Quando la coppia scoppia
Parlare del rapporto di coppia e riuscire a farlo utilizzando un frasario ed una terminologia ordinaria comprensibile a tutti non è cosa facile.
Sperare addirittura di riuscire ad inserire osservazioni che possano realmente risultare utili a chi legge per scoprire nuove chiavi di lettura e prospettive di soluzione non ancora considerate, non solo è impresa ardua, ma certamente ambiziosa.
Immaginare di ottenere un tale risultato nello spazio di un post probabilmente è solo utopistico.
Deve essere per questo che quando ho pensato di scrivere sull'argomento la prima cosa che mi è venuta in mente sono state le parole ormai famose del papa Francesco, quelle che lui suggerisce come una sorta di formula magica capace di rendere stabile e serena l'unione tra un uomo ed una donna.
Le tre parole del papa, per chi eventualmente non le conoscesse, sono:
"permesso, scusa e grazie".
Le tre parole contengono il riconoscimento dell'altro e del suo diritto ad uno spazio individuale, il rispetto per l'altro e per il suo spazio, la gratitudine (piuttosto che l'invidia e la competizione) verso l'altro per il suo esserci e per quanto offre di sé all'interno della relazione.
Facile a dirsi, no?
In realtà i rapporti profondi sono assai più complessi e difficili da gestire rispetto a quelli di distanza, perché nel rapporto profondo la condivisione interessa direttamente gli spazi vitali di ciascuno dei membri, incluse le abitudini quotidiane, le esigenze emozionali, la comunicazione, la stessa costruzione e definizione di una propria identità ...
Ciascuno di noi è depositario nel proprio animo di modelli di relazione familiare e di coppia vissuti nell'ambito della propria famiglia di origine: in questo contesto vengono anche sperimentati i propri modelli di identificazione personale e di genere, nonché i sentimenti diversi che rispetto ai propri modelli ciascuno di noi può nutrire, sentimenti che vanno dall'accettazione al rifiuto, passando anche per l'ambivalenza.
Ciascuno di noi, ai suoi primi tentativi di svincolo dalla famiglia di origine tanto nelle amicizie, quanto nei rapporti sentimentali tende non soltanto a riproporre i propri modelli, ma a trasferire in blocco alcune parti del proprio mondo emozionale (ivi inclusi i conti in sospeso) sulle altre persone, ma soprattutto su quelle con cui rimane coinvolto in una relazione profonda.
La profondità della relazione è la caratteristica che la rende affine ai vincoli familiari già sperimentati e quindi la tendenza a proiettare interpretazioni, bisogni ed emozioni, sarà proporzionalmente più intensa.
Per libera associazione mi tornano in mente le parole di una canzone di Luigi Tenco:
" ... ma se vuoi amar l'amore, tu non gli chiedere quello che non può dare ..."
La maggior parte delle incomprensioni e dei conflitti che nascono all'interno dei rapporti di coppia sono legati alla difficoltà da un lato di staccarsi dai propri modelli, compresi crediti e bisogni maturati nel corso della propria storia e dall'altro dalla contrattazione sugli spazi di spettanza di ciascuno: quel reciproco misurarsi, che in effetti è presente nelle fasi iniziali di qualsiasi rapporto.
Dobbiamo comprendere che contrattare gli spazi personali ed i reciproci diritti e doveri nel contesto di un rapporto profondo è cosa assai più complessa dello stesso tipo di contrattazione in un rapporto di maggiore distanza: per spiegarci con una metafora possiamo dire che il rapporto profondo è come un lettino piccolo nel quale bisogna dormire in due. Amandosi, in un primo momento sarà meraviglioso stare vicini fin quasi a bloccare il respiro, poi dovremo respirare e le nostre membra avranno bisogno di sgranchirsi e stiracchiarsi (giusto per mantenere il trofismo muscolare e la mobilità articolare, dico!) e quindi ci servirà poter disporre dello spazio necessario: i movimenti che chiederemo all'altro saranno quelli utili a liberare lo spazio che serve a noi per il movimento che noi desideriamo compiere. Posso voler muovere le gambe e chiedere all'altro di rannicchiarsi o mettersi a sedere per liberare lo spazio dove a me serve, per esempio, ma ... l'altro, cosa vuol fare?
