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Clochard



L'inverno ha l'aria fredda, come un abbraccio triste.
Non togliermi la speranza, anche se piove e nulla cambia nella nuvolaglia grigia e senza luce che mi schiaccia a terra con le ginocchia indolenzite e le ossa umide.
Viene l'inverno e viene la vecchiaia: la gente parla e passa oltre ed io cerco un anfratto, un portoncino per essere invisibile anche al cielo.
Il cielo, a volte, fa delle promesse: uno strappo ed un fascio di luce a cascata, brillante dei riflessi di mille goccioline.
Mi paiono i risvolti della trapunta grigia e pare che mi dica: "Sono  splendente anch'io,  traspaio della mia la luce".
Pare che mi dica: "C'è  ancora il cielo  azzurro sopra ogni cosa ed è sereno".
Ma  poi si chiude e piange e stronca quest'incanto.
E c'è chi parla tanto, chi tace e va di fretta, chi è ubriaco di vino per uccidere il freddo e forse,  anche un dolore.

Questo dolore:  ciascuno si porta dentro il suo e lo tiene coperto. Nessuno vede mai quello di un altro e non lo riconosce, ma  se lo riconosce lo disprezza.
È  debole il dolore e ancora urla dal fondo del suo precipizio senza dignità.
E aspetto, aspetto una promessa,  un sorriso che  sia caldo d'affetto per credere che il giorno non sia trascorso invano.

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