto si gioca non solo l'evoluzione del costume e della cultura, ma qualcosa di molto profondo che tocca l'umanità di ciascuno. Un minimo di buon senso, la giusta equidistanza e soprattutto tanto rispetto per ciascuna delle persone coinvolte è la risposta più civile che possiamo dare. Buon pomeriggio.
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