So che state ridendo: la metafora forse non è felice e si presta a facili battute, ma volevo solo suggerire l'idea!
Giocare insieme è bello e stimolante, ma bisogna decidere che gioco fare:
chi decide il gioco?
Ed una volta deciso il gioco (giochiamo a maestra per esempio) chi distribuisce i ruoli?
Ed una volta distribuiti i ruoli: saremo abbastanza elastici da poterli invertire senza difficoltà?
Nella coppia noi condividiamo uno spazio di comunicazione, una parte del nostro tempo, il desiderio e l'attrazione, un progetto di vita ed una socialità comune.
Non è una cosa tanto diversa da quella dei bambini che condividono uno spazio ludico e dunque:
a cosa giochiamo?
I primi giochi somigliano spesso a giochi di potere: hanno il senso di rassicurare, specie le persone molto giovani, circa la propria capacità seduttiva e la propria attrattiva sull'altro sesso.
La capitolazione dell'altro ha il valore di convalida in tale direzione.
Cosa sei disposto/a a fare per me, quanto potere esercito su di te, fin dove posso spingermi?
Il maggiore bisogno di controllo sull'altro/a in genere viene espresso dalle persone che vivono una carenza, una incompletezza interiore ed hanno quindi una specie di "vuoto" da riempire: difficilmente raggiungono la sicurezza nel sentirsi amati e perciò hanno bisogno di impadronirsi, possedere, controllare l'altro.
Questo genere di disagio di solito è preesistente e legato a vissuti ed esperienze che hanno favorito una strutturazione di tale tipo. La gratificazione derivante dal padroneggiare l'altro, per qualche tempo sostiene l'autostima attraverso la valorizzazione ottenuta nell'esercizio del potere, ma di solito la cosa non ha durata: ciò che è posseduto viene svalutato ed il ciclo deve ripetersi ...
Il problema è che se io (inconfessabilmente) mi considero uno schifo che considerazione potrei avere di qualcuno che mi è addirittura inferiore?
A parte questo caso, pur così frequente nelle coppie, ma che già configura una sorta di disfunzione e patologia (di cui oggi non ci occuperemo) diciamo che in generale:
ciascuno chiederà all'altro di porsi in ruolo complementare rispetto a quello che corrisponde all'immagine di sé che la persona vuole o ha bisogno di costruire e di vedersi convalidata.
Per alleggerirci provo a fare un esempio (forse) divertente: se una donna ha bisogno di sentirsi romanticamente fatale, per sue specifiche necessità di convalida in merito alla sua femminilità e capacità seduttiva, avrà esigenza di un uomo che le regali spesso fiori e dimostri di non poter vivere un minuto senza la sua voce, un uomo che magari che le scriva poesie, così da permetterle di nutrirsi ed esaltarsi nella sua concezione eccezionale e romantica di se stessa e dell'amore.
Posto che trovi un uomo disposto ad adattarsi a questo, è difficile che lui duri più di sei mesi in questo modo: dipende poi da quanta elasticità è presente per accettare di non poter sempre andare al massimo.
Altro esempio: se un uomo ha bisogno di sentirsi forte e capace servirà una donna che gli dimostri ammirazione incondizionatamente, nel caso il soggetto fosse insicuro non amerà essere contraddetto e dovrà riuscire ad avere ragione sempre (ne va del suo onore!): la più incantata delle bimbe non durerà più di tre mesi in questo costume. Anche qui poi dipende da quanta elasticità c'è per accettare anche la capacità critica dell'altro.
Insomma per dirla nella nostra metafora del gioco: non c'è nulla di male se accetto che oggi il gioco lo decida il compagno, ma c'è problema se invece io non posso mai decidere il gioco!
E non c'è nulla di male se oggi giochiamo a maestra ed io faccio la maestra, ma c'è problema se tu la maestra non la puoi fare mai!
Di solito è la rigidità nel gioco di relazione e nei ruoli quella che fa nascere il problema, che in questi casi continua a ripetersi sempre con le stesse caratteristiche.
La rigidità, si sa, nasce dalla paura ...
La paura non è mai legata a scarsa fiducia nell'altro o negli altri, ma a scarsa fiducia in se stessi!
