Lo schermo non è un buon baby sitter
09/10/2013
La funzione plasma la struttura: questa è una verità nota più o meno a tutti gli addetti ai lavori e neanche tanto difficile da spiegare ai profani. Se voi vi servite di un determinato utensile per una particolare azione, a lungo andare la reiterazione di un movimento o di uno specifico uso funzionale dell'oggetto ne modifica la forma (struttura) rendendolo particolarmente adatto a quel tipo di operazione, ma non più utilizzabile per funzioni diverse ...
Le cose non stanno tanto diversamente per la organizzazione delle nostre reti neuronali, specialmente in alcune fasce di età, quando vi è plasticità ed i percorsi devono ancora essere tracciati.
Già da molti anni è noto che la "deprivazione esperenziale" cui espone ad esempio la presenza di un handicap motorio, rappresenta di per sé un fattore capace di incidere negativamente sullo sviluppo cognitivo e sulla organizzazione motoria globale e non c'è dubbio che se molto tempo viene speso davanti ad un display la circostanza comporta per sé una altrettanto considerevole limitazione della diversificazione dell'esperienza.
Non sorprende quindi che la ricercatrice australiana, Kate Highfield, ritenga la maggior parte dei videogiochi con i quali i nostri bambini ormai trascorrono gran parte del loro tempo, dannosi per lo sviluppo psichico dei piccoli. La maggior parte di questi giochi tendono infatti ad essere molto ripetitivi e se usati a lungo per molto tempo finiscono per limitare la possibilità di sviluppo in un ridotto numero di percorsi mentali che col tempo possono tendere ad irrigidirsi.
I risultati di alcune delle sue ultime ricerche sono stati resi pubblici di recente, ma l'autrice da tempo si occupa dell'impatto della tecnologia sull'apprendimento e sul gioco dei bambini.
Non si tratta di cose del tutto nuove, dato che da tempo diversi studi hanno dimostrato che una esposizione precoce e prolungata ai videogames può compromettere l'attenzione ed alcune capacità di apprendimento nei bimbi.
Una parte di merito di questa ricerca sta nel fatto che non viene genericamente demonizzato il videogioco come tale, ma vengono messe a fuoco alcune caratteristiche ed in particolare la ripetitività dell'azione da compiere e la violenza eventualmente rappresentata in alcuni games, quali condizioni che effettivamente contengono un potenziale patogeno.
La funzione plasma la struttura: questa è una verità nota più o meno a tutti gli addetti ai lavori e neanche tanto difficile da spiegare ai profani. Se voi vi servite di un determinato utensile per una particolare azione, a lungo andare la reiterazione di un movimento o di uno specifico uso funzionale dell'oggetto ne modifica la forma (struttura) rendendolo particolarmente adatto a quel tipo di operazione, ma non più utilizzabile per funzioni diverse ...
Le cose non stanno tanto diversamente per la organizzazione delle nostre reti neuronali, specialmente in alcune fasce di età, quando vi è plasticità ed i percorsi devono ancora essere tracciati.
Già da molti anni è noto che la "deprivazione esperenziale" cui espone ad esempio la presenza di un handicap motorio, rappresenta di per sé un fattore capace di incidere negativamente sullo sviluppo cognitivo e sulla organizzazione motoria globale e non c'è dubbio che se molto tempo viene speso davanti ad un display la circostanza comporta per sé una altrettanto considerevole limitazione della diversificazione dell'esperienza.
Non sorprende quindi che la ricercatrice australiana, Kate Highfield, ritenga la maggior parte dei videogiochi con i quali i nostri bambini ormai trascorrono gran parte del loro tempo, dannosi per lo sviluppo psichico dei piccoli. La maggior parte di questi giochi tendono infatti ad essere molto ripetitivi e se usati a lungo per molto tempo finiscono per limitare la possibilità di sviluppo in un ridotto numero di percorsi mentali che col tempo possono tendere ad irrigidirsi.
I risultati di alcune delle sue ultime ricerche sono stati resi pubblici di recente, ma l'autrice da tempo si occupa dell'impatto della tecnologia sull'apprendimento e sul gioco dei bambini.
Non si tratta di cose del tutto nuove, dato che da tempo diversi studi hanno dimostrato che una esposizione precoce e prolungata ai videogames può compromettere l'attenzione ed alcune capacità di apprendimento nei bimbi.
Una parte di merito di questa ricerca sta nel fatto che non viene genericamente demonizzato il videogioco come tale, ma vengono messe a fuoco alcune caratteristiche ed in particolare la ripetitività dell'azione da compiere e la violenza eventualmente rappresentata in alcuni games, quali condizioni che effettivamente contengono un potenziale patogeno.
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