Autismo: perchè questa diagnosi diventa sempre più frequente?
06/12/2013
I casi di autismo infantile sono in aumento: questo è un riscontro empirico, ma anche un dato statistico, confermato da diversi studi epidemiologici: fino agli anni '80 la diagnosi di autismo era rara, nel 1975 i casi registrati erano di 1 su 5.000 ma a questo è seguito un crescendo esponenziale, che ci ha portato in alcune statistiche addirittura ad 1 caso su 110 nel 2009.
Un dato sicuramente allarmante che merita di essere analizzato.
Che la prevalenza di questa patologia sia cresciuta, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, è un fatto facilmente apprezzabile da chiunque operi da tempo nel settore: più complesso è comprenderne i motivi.
In passato si discuteva di tendenza estensiva o riduttiva rispetto alla diagnosi di autismo infantile, a seconda che venissero inclusi o meno anche i bambini affetti da qualche forma di disturbo o ritardo di natura organica, oggi i criteri diagnostici sono codificati nel DSM e pertanto resi, relativamente, obiettivi.
Sempre più spesso inoltre si tende a diagnosticare disturbi dello spettro autistico per indicare quelle situazioni in cui sono presenti le stimmate di uno dei disturbi generalizzati di sviluppo, benché in questa categoria esistano situazioni molto diverse non solo sul piano sintomatologico, ma soprattutto sotto il profilo prognostico.
Dunque quando parliamo di disturbi dello spettro autistico ovviamente individuiamo un numero nettamente maggiore di casi, se ci riferiamo propriamente al disturbo autistico invece, indichiamo solo una parte delle persone che rientrano nella generica diagnosi di spettro autistico: ma anche tenendo conto di questo, siamo molto lontani da quei 3 o 5 casi su 10.000 che, numero più, numero meno, venivano riferiti dalle statistiche degli anni '80. Tantissime le ricerche sul versante sia genetico che ambientale: queste ultime non si sono limitate allo studio delle dinamiche di relazione familiare, ma da alcuni anni gruppi di studiosi hanno tentato di valutare l'impatto degli inquinanti sulla salute dei più piccoli cercando le eventuali correlazioni proprio con i disturbi dello spettro autistico.
Due anni fa, nel 2010, è stato pubblicato sulla rivista Epidemiology uno studio condotto da ricercatori delle università della Nord Carolina e della California mirata alla valutazione dell'effetto della esposizione ad inquinanti atmosferici in epoca neonatale in rapporto alla insorgenza non solo di disturbi dello spettro autistico, ma anche del linguaggio e più in generale della evoluzione cognitiva durante l'infanzia.
All'epoca gli stessi autori nelle loro conclusioni, riconobbero i limiti della ricerca, che di fatto non forniva evidenze attendibili di specifiche correlazioni, tuttavia venivano indicate alcune sostanze (cloruro di metilene, chinolina e stirene) potenzialmente nocive e "candidate meritevoli di ulteriori indagini per il loro possibile ruolo nella etiologia dell'autismo.".
Ora nell'ultimo numero della stessa rivista Epidemiology di Gennaio 2014 alcuni ricercatori della università della California hanno messo in correlazione la presenza di una variante genetica (METgene) combinata con l'esposizione ad inquinamento atmosferico come fattori di rischio capaci di favorire l'insorgenza di disturbi autistici: lo studio è stato condotto su 252 casi di piccoli pazienti con disturbi dello spettro autistico e 156 bambini con sviluppo tipico.
La presenza di inquinanti è stata valutata in base al luogo di residenza, secondo le informazioni trasmesse da fonti ufficiali dei territori, il genotipo MET è stato individuato con analisi diretta sui pazienti: questa ricerca, secondo gli autori ha fornito risultati significativi che confermerebbero l'ipotesi per la quale la combinazione dei due elementi corrisponderebbe effettivamente ad un maggiore rischio di insorgenza di autismo infantile.
Questo filone di ricerca sotto un certo aspetto appare promettente: se l'influenza degli inquinanti dovesse realmente risultare confermata, potremmo aggiungere questo, accanto alle componenti relazionali, tra i fattori ambientali sui quali è possibile incidere tanto sul piano preventivo che terapeutico nel trattamento del disturbo autistico.
