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La scuola pubblica


La scuola per me è rimasta qualcosa che mi ricorda gli anni dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovinezza: allora io ero dentro la scuola, dopo, pur conservando rapporti, a vario titolo con diversi operatori scolastici, insegnanti, etc. l’ho sempre vista dal di fuori e, a dire il vero, non mi sarebbe piaciuto tornarci. La verità è che ne ho avuto abbastanza. Non ero proprio un’alunna modello (studiavo solo quello che mi interessava), ma i miei si erano montati un po’ la testa perché prima le maestre, poi i professori e così via continuavano a dirgli che ero molto dotata.
Non è colpa mia, erano loro che la pensavano così e la cosa mi faceva anche arrabbiare perché pareva che si aspettassero qualcosa da me, il che è davvero imbarazzante… ho amato alcuni insegnanti: volevo bene alla maestra delle elementari, in terza liceo avevo un insegnate di filosofia, di cui ricordo ancora il nome, che ammiravo incondizionatamente per la sua capacità di avvincere e trascinare durante le sue spiegazioni dove attraverso ciascun argomento riusciva a richiamare e collegare pensieri, discipline, periodi storici, con una dialettica ricca e disinvolta, che, più che richiedere, catturava l’attenzione e la fantasia.
Altri insegnanti invece, erano per me del tutto degni di disprezzo: un paio di volte ne ho beccati di sfaticati senza voglia di fare lezione, un paio di ignoranti che si impappinavano per spiegare un argomento elementare e qualche venale che privilegiava i raccomandati. Inutile girarci attorno: c’è anche questo nella scuola pubblica. E poi quella convinzione di avere sempre ragione e, garantisco, non era vero: tutt’ora non lo è. 
Quando nasce un problema non sempre è colpa dell’alunno e/o della sua famiglia e se qualcuno non ce la fa non è solo un problema suo, ma anche di chi dovrebbe insegnargli qualcosa… e potrebbe avere merito nel riuscirci, perché l’apprendimento è molto legato all’insegnamento: imparare non può essere un sacrificio, un obiettivo da conseguire dolorosamente, ma la soddisfazione di una curiosità che naturalmente germoglia in chi è coinvolto … da un buon insegnante.
Io ricordo ancora la mia professoressa di matematica delle scuole medie: lei era un’Insegnante, apposta con la maiuscola, riusciva a spiegare la materia evidenziando già nei presupposti lo sviluppo, sicché avresti potuto continuare e concludere al suo posto, ma continuava lei e poi verificava e rispiegava ed elementarizzava ed imboccava a pezzetti finché anche il più lento nella classe avesse capito qualcosa… non ho mai più avuto un’insegnante così. Poi c’erano quelli che credevano di dimostrare il proprio valore con l’avarizia nel giudizio, insomma c’era di tutto. Nella scuola pubblica sì, c’è di tutto. C’era un professore di italiano al ginnasio che noi prendevamo in giro (fra noi) perché avevamo scoperto che si toglieva le scarpe sotto la cattedra, era destrorso (come molti altri) ed amava ripetere una frase: “bisogna pensare, ma non troppo”. Chissà, magari intendeva che il pensar troppo ammattisce la gente, infatti c’erano anche i professori francamente matti, ma proprio matti del tutto. 

Ne ho conosciuti davvero tanti di prof. e per lo più, infine, era gente che lavorava e, ciascuno con la sua cultura e la sua personalità, cercava di trasmettere qualcosa a noi giovani menti … Come tutti i ragazzi a quella età avevo i miei spunti polemici e le mie ribellioni  (mai ottenuto un voto alto in condotta) ma … a ben pensare, se questa scuola pubblica con tutte le sue contraddizioni i suoi momenti di qualità elevata, le sue cadute, la sua varietà di opinioni ed impostazioni, non fosse esistita, una persona come me non avrebbe avuto neanche la minima, dico minima, possibilità di studiare … Voglio dire che possiamo lottare al fianco di chi si sforza di migliorarla e sicuramente contro chi tenta di sopprimerla! 

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