Un buon rapporto con se stessi è il prerequisito fondamentale per riuscire ad avere buoni rapporti sociali in genere e di coppia in particolare ...
Sperare addirittura di riuscire ad inserire osservazioni che possano realmente risultare utili a chi legge per scoprire nuove chiavi di lettura e prospettive di soluzione non ancora considerate, non solo è impresa ardua, ma certamente ambiziosa.
Immaginare di ottenere un tale risultato nello spazio di un post probabilmente è solo utopistico.
Deve essere per questo che quando ho pensato di scrivere sull'argomento la prima cosa che mi è venuta in mente sono state le parole ormai famose del papa Francesco, quelle che lui suggerisce come una sorta di formula magica capace di rendere stabile e serena l'unione tra un uomo ed una donna.
Le tre parole del papa, per chi eventualmente non le conoscesse, sono:
"permesso, scusa e grazie".
Le tre parole contengono il riconoscimento dell'altro e del suo diritto ad uno spazio individuale, il rispetto per l'altro e per il suo spazio, la gratitudine (piuttosto che l'invidia e la competizione) verso l'altro per il suo esserci e per quanto offre di sé all'interno della relazione.
Facile a dirsi, no?
In realtà i rapporti profondi sono assai più complessi e difficili da gestire rispetto a quelli di distanza, perché nel rapporto profondo la condivisione interessa direttamente gli spazi vitali di ciascuno dei membri, incluse le abitudini quotidiane, le esigenze emozionali, la comunicazione, la stessa costruzione e definizione di una propria identità ...
Ciascuno di noi è depositario nel proprio animo di modelli di relazione familiare e di coppia vissuti nell'ambito della propria famiglia di origine: in questo contesto vengono anche sperimentati i propri modelli di identificazione personale e di genere, nonché i sentimenti diversi che rispetto ai propri modelli ciascuno di noi può nutrire, sentimenti che vanno dall'accettazione al rifiuto, passando anche per l'ambivalenza.
Ciascuno di noi, ai suoi primi tentativi di svincolo dalla famiglia di origine tanto nelle amicizie, quanto nei rapporti sentimentali tende non soltanto a riproporre i propri modelli, ma a trasferire in blocco alcune parti del proprio mondo emozionale (ivi inclusi i conti in sospeso) sulle altre persone, ma soprattutto su quelle con cui rimane coinvolto in una relazione profonda.
La profondità della relazione è la caratteristica che la rende affine ai vincoli familiari già sperimentati e quindi la tendenza a proiettare interpretazioni, bisogni ed emozioni, sarà proporzionalmente più intensa.
Per libera associazione mi tornano in mente le parole di una canzone di Luigi Tenco:
" ... ma se vuoi amar l'amore, tu non gli chiedere quello che non può dare ..."
La maggior parte delle incomprensioni e dei conflitti che nascono all'interno dei rapporti di coppia sono legati alla difficoltà da un lato di staccarsi dai propri modelli, compresi crediti e bisogni maturati nel corso della propria storia e dall'altro dalla contrattazione sugli spazi di spettanza di ciascuno: quel reciproco misurarsi, che in effetti è presente nelle fasi iniziali di qualsiasi rapporto.
Dobbiamo comprendere che contrattare gli spazi personali ed i reciproci diritti e doveri nel contesto di un rapporto profondo è cosa assai più complessa dello stesso tipo di contrattazione in un rapporto di maggiore distanza: per spiegarci con una metafora possiamo dire che il rapporto profondo è come un lettino piccolo nel quale bisogna dormire in due. Amandosi, in un primo momento sarà meraviglioso stare vicini fin quasi a bloccare il respiro, poi dovremo respirare e le nostre membra avranno bisogno di sgranchirsi e stiracchiarsi (giusto per mantenere il trofismo muscolare e la mobilità articolare, dico!) e quindi ci servirà poter disporre dello spazio necessario: i movimenti che chiederemo all'altro saranno quelli utili a liberare lo spazio che serve a noi per il movimento che noi desideriamo compiere. Posso voler muovere le gambe e chiedere all'altro di rannicchiarsi o mettersi a sedere per liberare lo spazio dove a me serve, per esempio, ma ... l'altro, cosa vuol fare?
So che state ridendo: la metafora forse non è felice e si presta a facili battute, ma volevo solo suggerire l'idea!
