La terapia genica di sindromi rare
20/07/2013
La settimana scorsa sono stati resi pubblici i risultati di una ricerca condotta presso il San Raffaele di Milano, oggetto di due pubblicazioni su "Science": si tratta di una tecnica assolutamente innovativa e con potenzialità rivoluzionarie nel trattamento di sindromi disgenetiche cosiddette rare.
Lo studio è stato diretto da Luigi Naldini su 16 pazienti, di cui 10 affetti da leucodistrofia metacromatica e 6 da sindrome di Wiskott-Aldrich.
I risultati pubblicati in due articoli separati su Science sono riferiti ai primi 3 pazienti trattati per ciascuno studio (complessivamente 6 pazienti) per i quali, essendo trascorso un tempo sufficiente dall'inizio del trattamento, è stato possibile trarre le prime conclusioni.
L'intuizione che ha condotto a risultati fino ad oggi soddisfacenti è stata quella di utilizzare un vettore lentovirale, ottenuto dalla modifica del virus HIV per introdurre una copia del gene sano che va a sostituire quello difettoso. Il virus viene modificato ed inattivato per ciò che riguarda il suo potenziale patologico, ma ne viene conservata e sfruttata la sua capacità di penetrazione e diffusione nelle cellule.
Tecnicamente sono state prelevate cellule staminali dal midollo emopoietico dei piccoli pazienti, vi è stata introdotta la copia del gene normale utilizzando il vettore lentovirale, dopodiché le cellule "corrette" sono state restituite ai pazienti. Queste cellule col gene "corretto" hanno proliferato ed infine i risultati sul piano clinico ad oggi sembrano molto confortanti.
Per chiarire il potenziale del trattamento sperimentato, va detto che in entrambi i casi parliamo di mutazioni genetiche puntiformi, che riguardano cioè uno specifico locus genetico.
In particolare la leucodistrofia metacromatica rientra tra le cosiddette malattie metaboliche da accumulo lisosomiale per la carenza di un enzima (arilsufatasi) per cui nel tessuto nervoso e nei reni si accumula una sostanza cosiddetta appunto metacromatica (glicosfingolipidi) che col tempo produce danni gravi e progressivi negli organi interessati. Se ne distinguono tre forme: ad esordio infantile (intorno all'anno di età), giovanile (inizio dei sintomi a 4-5 anni) ed adulto (inizio a 15 anni) tutte ad esito infausto.
La malattia è a trasmissione autosomica recessiva e non si manifesta clinicamente negli eterozigoti, dove comunque il livello dell'enzima specifico è ridotto. Basta quindi che nell'organismo una certa quantità di cellule siano in grado di produrre l'enzima necessario all'organismo per scongiurare la comparsa della sintomatologia conclamata.
La sindrome di Wiskott-Aldrich è anch'essa recessiva, ma legata al sesso, dovuta cioè ad una mutazione di un gene del cromosoma X, per cui colpisce quasi esclusivamente i maschi. Caratterizzata da eczema, deficit di piastrine ed infezioni frequenti per deficit immunitario.
Manca la capacità di sintetizzare una proteina fondamentale per la struttura cellulare.
In entrambi i casi parliamo quindi di malattie rare dovute a mutazioni genetiche puntiformi: una sequenza di DNA necessaria a modellare (attraverso l' RNA messaggero) una determinata proteina.
Le malattie metaboliche sono sindromi rare, se prese ciascuna singolarmente, ma nel loro insieme rappresentano una percentuale non insignificante delle gravi patologie infantili.
Se la tecnica adottata si confermerà efficace nel tempo, possiamo immaginare che sia estensibile a diversi tipi di patologie e con potenzialità veramente notevoli nel trattamento di patologie fino ad oggi incurabili.
La settimana scorsa sono stati resi pubblici i risultati di una ricerca condotta presso il San Raffaele di Milano, oggetto di due pubblicazioni su "Science": si tratta di una tecnica assolutamente innovativa e con potenzialità rivoluzionarie nel trattamento di sindromi disgenetiche cosiddette rare.
Lo studio è stato diretto da Luigi Naldini su 16 pazienti, di cui 10 affetti da leucodistrofia metacromatica e 6 da sindrome di Wiskott-Aldrich.
I risultati pubblicati in due articoli separati su Science sono riferiti ai primi 3 pazienti trattati per ciascuno studio (complessivamente 6 pazienti) per i quali, essendo trascorso un tempo sufficiente dall'inizio del trattamento, è stato possibile trarre le prime conclusioni.
L'intuizione che ha condotto a risultati fino ad oggi soddisfacenti è stata quella di utilizzare un vettore lentovirale, ottenuto dalla modifica del virus HIV per introdurre una copia del gene sano che va a sostituire quello difettoso. Il virus viene modificato ed inattivato per ciò che riguarda il suo potenziale patologico, ma ne viene conservata e sfruttata la sua capacità di penetrazione e diffusione nelle cellule.
Tecnicamente sono state prelevate cellule staminali dal midollo emopoietico dei piccoli pazienti, vi è stata introdotta la copia del gene normale utilizzando il vettore lentovirale, dopodiché le cellule "corrette" sono state restituite ai pazienti. Queste cellule col gene "corretto" hanno proliferato ed infine i risultati sul piano clinico ad oggi sembrano molto confortanti.
Per chiarire il potenziale del trattamento sperimentato, va detto che in entrambi i casi parliamo di mutazioni genetiche puntiformi, che riguardano cioè uno specifico locus genetico.
In particolare la leucodistrofia metacromatica rientra tra le cosiddette malattie metaboliche da accumulo lisosomiale per la carenza di un enzima (arilsufatasi) per cui nel tessuto nervoso e nei reni si accumula una sostanza cosiddetta appunto metacromatica (glicosfingolipidi) che col tempo produce danni gravi e progressivi negli organi interessati. Se ne distinguono tre forme: ad esordio infantile (intorno all'anno di età), giovanile (inizio dei sintomi a 4-5 anni) ed adulto (inizio a 15 anni) tutte ad esito infausto.
La malattia è a trasmissione autosomica recessiva e non si manifesta clinicamente negli eterozigoti, dove comunque il livello dell'enzima specifico è ridotto. Basta quindi che nell'organismo una certa quantità di cellule siano in grado di produrre l'enzima necessario all'organismo per scongiurare la comparsa della sintomatologia conclamata.
La sindrome di Wiskott-Aldrich è anch'essa recessiva, ma legata al sesso, dovuta cioè ad una mutazione di un gene del cromosoma X, per cui colpisce quasi esclusivamente i maschi. Caratterizzata da eczema, deficit di piastrine ed infezioni frequenti per deficit immunitario.
Manca la capacità di sintetizzare una proteina fondamentale per la struttura cellulare.
In entrambi i casi parliamo quindi di malattie rare dovute a mutazioni genetiche puntiformi: una sequenza di DNA necessaria a modellare (attraverso l' RNA messaggero) una determinata proteina.
Le malattie metaboliche sono sindromi rare, se prese ciascuna singolarmente, ma nel loro insieme rappresentano una percentuale non insignificante delle gravi patologie infantili.
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