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La paura dell'uomo nero

Anch'io sono stata vittima innocente della favola dell'uomo nero: la storia terrifica che si racconta ai bimbi piccoli per spaventarli ed indurli all'obbedienza:
- Se non mangi viene l'uomo nero e ti porta via! - ti dicevano
oppure: - Non uscire dal cancello  che sennò ti prende l'uomo nero! - e così via.
Oggi per carità, queste cose non si dicono per nessuna ragione al mondo ai piccoli: si rischia di traumatizzarli e di comprometterne le capacità sociali, per non parlare degli incubi che potrebbero comparire a disturbarne il sonno (e non soltanto il loro)  e dei disturbi del carattere conseguenti a simili spaventi.

Da bambina, in verità ogni cosa mi sembrava nuova e straordinaria, così la guardavo con gli occhi sgranati ed una curiosità divorante, forse a volte avevo paura, ma la mia era una paura istintiva non pensata, che aveva la proprietà di sgomberare ed annientare la mente, nel momento in cui compariva e di dileguarsi senza traccia, quando andava via. Non possedevo consapevolezza, né memoria o storia alcuna. La mia esistenza, allora, avrebbe potuto essere tranquillamente sintetizzata in un piccolo punto interrogativo scritto in carattere grigio chiarissimo e traslucido in fondo ad una pagina bianca: un'impronta invisibile.

Ci sono indubbiamente vantaggi nel rendersi invisibili e questa è una cosa che si impara presto anche solo giocando a nascondino quando si è piccoli: il problema è che è difficile diventare invisibili per chi ti viene a cercare ed ha interesse a trovarti, mentre non c'è nulla di più facile che passare del tutto inosservati quando qualcuno è concentrato invece su qualcosa d'altro.

Quando le persone si interessano di te, non è detto che questo sia un buon segno: cacciatori e predatori sono di solito molto interessati alle loro prede e riescono a scovarle anche quando queste tentano di mimetizzarsi e nascondersi nel folto dei boschi. Una cosa che ci hanno insegnato presto fin dall'infanzia è il classico: - Non accettare caramelle dagli sconosciuti - vale a dire la diffidenza. Chi ti avvicina potrebbe non avere buone intenzioni, anche o forse soprattutto se ti circuisce con gentilezze ed offerte. Io per sicurezza da piccola non ho mai accettato cibo da nessuno se non dai miei genitori e quando mi trovavo in casa d'altri, benché potessero essere amici o parenti, non accettavo offerte se non autorizzata ed incoraggiata esplicitamente dalla mamma.

L'unica cosa che può frenare la curiosità dei bambini è la paura, perché i bambini sono non soltanto curiosi, ma incoscienti: per questo probabilmente tanti anni fa molti genitori incutevano paura ai bambini con la storia dell'uomo nero. La cosa ha un suo razionale sotteso: il bimbo che ha paura è meno portato ad attuare comportamenti esplorativi o a prendere iniziative proprie: insomma per dirla in breve, più ha paura e più è facile da controllare, il che doveva essere un indiscutibile vantaggio per i genitori ai tempi in cui di figli se ne facevano una carretta, almeno 5-6 per famiglia e perciò si era più preoccupati dei possibili traumi concreti piuttosto che di quelli psichici.

Oggi invece queste cose si dicono agli adulti ed in fondo è vero che nell'animo di ciascuno di noi sopravvive quell'anima bambina che talvolta è evocatrice di arcaici e terrifici fantasmi ed a volte invece nutre gioiosamente la nostra creatività e la nostra capacità di amare. Non tutti siamo stati bambini allo stesso modo e non tutti gestiamo allo stesso modo le nostre contraddizioni, ma è utile ricordare quella lezione così semplice ed elementare che ci hanno insegnato i nostri genitori: chi cerca di incuterci paura vuole ottenere il controllo su di noi ed indurci all'obbedienza. Siamo adulti e dovremmo già saperlo.

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