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Malala Yousufzai

La ragazzina pakistana che i talebani hanno seguito e tentato di assassinare, sparandole alla testa, perché voleva andare a scuola ....

Ai tempi di mia madre, qui nel nostro profondo sud, ma forse anche altrove, alle donne veniva per lo più negata la possibilità di accedere agli studi che andassero oltre l'obbligo elementare: esisteva già infatti l'obbligo scolastico e non so se si fermasse alla 3° o piuttosto alla 5° elementare. Era il tempo in Italia delle prime campagne di alfabetizzazione di massa, ma le ragazze, quando non erano più bambine, si preferiva tenerle in casa per vari motivi. Primo la segregazione (dovevano arrivare illibate al matrimonio e, si sa, che "la paglia vicino al fuoco brucia"). Secondo erano destinate a sposarsi e la loro unica identità sociale sarebbe stata il diventare moglie di qualcuno, nel loro futuro avrebbero dovuto occuparsi dei lavori di casa e della cura dei figli, attività per le quali non si riteneva necessario un elevato livello di istruzione (e anche su questo ci sarebbe da meditare: un uomo per imparare a fare una frittata, che chiamerà omelette, ha bisogno di studiare cinque anni all'alberghiero ...). Infine per garantire la subalternità della donna nel rapporto  coniugale: la donna doveva essere più giovane del marito,  priva di esperienza sociale e più ignorante ... quale uomo sennò sarebbe riuscito ad  esserle "superiore"?


Ancora ai miei tempi e forse anche attualmente una  donna che guadagni più del marito mette in crisi l'autostima di lui e la sua "virilità". Non ne siamo proprio fuori, non ancora ... non parliamo poi di livello di istruzione (che comunque è cosa diversa dalla cultura) o di età ...

Ora il problema fu che mia madre avrebbe desiderato studiare, ma la cosa le fu impedita da mio nonno, che era una bravissima persona, ma una persona dei suoi tempi.
Com'era destino lei si sposò ed ebbe figli e figlie, ma  pretese che studiassero tutti e tutte e c'è riuscita con il sostegno di mio padre e grandissimi sacrifici di entrambi.
Mia madre era convinta che una donna non nascesse serva e che l'unico modo per affrancarsi da questo destino di schiavitù fosse la cultura e quindi l'opportunità di lavorare ed ottenere la propria indipendenza.
Lei aveva ragione, almeno in parte, dato che oggi le donne subiscono lo sfruttamento del doppio lavoro, dentro e fuori le mura domestiche, ma anche questo sarà destinato  a cambiare: il mondo gira e la vita va avanti.

Credo sia  questa la ragione per cui mi commuove la storia di Malala, perché il suo pensiero ed il suo desiderio sono identici a quelli di mia madre e credo che entrambe abbiano avuto ed abbiano ragione!
Malala è una bambina che si affacciava alla vita, ancora giocava e le piaceva giocare coi quaderni e con i libri: una ragazzina qualsiasi che ha osato rivendicare un suo diritto, sicuramente un simbolo per ogni donna che vuole uscire dalla sua gabbia di sottomissione e non subire solo violenze, prevaricazioni, svalutazioni e sfruttamento.
Il fenomeno del femminicidio è solo la punta dell'iceberg: ciò che deve cambiare è il  modo di pensare ed il costume sociale, il che  si può fare costruendo una consapevolezza,  attraverso la cultura, che include anche l'andare a scuola, come primo passo.
Malala ha capito la cosa più importante e la proposta di conferirle il premio Nobel per la pace mi sembra gentile  e sensata: i bambini, a volte riescono ad essere profondamente più saggi non solo degli adulti, ma anche dei capi di stato.

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