Quando la neo mamma è triste: sarà colpa degli ormoni?
Durante la gravidanza e nel puerperio è possibile osservare un aumento del rischio per diversi disturbi psichici: non solo la depressione, che è il caso più frequente, ma anche stati maniacali e deliranti, le cosiddette psicosi puerperali ed ancora condizioni di ansia ed allarme continuo e non giustificabile sul piano razionale. Dal punto di vista culturale e sociale la nascita è il lieto evento per antonomasia, ma la maternità è anche connotata da una sua sacralità religiosa ed inoltre gravata dalla famosa maledizione biblica: "Tu donna, partorirai con dolore".
Quanto pesi ancora sull'immaginario collettivo e nella nostra cultura una tale maledizione, lo si intuisce facilmente analizzando alcuni atteggiamenti sociali e morali del nostro costume verso la donna gravida e la puerpera.
Il parto e la maternità sono stati per secoli presentati come percorsi di espiazione in chiave punitiva di un presunto peccato originale commesso nel giardino dell'Eden per avere assaggiato il frutto della conoscenza.
La donna per secoli è stata espropriata del proprio corpo con inclusa la creatura concepita in grembo ed al contempo lasciata sola a gestire con le sue sole energie tutta la fatica di formare e nutrire e dare alla luce una nuova vita. Giudicata e colpevolizzata anche nella cultura medica e psichiatrica, molto meno frequentemente compresa ed aiutata. La verità è che la gravidanza, il parto e l'allattamento sono fasi molto impegnative di estremo stress psicofisico per la neo mamma ed, in quanto tali, la espongono maggiormente al rischio di slatentizzazione, scompenso o sviluppo di patologie psichiche.
In questi processi un aspetto fondamentale, accanto a quelli sociali e relazionali, che coinvolgono i vissuti e gli investimenti affettivi e fantasmatici del soggetto, è rappresentato dallo sconvolgimento fisico ed endocrino che la gestazione, il parto e l'allattamento comportano.
Tutti questi ormoni durante la gravidanza forniscono all'organismo l'energia e creano le condizioni necessarie al mantenimento della stessa gravidanza, ma subito dopo il parto cadono velocemente i livelli di estrogeni e progesterone e regredisce l'ipertrofia delle ghiandole endocrine: ipofisi, tiroide, paratiroidi e corteccia surrenale rientrano nei volumi normali e questo crollo dei livelli ormonali lascia in qualche modo il fisico esausto e spossato.
L'espressione "baby blues" è riferita appunto alla frequente sensazione di malinconia e stanchezza vissuta dalla maggior parte delle neo mamme (20-75%) nei primi giorni dopo il parto, ma, diversamente dalla depressione post partum, non si protrae oltre una quindicina di giorni.
Nella genesi della depressione post partum sono stati considerati importanti di volta in volta diverse componenti ormonali: le alterazioni tiroidee sono relativamente frequenti in gravidanza sia nel senso della iperfunzione che della ipofunzione ed è noto a tutti quanto frequentemente i disturbi del tono dell'umore, così come i disturbi d'ansia possano essere associati con patologie della tiroide.
Una particolare attenzione è stata anche dedicata al ruolo dei glucocorticoidi: l'iperfunzione delle ghiandole surrenali (come avviene ad esempio nella sindrome di Cushing) è pressoché regolarmente associata a depressione del tono dell'umore per le profonde modificazioni che questi ormoni producono nel tessuto nervoso (ipotesi aminergica della depressione).
I livelli di cortisolo risultano aumentati nel 30-50% dei pazienti con disturbo depressivo, il che ha portato a valutare anche il ruolo della infiammazione e modulazione del sistema immunitario nella genesi del disturbo affettivo [fonte] e della depressione post partum in particolare.
Livelli più bassi di prolattina durante l'allattamento sembra siano associati ad un maggiore rischio di depressione [fonte] così che contrariamente a quanto si riteneva in passato l'allattamento al seno avrebbe un effetto protettivo contro la depressione puerperale, almeno purché la prolattina sia sufficiente.
Sta di fatto che esiste una predisposizione al disturbo depressivo post partum: una donna che ne ha già sofferto corre un rischio più che doppio, il 25%, di incorrere nella medesima situazione con un altro parto rispetto alla totalità delle madri dove il rischio generale è calcolato del 10-15% circa [fonte] e questo avvalora l'ipotesi interpretativa che vede nella gravidanza e nel puerperio soprattutto un fattore di stress e come tale scatenante di condizioni preesistenti in latenza.
Mai come in questi casi è difficile scindere gli aspetti somatici da quelli psichici nella genesi del disturbo e stabilire cosa sia da considerare causa primaria, ma la difficoltà di identificazione con il ruolo materno sperimentato (il rapporto con la propria madre) ed una dinamica di relazioni familiari attuali tale da relegare la neo mamma nella sua solitudine ed emarginazione domestica possono essere condizioni che si ripetono per la stessa donna ad ogni nuova gravidanza.