Giocare insieme è bello e stimolante, ma bisogna decidere che gioco fare:
chi decide il gioco?
Ed una volta deciso il gioco (giochiamo a maestra per esempio) chi distribuisce i ruoli?
Ed una volta distribuiti i ruoli: saremo abbastanza elastici da poterli invertire senza difficoltà?
Nella coppia noi condividiamo uno spazio di comunicazione, una parte del nostro tempo, il desiderio e l'attrazione, un progetto di vita ed una socialità comune.
Non è una cosa tanto diversa da quella dei bambini che condividono uno spazio ludico e dunque:
a cosa giochiamo?
I primi giochi somigliano spesso a giochi di potere: hanno il senso di rassicurare, specie le persone molto giovani, circa la propria capacità seduttiva e la propria attrattiva sull'altro sesso.
La capitolazione dell'altro ha il valore di convalida in tale direzione.
Cosa sei disposto/a a fare per me, quanto potere esercito su di te, fin dove posso spingermi?
Il maggiore bisogno di controllo sull'altro/a in genere viene espresso dalle persone che vivono una carenza, una incompletezza interiore ed hanno quindi una specie di "vuoto" da riempire: difficilmente raggiungono la sicurezza nel sentirsi amati e perciò hanno bisogno di impadronirsi, possedere, controllare l'altro.
Questo genere di disagio di solito è preesistente e legato a vissuti ed esperienze che hanno favorito una strutturazione di tale tipo. La gratificazione derivante dal padroneggiare l'altro, per qualche tempo sostiene l'autostima attraverso la valorizzazione ottenuta nell'esercizio del potere, ma di solito la cosa non ha durata: ciò che è posseduto viene svalutato ed il ciclo deve ripetersi ...
Il problema è che se io (inconfessabilmente) mi considero uno schifo che considerazione potrei avere di qualcuno che mi è addirittura inferiore?
A parte questo caso, pur così frequente nelle coppie, ma che già configura una sorta di disfunzione e patologia (di cui oggi non ci occuperemo) diciamo che in generale:
ciascuno chiederà all'altro di porsi in ruolo complementare rispetto a quello che corrisponde all'immagine di sé che la persona vuole o ha bisogno di costruire e di vedersi convalidata.
Per alleggerirci provo a fare un esempio (forse) divertente: se una donna ha bisogno di sentirsi romanticamente fatale, per sue specifiche necessità di convalida in merito alla sua femminilità e capacità seduttiva, avrà esigenza di un uomo che le regali spesso fiori e dimostri di non poter vivere un minuto senza la sua voce, un uomo che magari che le scriva poesie, così da permetterle di nutrirsi ed esaltarsi nella sua concezione eccezionale e romantica di se stessa e dell'amore.
Posto che trovi un uomo disposto ad adattarsi a questo, è difficile che lui duri più di sei mesi in questo modo: dipende poi da quanta elasticità è presente per accettare di non poter sempre andare al massimo.
Altro esempio: se un uomo ha bisogno di sentirsi forte e capace servirà una donna che gli dimostri ammirazione incondizionatamente, nel caso il soggetto fosse insicuro non amerà essere contraddetto e dovrà riuscire ad avere ragione sempre (ne va del suo onore!): la più incantata delle bimbe non durerà più di tre mesi in questo costume. Anche qui poi dipende da quanta elasticità c'è per accettare anche la capacità critica dell'altro.
Insomma per dirla nella nostra metafora del gioco: non c'è nulla di male se accetto che oggi il gioco lo decida il compagno, ma c'è problema se invece io non posso mai decidere il gioco!
E non c'è nulla di male se oggi giochiamo a maestra ed io faccio la maestra, ma c'è problema se tu la maestra non la puoi fare mai!
Di solito è la rigidità nel gioco di relazione e nei ruoli quella che fa nascere il problema, che in questi casi continua a ripetersi sempre con le stesse caratteristiche.
La rigidità, si sa, nasce dalla paura ...
La paura non è mai legata a scarsa fiducia nell'altro o negli altri, ma a scarsa fiducia in se stessi!
Un buon rapporto con se stessi è il prerequisito fondamentale per riuscire ad avere buoni rapporti sociali in genere e di coppia in particolare ...
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