I casi di autismo infantile sono in aumento: questo è un riscontro empirico, ma anche un dato statistico, confermato da diversi studi epidemiologici: fino agli anni '80 la diagnosi di autismo era rara, nel 1975 i casi registrati erano di 1 su 5.000 ma a questo è seguito un crescendo esponenziale, che ci ha portato in alcune statistiche addirittura ad 1 caso su 110 nel 2009.
Un dato sicuramente allarmante che merita di essere analizzato.
Che la prevalenza di questa patologia sia cresciuta, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, è un fatto facilmente apprezzabile da chiunque operi da tempo nel settore: più complesso è comprenderne i motivi.
In passato si discuteva di tendenza estensiva o riduttiva rispetto alla diagnosi di autismo infantile, a seconda che venissero inclusi o meno anche i bambini affetti da qualche forma di disturbo o ritardo di natura organica, oggi i criteri diagnostici sono codificati nel DSM e pertanto resi, relativamente, obiettivi.
Sempre più spesso inoltre si tende a diagnosticare disturbi dello spettro autistico per indicare quelle situazioni in cui sono presenti le stimmate di uno dei disturbi generalizzati di sviluppo, benché in questa categoria esistano situazioni molto diverse non solo sul piano sintomatologico, ma soprattutto sotto il profilo prognostico.
Dunque quando parliamo di disturbi dello spettro autistico ovviamente individuiamo un numero nettamente maggiore di casi, se ci riferiamo propriamente al disturbo autistico invece, indichiamo solo una parte delle persone che rientrano nella generica diagnosi di spettro autistico: ma anche tenendo conto di questo, siamo molto lontani da quei 3 o 5 casi su 10.000 che, numero più, numero meno, venivano riferiti dalle statistiche degli anni '80. Tantissime le ricerche sul versante sia genetico che ambientale: queste ultime non si sono limitate allo studio delle dinamiche di relazione familiare, ma da alcuni anni gruppi di studiosi hanno tentato di valutare l'impatto degli inquinanti sulla salute dei più piccoli cercando le eventuali correlazioni proprio con i disturbi dello spettro autistico.
Due anni fa, nel 2010, è stato pubblicato sulla rivista Epidemiology uno studio condotto da ricercatori delle università della Nord Carolina e della California mirata alla valutazione dell'effetto della esposizione ad inquinanti atmosferici in epoca neonatale in rapporto alla insorgenza non solo di disturbi dello spettro autistico, ma anche del linguaggio e più in generale della evoluzione cognitiva durante l'infanzia.
All'epoca gli stessi autori nelle loro conclusioni, riconobbero i limiti della ricerca, che di fatto non forniva evidenze attendibili di specifiche correlazioni, tuttavia venivano indicate alcune sostanze (cloruro di metilene, chinolina e stirene) potenzialmente nocive e "candidate meritevoli di ulteriori indagini per il loro possibile ruolo nella etiologia dell'autismo.".
Ora nell'ultimo numero della stessa rivista Epidemiology di Gennaio 2014 alcuni ricercatori della università della California hanno messo in correlazione la presenza di una variante genetica (METgene) combinata con l'esposizione ad inquinamento atmosferico come fattori di rischio capaci di favorire l'insorgenza di disturbi autistici: lo studio è stato condotto su 252 casi di piccoli pazienti con disturbi dello spettro autistico e 156 bambini con sviluppo tipico.
La presenza di inquinanti è stata valutata in base al luogo di residenza, secondo le informazioni trasmesse da fonti ufficiali dei territori, il genotipo MET è stato individuato con analisi diretta sui pazienti: questa ricerca, secondo gli autori ha fornito risultati significativi che confermerebbero l'ipotesi per la quale la combinazione dei due elementi corrisponderebbe effettivamente ad un maggiore rischio di insorgenza di autismo infantile.
Questo filone di ricerca sotto un certo aspetto appare promettente: se l'influenza degli inquinanti dovesse realmente risultare confermata, potremmo aggiungere questo, accanto alle componenti relazionali, tra i fattori ambientali sui quali è possibile incidere tanto sul piano preventivo che terapeutico nel trattamento del disturbo autistico.
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