Quanto pesi ancora sull'immaginario collettivo e nella nostra cultura una tale maledizione, lo si intuisce facilmente analizzando alcuni atteggiamenti sociali e morali del nostro costume verso la donna gravida e la puerpera.
Il parto e la maternità sono stati per secoli presentati come percorsi di espiazione in chiave punitiva di un presunto peccato originale commesso nel giardino dell'Eden per avere assaggiato il frutto della conoscenza.
La donna per secoli è stata espropriata del proprio corpo con inclusa la creatura concepita in grembo ed al contempo lasciata sola a gestire con le sue sole energie tutta la fatica di formare e nutrire e dare alla luce una nuova vita. Giudicata e colpevolizzata anche nella cultura medica e psichiatrica, molto meno frequentemente compresa ed aiutata. La verità è che la gravidanza, il parto e l'allattamento sono fasi molto impegnative di estremo stress psicofisico per la neo mamma ed, in quanto tali, la espongono maggiormente al rischio di slatentizzazione, scompenso o sviluppo di patologie psichiche.
In questi processi un aspetto fondamentale, accanto a quelli sociali e relazionali, che coinvolgono i vissuti e gli investimenti affettivi e fantasmatici del soggetto, è rappresentato dallo sconvolgimento fisico ed endocrino che la gestazione, il parto e l'allattamento comportano.
- Quali sono le componenti ormonali in gioco?
Tutti questi ormoni durante la gravidanza forniscono all'organismo l'energia e creano le condizioni necessarie al mantenimento della stessa gravidanza, ma subito dopo il parto cadono velocemente i livelli di estrogeni e progesterone e regredisce l'ipertrofia delle ghiandole endocrine: ipofisi, tiroide, paratiroidi e corteccia surrenale rientrano nei volumi normali e questo crollo dei livelli ormonali lascia in qualche modo il fisico esausto e spossato.
L'espressione "baby blues" è riferita appunto alla frequente sensazione di malinconia e stanchezza vissuta dalla maggior parte delle neo mamme (20-75%) nei primi giorni dopo il parto, ma, diversamente dalla depressione post partum, non si protrae oltre una quindicina di giorni.
Nella genesi della depressione post partum sono stati considerati importanti di volta in volta diverse componenti ormonali: le alterazioni tiroidee sono relativamente frequenti in gravidanza sia nel senso della iperfunzione che della ipofunzione ed è noto a tutti quanto frequentemente i disturbi del tono dell'umore, così come i disturbi d'ansia possano essere associati con patologie della tiroide.
Una particolare attenzione è stata anche dedicata al ruolo dei glucocorticoidi: l'iperfunzione delle ghiandole surrenali (come avviene ad esempio nella sindrome di Cushing) è pressoché regolarmente associata a depressione del tono dell'umore per le profonde modificazioni che questi ormoni producono nel tessuto nervoso (ipotesi aminergica della depressione).
I livelli di cortisolo risultano aumentati nel 30-50% dei pazienti con disturbo depressivo, il che ha portato a valutare anche il ruolo della infiammazione e modulazione del sistema immunitario nella genesi del disturbo affettivo [fonte] e della depressione post partum in particolare.
Livelli più bassi di prolattina durante l'allattamento sembra siano associati ad un maggiore rischio di depressione [fonte] così che contrariamente a quanto si riteneva in passato l'allattamento al seno avrebbe un effetto protettivo contro la depressione puerperale, almeno purché la prolattina sia sufficiente.
Sta di fatto che esiste una predisposizione al disturbo depressivo post partum: una donna che ne ha già sofferto corre un rischio più che doppio, il 25%, di incorrere nella medesima situazione con un altro parto rispetto alla totalità delle madri dove il rischio generale è calcolato del 10-15% circa [fonte] e questo avvalora l'ipotesi interpretativa che vede nella gravidanza e nel puerperio soprattutto un fattore di stress e come tale scatenante di condizioni preesistenti in latenza.
Mai come in questi casi è difficile scindere gli aspetti somatici da quelli psichici nella genesi del disturbo e stabilire cosa sia da considerare causa primaria, ma la difficoltà di identificazione con il ruolo materno sperimentato (il rapporto con la propria madre) ed una dinamica di relazioni familiari attuali tale da relegare la neo mamma nella sua solitudine ed emarginazione domestica possono essere condizioni che si ripetono per la stessa donna ad ogni nuova gravidanza.
Come sempre Clara, post estremamente interessanti , che ci chiariscono molte cose che a volte non riusciamo esattamente ad evidenziare.
RispondiEliminaGrazie come sempre..
Un felice w/e..:::)))
Grazie Nella: felice week end anche a te! Spero di rendermi utile a qualcuno: la conoscenza e la consapevolezza sono sempre una parte della soluzione. :-)
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